Corte di Cassazione, ordinanza n. 17149 depositata il 15 giugno 2023
anomala motivazionale – motivazione apparente – è rilevabile di ufficio il giudicato -interno o esterno- anche in sede di legittimità, purché risulti dagli atti del giudizio di merito, essendo ammissibile nel giudizio di legittimità ma solo nel caso in cui si formi successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata
Rilevato che:
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Ctr della Sicilia ha confermato la decisione di primo grado di annullamento dei due avvisi di accertamento per maggiori Iva, Irap Irpef e addizionali regionali degli anni 2005 e 2006, emessi da essa ricorrente nei confronti di Nicola Cottone, esercente attività di vendita di giornali, riviste e periodici, sulla base di un processo verbale della Guardia di Finanze da cui risultavano acquisti di merci (dolciumi, giocattoli, oggetti di pelletteria, calze, altri) non fatturati o non contabilizzati. L’ufficio determinava il valore delle giacenze delle merci accertate in base ai prezzi evidenziati nelle fatture di acquisto reperite e determinava i prezzi di vendita e le percentuali di ricarico dei singoli prodotti nella misura specificata dallo stesso contribuente. La CTR ha motivato la decisione con un discorso sugli studi di settore e in particolare sul requisito della “grave incongruenza” di cui all’art. 62-sexies, comma 3, d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con mod. dalla l. 29 ottobre 1993, n.427 e con l’affermazione per cui “le divergenze, ipotizzate nel caso di specie, tra risultati contabili e risultati dello studio di settore non autorizzano l’ufficio finanziario ad accertare a carico del contribuente un imponibile pari al risultato dell’elaborazione statistica ma viceversa autorizzano l’ufficio solo ad adottare i criteri di accertamento indicati nella lettera d) dell’art. 39 comma 1, d.P.R. 600/72”;
2. il contribuente è rimasto intimato;
considerato che:
1. con il secondo motivo di ricorso -per logica da esaminarsi per primo- viene dedotta la violazione dell’art.112 cod. proc. civ. per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulla eccezione -riproposta in appello dopo che anche la CTP aveva mancato di rispondervi- della inammissibilità del ricorso originario perché privo della sottoscrizione del difensore del contribuente;
2. il motivo è infondato. La denunciata omissione non è ravvisabile. La CTR pronunciandosi sul merito della causa ha implicitamente respinto l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso;
3. con il terzo motivo viene lamentata la violazione dell’art.2909 cod. civ. Deduce la ricorrente che vi sia un giudicato esterno che avrebbe dovuto vincolare la CTR a decidere per la legittimità degli avvisi in questione, relativi agli anni 2005 e 2006, formatosi, in riferimento alla sentenza della CTR della Sicilia n. 3202 depositata il 22 ottobre 2014, sull’analogo avviso -definitivamente ritenuto legittimo con tale sentenza- relativo all’anno 2007 emesso sulla base delle risultanze dello stesso processo verbale della Guardia di Finanza sulla base delle quali erano stati emessi gli avvisi degli anni 2005 e 2006;
4. il motivo è inammissibile. Il giudicato su sentenza emessa il 22 ottobre 2014, con effetto -assumendone per ipotesi la sussistenza- sul presente giudizio, avrebbe dovuto essere fatto valere mediante tempestiva deduzione e mediante produzione della suddetta sentenza davanti alla CTR, non oltre l’udienza di trattazione del 25 gennaio 2016. È stato fatto invece valere solo davanti a questa sede e solo qui è stata prodotta la sentenza 3220/25/2014. La Corte ha affermato che (v., da ultimo, Cass. 2 settembre 2022, n. 25863) che “Nel giudizio di legittimità è opponibile il giudicato esterno riferito alla decisione divenuta definitiva dopo la scadenza del termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello che, nel rito ordinario, coincide con il termine di scadenza delle memorie di replica e, nel processo tributario, va individuato nella data dell’udienza di discussione in cui la decisione viene deliberata e non in