CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 15570 depositata il 1° giugno 2023

Tributi – Istanza di rimborso del credito Iva – Acquisizione della soggettività passiva – Concreto svolgimento dell’attività di impresa – Acquisto di beni o servizi da parte di un soggetto passivo – Accoglimento

Rilevato che

dalla esposizione in fatto delle sentenze impugnate si evince che: la società P.C. s.r.l. aveva presentato un’istanza di rimborso del credito iva per l’anno 2011 e, a seguito del provvedimento di diniego del rimborso dell’amministrazione finanziaria, aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Asti; avverso la pronuncia del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate, in particolare ha ritenuto che non poteva essere riconosciuto il diritto al rimborso dell’iva poiché “non è la soggettività giuridica che determina l’acquisizione della soggettività passiva ma solamente lo svolgimento completo dell’attività di acquisizione di bene e servizi”, sicché solo “nel momento in cui si concretizzerà l’attività dell’oggetto sociale potrà essere riconosciuto il diritto di credito”;

avverso la suddetta pronuncia la società ha quindi proposto ricorso per la cassazione, illustrato con successiva memoria, affidato ad un unico motivo di censura, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso.

Considerato che

con l’unico motivo di ricorso la società censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione degli artt. 2135 e 2105 c.c., del d.p.r. n. 633 del 1972, artt. 1, 4, 19 e 38bis, dell’art. 9, par.1, Direttiva 2006/112/Ce, per avere ritenuto legittimo il diniego del rimborso dell’iva richiesto;

evidenzia parte ricorrente che non correttamente la pronuncia censurata ha escluso che la società svolgesse attività economica e, quindi, potesse assumere la qualifica di soggetto passivo in base alla considerazione che il riconoscimento del suddetto diritto era strettamente correlato al compimento di operazioni attive e che, quindi, solo lo svolgimento completo della suddetta attività avrebbe potuto comportare il diritto al rimborso dell’iva;

il motivo è fondato;

questa Corte ha precisato che, in tema di iva, ai fini della detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti di beni e sulle operazioni passive, occorre accertarne l’effettiva inerenza rispetto alle finalità imprenditoriali, senza che sia tuttavia richiesto il concreto svolgimento dell’attività di impresa, potendo la detrazione dell’imposta spettare anche in assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività di carattere preparatorio, purché il bene o il servizio acquisito, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario all’organizzazione dell’impresa ovvero funzionale all’iniziativa economica programmata in vista della successiva attuazione e il mancato utilizzo sia determinato da cause indipendenti dalla volontà del contribuente, sia pure assunte in un’accezione ampia (Cass. civ., 9 settembre 2022, n. 26689; Cass. civ., 17 marzo 2021, n. 7440);

il suddetto orientamento giurisprudenziale è coerente col diritto unionale, come interpretato dalla Corte di giustizia;

difatti, ha stabilito quella Corte, chi ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica e sostiene a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come soggetto passivo sicché, in tale evenienza, deve essere riconosciuto il diritto di detrarre immediatamente l’iva dovuta o pagata sulle spese d’investimento sostenute in vista delle operazioni che si intendono effettuare e che danno diritto alla detrazione, senza dover aspettare l’inizio dell’esercizio effettivo della sua impresa (Corte giust. 28 febbraio 1996, in causa C-110/94, I.; Corte giust. 15 gennaio 1998, causa C-37/95, G.C.; Corte giust. 8 giugno 2000, causa C400/98, B.B.; Corte giust., 2 giugno 2016, causa C-263/15, L.);

invero, è l’acquisto di beni o servizi da parte di un soggetto passivo che agisce come tale a determinare l’applicazione del sistema dell’iva e, quindi, della detrazione, mentre l’impiego dei beni o dei servizi, reale o anche previsto, determina soltanto l’entità della detrazione iniziale, nonché quella delle eventuali rettifiche (Corte giust. 28 febbraio 2018, causa C-672/16, I.I.I. SA), altrimenti si determinerebbe una violazione del principio di neutralità dell’imposta che comporterebbe disparità ingiustificate tra imprese con lo stesso profilo e che esercitano la medesima attività;

la pronuncia censurata, pertanto, non è in linea con i suddetti principi, avendo escluso in radice la sussistenza del diritto al rimborso dell’iva per il solo fatto che la società non aveva, poi, compiuto operazioni attive, senza tuttavia accertare in fatto la riconducibilità degli acquisti effettuati e di cui è chiesto il rimborso ai fini iva ad una attività anche meramente preparatoria e strettamente connessa con lo svolgimento dell’attività economica dell’impresa;

sotto quest’ultimo profilo, in sede di giudizio di rinvio, il giudice del gravame dovrà tenere conto che, al fine di accertare la natura preparatoria e quindi funzionale all’attività di impresa, non può essere ritenuta sufficiente un’intenzione che si articoli sul piano meramente soggettivo o dei propositi: occorre pur sempre che l’intenzione sia confermata da elementi oggettivi e non sia contrassegnata da finalità fraudolente o abusive;

ciò in conformità alla giurisprudenza unionale (ancora Corte giust. in causa C-672/16, cit.), che ha chiarito che, se è vero che sono irrilevanti i risultati dell’attività economica, di modo che sull’esistenza del diritto non è destinato a incidere il mancato utilizzo del bene, deve essere comunque accertato che il mancato utilizzo sia indipendente dalla volontà del soggetto passivo che ha acquistato il bene;

occorre, quindi, in definitiva, ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione: anzitutto, che il bene o servizio acquisito, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario all’organizzazione dell’impresa o funzionale all’iniziativa economica “programmata” in vista della successiva attuazione (in linea, Cass. 26 febbraio 2019, n. 5559 e 12 febbraio 2020, n. 3396); poi, che il mancato utilizzo del bene sia determinato da cause indipendenti dalla volontà del soggetto acquirente, sia pure assunte in un’accezione ampia (Corte giust. in causa C-110/94, cit.; Corte giust. 12 novembre 2020, causa C-734/19, Soc. ITH C.T.);

è in questo ambito che deve valutarsi l’eccezione della controricorrente di mancata prova della ricorrente circa l’inerenza degli acquisti compiuti dalla società rispetto allo svolgimento dell’attività economica che la stessa intendeva compiere: tale circostanza, invero, dovrà essere oggetto di accertamento da parte del giudice del rinvio;

in conclusione, è fondato il motivo di ricorso, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado anche ai fini della liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il motivo di ricorso, cassa la sentenza censurata e rinvia alla Corte di Giustizia di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.