CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 1115 depositata l’ 11 gennaio 2024
Lavoro – Superiore inquadramento – Differenze retributive – Regolamento organico del personale – CCNL settore bancario – Rigetto
Fatti di causa
La Corte d’appello di Catania, con la sentenza in atti, in parziale accoglimento dell’appello proposto da R.R. ha dichiarato il diritto dell’appellante ad essere inquadrato quale condirettore, categoria funzionari a partire dal 17 giugno 2005; condannando la (…) C. al pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito e quanto spettante, in virtù del superiore inquadramento per il periodo dal 17 giugno 2005 alla data di collocamento in pensione, oltre accessori e spese nei termini ivi liquidati in sentenza.
A fondamento della decisione la Corte ha osservato che “a differenza di quanto avvenuto in altre controversie già decise dalla stessa Corte, C. non aveva mai contestato nel presente giudizio che l’inquadramento del personale fosse disciplinato dal ROP assumendo, semmai che, proprio sulla base delle previsioni del Regolamento, il dottor R. non avrebbe diritto al superiore inquadramento rivendicato”.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la C. con due motivi di ricorso ai quali ho resistito R.
Rosario con controricorso contenente ricorso incidentale, al quale ha replicato con controricorso C..
Le parti hanno depositato memoria. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo viene dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 414 c.c. in relazione all’articolo 115 c.p.c. con riferimento all’articolo 1 del Regolamento Organico del Personale C. ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362 e seguenti c.c. in relazione all’articolo 1 e agli artt. 7 e 8 del Regolamento Organico del Personale C. ex articolo 360 n. 3 c.p.c.; violazione o falsa applicazione CCNL per il personale dipendente dell’azienda di credito del 19/12/1994 ( art VII) e dell’articolo 23 del CCNL per il personale dipendente dell’azienda di credito dell’11/7/1999, anche in relazione ai principi concernenti la contrattazione collettiva compreso quello che regola la successione di diversi discipline contrattuali a carattere generale o aziendale, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 360 n.3 c.p.c..
Secondo la ricorrente, la Corte avrebbe sbagliato ad affermare che l’inquadramento del dipendente dovesse riferirsi unicamente alle previsioni del Regolamento organico del personale e non anche a quelle del CCNL del settore bancario; era stato invece lo stesso ricorrente ad affermare il contrario nel proprio ricorso introduttivo sostenendo che il rapporto di lavoro trovava la sua regolamentazione sia nel regolamento sia nella contrattazione collettiva richiamata dal regolamento medesimo. Come peraltro affermato dalla stessa Corte d’appello di Catania in altre circostanze (sentenza numero 624 del 2016). Inoltre, il Regolamento del personale, come affermato dalla sentenza della Cassazione n. 17344 del 2004 richiamata dalla stessa Corte d’appello di Catania, andava interpretato secondo le regole di ermeneutica contrattuale essendo la C. un ente pubblico economico.
1.1.- Il motivo è infondato. La Corte d’appello quanto alla disciplina generale, sulla cui base disporre l’inquadramento del lavoratore ricorrente, ha ribaltato il giudizio di primo grado, in cui si sosteneva che il ricorrente non avesse allegato correttamente la disciplina contrattuale di riferimento e, come già rilevato nella parte in fatto, ha affermato che si applicasse invece la disciplina del Regolamento atteso che, “a differenza di quanto avvenuto in altre controversie già decise dalla stessa Corte, C. non aveva mai contestato nel presente giudizio che l’inquadramento del personale fosse disciplinato dal ROP assumendo, semmai che, proprio sulla base delle previsioni del Regolamento, il dottor R. non avrebbe diritto al superiore inquadramento rivendicato”; ed inoltre perché la teste Giardina direttrice generale C., all’epoca della sua deposizione, aveva espressamente confermato che “il trattamento normativo applicato ai dipendenti dell’ente è quello risultante dai regolamenti organici… il trattamento economico invece applicato ai dipendenti è quello del CCNL del settore bancario”.
In altri termini secondo la Corte nella presente causa non era contestato ed anzi era pacifico e comprovato che la domanda andasse decisa sulla base del Regolamento piuttosto che sulla base della disciplina del CCNL.
