Corte di Cassazione ordinanza n. 13212 depositata il 27 aprile 2022
motivazione apparente – giudicato
Rilevato che:
1.L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto di cui all’epigrafe, il cui dispositivo recita «la Commissione ritiene definito il contenzioso del sign. Donati per l’anno 2006; per il resto conferma la sentenza impugnata e condanna la parte contribuente ad euro 300,00 di spese.».
Il provvedimento impugnato è stato reso a seguito di appello principale di Riccardo Donati e della Team Immobiliare s.r.l., nonché di appello incidentale dell’Amministrazione, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Venezia, che, dopo averli riuniti, aveva parzialmente rigettato i ricorsi proposti da ciascuno di tali contribuenti contro i diversi avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio, per gli anni d’imposta 2005 e 2006, attribuì alla società di capitali, a ristretta base azionaria, l’omessa contabilizzazione di ricavi ai fini Ires, Irap ed Iva; ed al socio Donati, ai fini Irpef, il maggior reddito di partecipazione, in ragione della presunzione di distribuzione di dividendi occulti.
Si costituiscono i contribuenti, con controricorso contenente ricorso incidentale, affidato a tre motivi.
Con memoria, i contribuenti hanno dedotto che, nelle more del giudizio, la società Team Immobiliare s.r.l. è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Venezia con sentenza n. 62 del 3 maggio 2017 e la relativa procedura concorsuale è stata dichiarata chiusa, a seguito della ripartizione dell’attivo, con decreto del 22 aprile 2021 dello stesso giudice, ai sensi dell’art. 118, primo comma, n. 3, legge fall.
Considerato che:
1. Preliminarmente, deve darsi atto che gli eventi sopravvenuti all’instaurazione del giudizio di legittimità, dedotti dai controricorrenti nella memoria e relativi alla s.r.l. – ovvero l’ apertura e la chiusura, a seguito della ripartizione dell’attivo, del fallimento di quest’ultima, che non risulta tornata in bonis– non determinano l’interruzione di questo procedimento, la cui prosecuzione non è determinata dall’impulso di parte.
Infatti, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, «Il fallimento di una delle parti che si verifichi nel giudizio di Cassazione non determina l’interruzione del processo ex art. 299 e ss. c.p.c., trattandosi di procedimento dominato dall’impulso di ufficio. Ne consegue che, una volta instauratosi il giudizio di Cassazione con la notifica ed il deposito del ricorso, il curatore del fallimento non è legittimato a stare in giudizio in luogo del fallito, essendo irrilevanti i mutamenti della capacità di stare in giudizio di una delle parti e non essendo ipotizzabili, nel giudizio di cassazione, gli adempimenti di cui all’art. 302 c.p.c. (il quale prevede la costituzione in giudizio di coloro ai quali spetta di proseguirlo). » (Cass. 12/02/2021, n. 3630, ex plurimis; nello stesso senso, a proposito della cancellazione della società già parte costituita del giudizio di legittimità, cfr. Cass. 13/02/2014, n. 3323).
2. Sempre preliminarmente, è opportuno segnalare sin d’ora che il ricorso principale dell’Agenzia non attinge il capo della sentenza impugnata che «ritiene definito il contenzioso del Donati per l’anno 2006;». Infatti, a pag. 10 del ricorso principale l’Ufficio, prima ancora di esporre i motivi d’impugnazione, chiarisce che «censura la decisione della CTR di Venezia nella parte in cui, dopo aver dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione al giudizio instaurato dal sig. Donati in relazione all’avviso d’accertamento Irpef (anno d’imposta 2006), ha integralmente confermato la decisione di primo grado.». Pertanto, la statuizione della sentenza impugnata, limitatamente al contribuente Donati ed all’anno d’imposta 2006, non è oggetto del ricorso erariale. Non essendo stata impugnata in questa sede neppure dal Donati, essa è quindi ormai in giudicato.
3. Tanto premesso, con il primo motivo del ricorso principale, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ.
Secondo l’Amministrazione, la CTR ha omesso qualsiasi provvedimento sull’appello incidentale erariale, che la sentenza non menziona né nel c.d. svolgimento del processo, né nella sezione propriamente motiva.
Il motivo è fondato e va accolto.
Invero, come questa Corte ha già ritenuto in materia di interpretazione del giudicato, ma con principio che soccorre anche nel caso di specie,
«L’interpretazione della portata del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendo farsi riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all’esito dell’esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un’obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione.» (Cass. 07/08/2019, n. 21165, ex plurimis).
