Corte di Cassazione ordinanza n. 13226 depositata il 27 aprile 2022
spese di pubblicità – sponsorizzazioni – associazioni sportive dilettantistiche – presunzione legale di inerenza
Rilevato che:
1. la controversia riguarda l’impugnazione, da parte della A.C. S.n.c. di B.C., svolgente attività di confezione in serie di capi di abbigliamento, e dei soci B.C. ed S.E., degli avvisi di accertamento che rettificavano il reddito della società, ai fini Irap e Iva, e quello di partecipazione dei soci, ai fini Irpef, per gli anni 2008, 2009, 2010, per effetto del disconoscimento di costi di sponsorizzazione a favore di due società sportive dilettantistiche;
2. la Commissione tributaria provinciale di Perugia accolse i ricorsi (riuniti) dei contribuenti, con sentenza (n. 578/1/14) che è stata confermata dalla Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) dell’Umbria, la quale ha respinto l’appello dell’Amministrazione finanziaria (“A.F.”) basandosi sulle seguenti considerazioni: (i) la fattispecie concreta è regolata dall’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, in tema di spese pubblicitarie e di sponsorizzazione a favore di associazioni sportive dilettantistiche, che, pur non ponendo una presunzione legale assoluta a favore della contribuente, non consente all’ufficio finanziario, che (nella vicenda in esame), in sede di conciliazione, ha riconosciuto almeno parzialmente la legittimità dei relativi costi, di rimetterli completamente in discussione, in sede contenziosa; (ii) testualmente (cfr. 5 della sentenza)
«L’appellante […] non può sindacare in assoluto le scelte imprenditoriali in una azienda negando l’inerenza ovvero [adducendo] l’anti economicità in quanto in tali ipotesi deve offrire prove contrarie inconfutabili che, nella specie non risultano essere state date cosicché
l’oggetto della vertenza non era più relativo alla documentazione dei costi ma investiva l’inerenza stessa o l’anti economicità, cosa che i primi giudici legittimamente non hanno accolto.»;
3. l’Agenzia delle entrate propone ricorso, con due motivi, per la cassazione della decisione d’appello; l’A.C. S.n.c. di B.C. ha depositato un atto, denominato “memoria di costituzione” (non qualificabile come controricorso, fuori quindi dalla previsione di cui all’art. 370, primo comma, cod. proc. civ., come affermato da Sez. U. 10/04/2019, n. 10019), rimanendo pertanto intimata, così come i sociB.C. ed S.E.; i contribuenti hanno ha depositato anche una memoria in prossimità dell’adunanza camerale;
Considerato che:
a. preliminarmente, è inammissibile la “memoria” (non notificata) depositata dai contribuenti in prossimità dell’adunanza camerale. Infatti, per consolidata giurisprudenza della Corte, nell’àmbito del procedimento camerale di cui all’art. 380-bis.1, cod. proc. civ., alla parte contro cui è diretto il ricorso, che abbia depositato un atto non qualificabile come controricorso in quanto privo dei requisiti essenziali previsti dagli artt. 370, 366, cod. proc. civ., nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per l’adunanza camerale è preclusa qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie, ai sensi degli artt. 372, 380-bis.1, cod. proc. civ. (Cass. 31/01/2022, n. 2908, che menziona Cass. 16/06/2021, n. 17030; Cass. 23/03/2021, n. 8056; Cass. 18/04/2019, n. 10813);
1. con il primo motivo di ricorso [«1. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 90, comma 8, della l. n. 289/2002, degli artt. 108 e 109 del tuir (d.P.R. 917/86), nonché dell’art. 19 del d.P.R. 633/72, e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia deduce che, nella specie, non è in contestazione che la società ha sostenuto dei costi e che detti costi siano riconducibili alle spese di “pubblicità”, di cui l’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002. Svolta questa premessa, l’ufficio finanziario censura la sentenza impugnata che non ha verificato la sussistenza delle condizioni per la deducibilità/detraibilità di tali componenti negativi, consistenti nella loro inerenza ed economicità;
2. con il secondo motivo [«2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 d.lgs. 218/97, nonché degli artt. 2 e 35 comma 3 del d.lgs. 12.1992 n. 546 e dell’art. 112, 115 e 277 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.»], si censura la sentenza impugnata che ha erroneamente affermato che nel caso in cui l’ufficio, in sede di “conciliazione” (o meglio di adesione), riconosca almeno parzialmente congrua una spesa, successivamente, in fase contenziosa, non potrebbe negare in assoluto la deducibilità del componente negativo. L’Agenzia soggiunge che l’affermazione del giudice di merito collide con il principio per il quale il processo tributario non è diretto soltanto all’eliminazione dell’atto (cd. “impugnazione-annullamento”), ma mira anche alla cognizione del rapporto tributario (cd. “impugnazione- merito”);
3. il primo motivo non è fondato;
3.1 per consolidata giurisprudenza sezionale, cui va data continuità, «Non è […] dubbio che [l’art. 90, comma 8, L. 289 del 2002] abbia sancito una presunzione legale di inerenza/deducibilità delle spese de quibus sino alla concorrenza di euro 200.000, qualora erogate a associazioni sportive dilettantistiche, «se (a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica, (b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa, (c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor, (d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale (es. apposizione del marchio sulle divise, esibizione di striscioni e/o tabelloni sul campo da gioco, etc.)» (così 5 n. 5720/2016).» (Cass. 06/04/2017, n. 8981; in senso conforme, da ultimo: Cass. 17/02/2022, 5203, che, in motivazione, menziona «Cass. n. 7202 del 2017 e nn. 1420 e 13508 del 2018»);
3.2 le spese di sponsorizzazione di associazioni sportive dilettantistiche si presumono inerenti e congrue quando ricorrano, come nel caso di specie, i requisiti di cui all’art. 90, comma 8, n. 289 del 2002. Ciò significa che, come ha riconosciuto la sentenza di appello, e al contrario di quanto prospetta l’ufficio, è superfluo ogni ulteriore accertamento circa l’inerenza ed economicità degli esborsi in esame;
4. il secondo motivo è inammissibile;
la censura non coglie la ratio decidendi della pronuncia di appello, la quale poggia sulla presunzione di inerenza ed economicità delle spese di sponsorizzazione e non sulla discrasia tra la posizione assunta dall’ufficio in sede di conciliazione e la sua linea difensiva in sede giudiziale;
5. nulla si dispone sulle spese del giudizio di legittimità, nel quale i contribuenti non sono validamente costituiti;
6. è soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, sicché non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, 1778);
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
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