1.2.- A fronte di tale puntuale accertamento di merito, il motivo di ricorso si rivela invece assertivo, non autosufficiente quanto alla prevalenza della disciplina contrattuale collettiva rivendicata (n. 6769 del 01/03/2022, n. 8950 del 18/03/2022) e comunque contraddittorio laddove sostiene, da una parte, che come accertato dal tribunale il lavoratore non avesse fatto riferimento al contratto collettivo; per poi sostenere che ne avesse, invece, fatto riferimento e che quindi la C. non dovesse contestare che la regolamentazione delle qualifiche non derivasse soltanto dal Regolamento, o addirittura che la domanda fosse infondata sulla base del Regolamento.
In ogni caso non rileverebbe ai fini della decisione dell’inquadramento del lavoratore che egli abbia affermato che il rapporto di lavoro trovasse la propria regolamentazione nel detto Regolamento e nella contrattazione collettiva (richiamata dal Regolamento); posto che qui si discute specificamente di un aspetto del rapporto, quello relativo al corretto inquadramento del lavoratore, su cui nella fattispecie, secondo l’insindacabile giudizio della Corte di appello, la stessa C. aveva sostenuto che la causa andasse decisa sulla scorta delle previsioni del Regolamento.
Inoltre il rinvio del Regolamento alla contrattazione ai fini del trattamento economico, non può necessariamente significare un rinvio implicito al trattamento normativo ed in particolare alla classificazione del personale.
Il qualificato testimone, su cui pure si fonda la sentenza impugnata, ha confermato in questa causa la stessa ripartizione: “il trattamento normativo applicato ai dipendenti dell’ente è quello risultante dai regolamenti organici… il trattamento economico invece applicato ai dipendenti è quello del CCNL del settore bancario”.
In effetti il Regolamento in discorso prevede una espressa disciplina dei profili professionali, categorie e qualifiche. L’art. 1 stabilisce che il regolamento disciplini l’organizzazione, lo stato giuridico del personale, la pianta organica, gli uffici e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi, i profili professionali, categorie qualifiche, le garanzie del personale, le responsabilità dei dipendenti; mentre il trattamento economico ordinario è regolato secondo la normativa dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Non risulta in questa causa un rinvio implicito alla contrattazione per quanto riguarda la classificazione del personale; la ripartizione delle materie è pure effettuata chiaramente nel Regolamento prevedendosi che la classificazione è quella regolamentare, mentre il trattamento economico è regolato dalla contrattazione collettiva.
Neppure può rilevare l’art. 23 del CCNL del 99 il quale si riferisce alle materie regolate dallo stesso, mentre nel ricorso nulla si precisa quanto alle suddette materie. Il CCNL si sostituisce al regolamento solo per le materie regolate; ma sul punto nulla si aggiunge e si specifica nel ricorso della C..
Non risulta inoltre che siano stati violati i criteri di ermeneutica contrattuale risultando per il ricorso meramente assertivo sul punto. Sia perché il Regolamento, avendo natura di regolamentazione collettiva (Cass. nn. 1998/12656 e 302/1999), potrebbe in tesi derogare in melius e prevalere sulle previsioni del CCNL di settore. Sia perché nel caso in esame la ricorrente non censura realmente una errata applicazione dei criteri interpretativi negoziali previsti dalla legge, quanto piuttosto il risultato dell’attività ermeneutica in quanto tale, siccome non rispondente a quello da essa desiderato.
Come noto, anche l’accertamento della volontà negoziale si sostanzia in un accertamento di fatto (tra molte, Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 12360 del 2014), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito (cfr. Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006); tali valutazioni del giudice di merito soggiacciono sì, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato circa la verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, ma la denuncia della violazione delle regole che presiedono all’interpretazione dei contratti non può certo risolversi nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000).
Nella specie, al cospetto dell’approdo esegetico cui è pervenuta la Corte distrettuale, la parte ricorrente, nella sostanza, si limita a rivendicare un’alternativa interpretazione più favorevole; ma per sottrarsi al sindacato di legittimità quella data dal giudice al testo negoziale non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di un testo negoziale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. n. 10131 e 18735 del 2006).