Nel caso di specie, la formula del dispositivo ( « per il resto conferma la sentenza impugnata») trova nella motivazione corrispondenza esclusivamente con l’appello principale dei contribuenti, unica impugnazione menzionata (non essendo sufficiente il richiamo alle “controdeduzioni”, privo di riferimento ad un loro contenuto impugnatorio e non meramente difensivo). Inoltre, nella motivazione, il rigetto dell’impugnazione è correlato alla «sostanziale veridicità dei fatti contestati alla parte appellante», formula certamente generica, ma comunque riconducibile esclusivamente ai contribuenti appellanti, ai quali soltanto vengono “contestati fatti” con gli atti impositivi controversi.
Per queste ragioni, quindi, la conferma della sentenza impugnata di cui al dispositivo non può intendersi come estesa anche all’appello incidentale erariale, neppure quale rigetto implicito di quest’ultima impugnazione, ma va ritenuta relativa esclusivamente al rigettato appello dei contribuenti.
All’accoglimento del primo motivo di ricorso principale segue pertanto la cassazione della sentenza impugnata in parte qua, con rinvio al giudice a quo.
4. Per effetto dell’accoglimento del primo motivo di ricorso erariale, restano assorbiti tutti i restanti motivi del ricorso principale, anche espressamente subordinati all’eventuale rigetto del primo.
5. Con il primo motivo di ricorso incidentale, i contribuenti censurano la sentenza impugnata per la violazione dell’ art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ.
6. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, i contribuenti censurano la sentenza impugnata per la violazione degli 112 e 132, secondo comma, n.4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 primo comma, n.4, cod. proc. civ.
6.1 I due motivi vanno trattati congiuntamente, essendo connessi, se non sovrapponibili, e sono fondati, nei termini che seguono.
Invero, proprio per le medesime ragioni per le quali è stato accolto il primo motivo del ricorso principale, deve ritenersi che nel caso di specie il dispositivo reso dalla CTR, correlato alla motivazione della sentenza impugnata, sia inequivocabilmente di rigetto dell’appello principale dei contribuenti.
Pertanto non sussiste l’omessa pronuncia denunciata.
Tuttavia sussiste la carenza della motivazione della sentenza impugnata, denunciata con entrambi i motivi di ricorso incidentale, e comunque espressamente formulata con il secondo, in subordine al rigetto della censura di omessa pronuncia.
La motivazione con cui la CTR «osserva come per tutto il [rimanente] contenzioso, durante la fase dell’appello ed in particolare nella pubblica udienza, sia emersa la totale veridicità dei fatti contestati alla parte appellante» integra una mera formula di stile, totalmente inadeguata ad illustrare quali siano le ragioni in fatto ed in diritto della decisione, avulsa dalle difese critiche delle parti e gravemente inferiore rispetto al c.d. minimo costituzionale in tema di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.
La sentenza impugnata è quindi nulla in parte qua , in ragione dell’insegnamento di questa Corte, secondo cui «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conforme, ex multis, Cass., Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017 ).
L’illegittimità della motivazione non è scongiurata dall’ulteriore passaggio motivazionale, secondo cui la sentenza appellata è stata confermata «Poiché i primi Giudici- nell’impugnata decisione- hanno analiticamente trattato le singole contestazioni con modalità eque e condivisibili».
In simile fattispecie, questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che « Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di appello abbia sostanzialmente riprodotto la decisione di primo grado, senza illustrare – neppure sinteticamente – le ragioni per cui ha inteso disattendere tutti i motivi di gravame, limitandosi a manifestare la sua condivisione della decisione di prime cure.« (Cass., Sez. 1 – , Ordinanza n. 16057 del 18/06/2018). Nello stesso questa Corte ha deciso quando l’acritica condivisione della sentenza di primo grado è stata espressa dal giudice d’appello non attraverso la sostanziale riproduzione di quest’ultima, ma richiamandola per relationem: «In tema di ricorso per cassazione, è nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 1° , n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 132, comma 2°, n. 4, c.p.c., la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame.» (Cass., Sez. L – , Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; conforme Cass., Sez. 1 – , Ordinanza n. 20883 del 05/08/2019, ex plurimis).
Nel caso di specie, difetta totalmente l’apprezzamento critico dei motivi d’appello rigettati e la condivisione delle ragioni della decisione di primo grado non solo è del tutto astratta, ma richiama pure un parametro equitativo totalmente irrilevante e fuori contesto rispetto alla materia controversa.
Anche all’accoglimento del ricorso incidentale segue pertanto la cassazione della
sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo.
P.Q.M.
Accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso principale ed il ricorso incidentale; dichiara assorbiti i restanti motivi di ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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