Corte di Cassazione ordinanza n. 16118 depositata il 19 maggio 2022

operazioni inesistenti – deducibilità del costo

RILEVATO CHE:

1. L’Agenzia delle entrate ricorre con un unico motivo contro la curatela del fallimento B.A. s.r.l. in liquidazione, che resiste con controricorso, avverso la sentenza n.35/8/14, pronunciata il 19/4/2013, depositata in  data  13/1/2014 e non notificata, con la quale la Commissione tributaria regionale della Puglia ha accolto l’appello della società  fallita, in controversia  avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento per maggiore Irap dell’anno di imposta 2004.

2. Con la sentenza impugnata, la t.r. riteneva che fossero deducibili i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti e che nel verbale delle dogane di Bressanone, da cui era originata la verifica, non vi fosse alcun rilievo relativo all’Irap.

3. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 4 maggio 2022, ai sensi degli 375, ultimo comma, e 380 .bis 1, cod. proc. civ., il  primo  come  modificato    ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197.

CONSIDERATO CHE:

1. Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art.109 d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 (t.u.i.r.), in relazione all’ 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.

Secondo la ricorrente, in presenza di operazioni soggettivamente inesistenti, sarebbe stato onere della società contribuente dimostrare i requisiti di deducibilità dei costi, cioè la loro effettività, inerenza e competenza, con documenti diversi da quelli relativi alle operazioni soggettivamente inesistenti.

2. Il motivo è infondato ed in parte inammissibile e va rigettato.

Invero, secondo  il     consolidato  orientamento  di questa Corte < <in tema di imposte sui redditi, giusta l’art. 14, comma 4-bis, della l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 44 del 2012, l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti anche nell’ipotesi in cui sia consapevole del loro carattere fraudolento, salvi i limiti derivanti, in virtù del d.P.R. n. 917 del 1986, dai principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, mentre è esclusa la deducibilità dei costi delle operazioni oggettivamente inesistenti>> ((Cass., ord. n. 8480 del 15/3/2022; conf. Cass. n. 32587/2019; Cass. n. 25249/2016; Cass. n. 24426/2013).

La norma novellata, operando quale ius superveniens, trova applicazione  in tutti i casi in  cui il  rapporto tributario  controverso  non è ancora esaurito.

Infatti, il comma 3 dello stesso art. 8 ha stabilito che le disposizioni di cui al citato comma 1 < <si applicano, in luogo di quanto disposto dall’art. 14, comma 4 bis, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore” dello stesso comma 1, “ove più favorevoli, tenuto conto degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al citato comma 4 bis previgente non si siano resi definitivi; resta ferma l’applicabilità delle previsioni  di cui al periodo precedente  ed ai commi 1 e 2 anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive>>.

Pertanto, alla luce della nuova disciplina, ai soggetti coinvolti nella frode, che usualmente non utilizzano i beni acquistati “al fine di commettere il reato”, ma per porli in commercio e venderli, non è più contestabile, anche ai  fini dell’Irap,  la deducibilità  dei costi, salvo che si tratti di costi che, a norma del t.u.i.r., siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità (vedi Cass. n.4645/2020; Cass. n. 4164  del  2019; Cass. n. 27566 del 2018; Cass. n.24426/2013; Cass. n. 10167/2012).

Sul tema questa Corte ha già  avuto occasione  di  rilevare (vedi, in particolare, la sentenza n.10167 del 20/6/2012 citata), sulla scorta della relazione al disegno di legge di conversione del  d.l. n. 16 del 2012, che la nuova normativa comporta che, poiché nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, i beni acquistati – di regola ( e salvo il caso, ad esempio, in cui il “costo” sia consistito nel “compenso” versato all’emittente il falso documento) – non sono stati utilizzati direttamente per commettere il reato ma, nella maggior parte dei casi, per essere commercializzati, non è più sufficiente il coinvolgimento, anche consapevole, dell’acquirente in operazioni fatturate da soggetto diverso dall’effettivo venditore perché non siano deducibili, ai fini delle imposte sui redditi, i costi relativi a dette operazioni; ferma restando, tuttavia, la verifica della concreta deducibilità dei costi stessi  in relazione ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.

La citata pronuncia evidenzia che tale conclusione può evincersi dalla ricordata relazione al disegno di legge, in cui si afferma che <<Per effetto  di questa disposizione,  l’indeducibilità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fatture o altri documenti aventi analogo rilievo probatorio che riferiscono l’operazione a soggetti  diversi  da quelli effettivi, ferme restando le regole generali in  materia  di detrazione della relativa imposta sul valore aggiunto di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e in tema di deduzione previste dal testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; pertanto, ove del caso, l’indeducibilità dei costi rappresentati in documenti emessi da soggetti che in tutto o in parte non hanno effettivamente posto in essere l’operazione, sarà, comunque, rilevabile per effetto delle altre disposizioni normative  eventualmente  applicabili e connesse ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità dei componenti negativi>>. Dunque,  ove  si  constati  che  si  tratti  di  costi  effettivamente sostenuti e correttamente imputati al conto economico dell’esercizio di competenza,  ovverosia  di elementi negativi concorrenti  a determinare il reddito netto dell’impresa, i medesimi devono essere riconosciuti in deduzione, a prescindere dall’eventuale falsità ideologica delle relative fatture (cfr. Cass. sent. n. 26461 del 17/12/2014).

Nel caso di specie, il giudice di appello, con un giudizio in fatto che non risulta impugnato, né è sindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto che, sulla base dell’accertamento condotto,  risultasse l’effettività delle operazioni e la corretta indicazione dei costi in contabilità; pertanto il solo elemento evidenziato nell’atto impositivo, relativo all’inesistenza soggettiva dell’emittente delle  fatture,  non poteva ritenersi sufficiente ad escludere la deducibilità dei costi ai fini della determinazione della base imponibile Irap.

Ogni ulteriore contestazione dell’amministrazione finanziaria, in ordine alla mancata prova dell’inerenza dei costi e della loro imputazione nell’esercizio di competenza, deve ritenersi tardivamente introdotta nella comparsa di costituzione nel giudizio di  appello, secondo quanto riportato dalla stessa ricorrente a pagina  11  del ricorso.

Il ricorso, dunque, va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, come liquidate in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

la Corte rigetta il ricorso;

P.Q.M.

condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre il 15% per spese generali, euro 200,00 per esborsi, i.v.a. e c.p.a. come per legge.