2.- Col secondo motivo si denuncia la violazione gli articoli 115 e 116 ai sensi dell’articolo 360 n. 4 c.p.c. perché la sentenza impugnata sarebbe caduta in un’evidente errore di percezione sulla ricognizione del contenuto oggettivo delle prove raccolte sulle circostanze che hanno formato oggetto di discussione tra le parti, ciò in quanto non ha percepito la Corte che non vi era e non poteva esservi prova alcuna circa la ricorrenza degli elementi caratterizzanti l’espletamento delle mansioni riconducibili alla rivendicata qualifica superiore di funzionario siccome previste dalla contrattazione collettiva del settore.
Il motivo è inammissibile dato che al contrario di quanto ivi asserito la Corte di appello ha effettuato una congrua valutazione istruttoria non suscettibile di sindacato in quanto tale in questa sede, avendo attribuito rilevanza alle prove raccolte in funzione dei criteri di qualificazione del lavoro svolto desunti dal Regolamento che in base a quanto detto sopra sono stati ritenuti idonei parametri ai fini della decisione della domanda.
3.- Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1324 e 362 c.c., nonché dell’articolo 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per violazione dei criteri ermeneutici indicati in relazione ai documenti allegati al ricorso in primo grado e per omesso raffronto tra questi e il contenuto delle prove testimoniali assunte nell’istruttoria espletata nel corso del giudizio di primo grado.
Il motivo è inammissibile in quanto censura la valutazione sulle prove effettuata dal giudice che avrebbe travisato il contenuto di dichiarazioni rese dall’ente e di altre prove contenute a verbale che avrebbero avuto una natura ricognitiva del diritto azionato dal R.. Secondo il ricorso incidentale il risultato interpretativo della Corte confligge con il comportamento concludente della C. confermato dalle dichiarazioni dei testimoni.
Si tratta pertanto di un motivo con cui si tende a rimettere in discussione la valutazione ( “interpretazione”) del materiale probatorio in relazione alla effettiva adibizione del R. a mansioni apicali, alle effettive attività da egli svolte e ad alla loro qualità; e si mira ad un nuovo inammissibile giudizio di merito sulle mansioni, allo scopo di ottenere in questa sede non deputata allo scopo, una revisione del giudizio effettuato dalla Corte di merito, con decorrenza dal 22/04/1993.
Nulla si deduce nemmeno in merito ad una asserita omessa valutazione di un fatto decisivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. mentre si tende ad una generale rivisitazione del giudizio di merito e ad una nuova valutazione delle prove sulle mansioni, sulla loro qualità, tipologia e spessore.
4.- Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2944 in relazione all’articolo 360 n. 3 e 5 c.p.c. avendo la sentenza impugnata violato il principio della valenza interruttiva degli atti a contenuto ricognitivo provenienti dal debitore ai fini del compito del termine prescrizionale.
Anche tale motivo deve essere disatteso in quanto, da una parte, tende ad una nuova valutazione di merito circa il contenuto ricognitivo di atti e note di servizio ai fini dell’interruzione del termine di prescrizione. Mentre dall’altra viola il giudicato interno, avendo la Corte premesso (a pag. 7 e pag.11) che non fosse stata appellata dal R. la questione della decorrenza della prescrizione per come accertata in primo grado, avendo il giudice accertato come prescritta ogni differenza retributiva anteriore al 17.6.2015.
5.- In conclusione, devono essere rigettati sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale. Le spese di lite possono compensarsi in conseguenza dell’esito della lite.
6. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
Compensa le spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 novembre 2021, n. 37588 - Per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice al contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 maggio 2022, n. 16971 - In materia di interpretazione di atti negoziali l'interpretazione data dal giudice di merito, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 aprile 2022, n. 10757 - Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici non è peraltro sufficiente l'astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 aprile 2020, n. 7700 - Quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito - alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 maggio 2020, n. 9792 - Per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e…
- CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 36461 depositata il 13 dicembre 2022 - La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…
- Prescrizione quinquennale delle sanzioni ed intere
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 11113 depos…
- L’utilizzo dell’istituto della compens
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 17116 depositata il 2…
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…