quella successiva di pubblicazione della sentenza”. Ed in precedenza la Corte (Cass. 19 ottobre 2016, n.21170) aveva affermato lo stesso concetto (il potere di rilevazione del giudicato esterno da parte della Corte medesima presuppone che l’esistenza del giudicato esterno intervenuto nelle more del giudizio di merito, sia stata tempestiva dedotta in quel giudizio) ricordando che “Cass. S.U. n. 226 del 2001 ha affermato (in motivazione) che l’eccezione di giudicato non è soggetta a preclusioni per quanto riguarda la sua allegazione in sede di merito, mentre non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione, attesa la non deducibilità di questioni nuove in sede di giudizio di legittimità” (in senso conforme Cass. S.U. 10 gennaio 2001, 226, Cass. 4 luglio 2001, n. 9050; Cass. 27 gennaio 2004, n.1416). Principio che è stato riaffermato da Cass. S.U. 20 giugno 2006, n. 13916, che proprio in ordine alla deducibilità in sede di legittimità del giudicato esterno formatosi successivamente alla conclusione del giudizio di merito, ha osservato (v. punto 2.5 della citata sentenza) che l’affermazione fatta nella già richiamata sentenza n. 226 del 2001 delle Sezioni Unite, circa il fatto che l’eccezione di giudicato non possa essere dedotta per la prima volta in Cassazione, attesa la non deducibilità di questioni nuove in sede di giudizio di legittimità “conserva tutta la sua validità con riferimento alla fattispecie posta ad oggetto della predetta sentenza n. 226/2001 – ossia ad un giudicato esterno che si sia formato nel corso del giudizio di merito (…) in quanto è “nuova” la questione che avrebbe potuto essere sollevata nel giudizio di merito e non lo è stata>” Le Sezioni semplici “in forza dei principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata riconoscono la rilevabilità di ufficio del giudicato -interno o esterno- anche in sede di legittimità, purché però esso risulti dagli atti del giudizio di merito, essendo ammissibile nel giudizio di legittimità ma solo nel caso in cui si formi successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata (Cass. sez. trib. n. 28247 del 2013; sez. trib. n. 16675 del 2011; S.U. n. 26041 del 2010)”. La possibilità di eccepire il preteso giudicato è definitivamente preclusa;
5. con il primo motivo primo motivo di ricorso viene lamentata la violazione dell’art. 132 proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1°, n.4., cod. proc. civ. per avere la CTR motivato la decisione come se il tema del decidere involgesse l’applicazione degli studi di settore laddove invece gli avvisi impugnati non scaturivano affatto dalla applicazione di studi di settore ma da accertamenti analitico-induttivi ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. 29 settembre 1973, n.600 e 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633. Sostiene la ricorrente che la sentenza si basi su “motivazione apparente e relativa ad altro caso”;
6. il motivo è fondato.
6.1 Va ricordato che è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché́ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali e che tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. 7 aprile 2014, 8053; conforme, ex multis, Cass., 12 ottobre 2017, n. 23940).
6.2 La motivazione della sentenza impugnata (v. superiore premessa sui fatti di causa, punto 1) è sostanzialmente incomprensibile in quanto, come denunciato dalla ricorrente, è centrata su una ipotetica errata applicazione gli studi di settore a fronte di avvisi di accertamento fondati non su procedura standardizzata ma sui criteri legati alla specifica attività di impresa del contribuente ai sensi della lettera d) dell’art. 39 comma 1, d.P.R. 600/72.
6.3. Va in aggiunta precisato che l’affermazione della CTR, per cui “le divergenze, ipotizzate nel caso di specie, tra risultati contabili e risultati dello studio di settore non autorizzano l’ufficio finanziario ad accertare a carico del contribuente un imponibile pari al risultato dell’elaborazione statistica ma viceversa autorizzano l’ufficio solo ad adottare i criteri di accertamento indicati nella lettera d) dell’art. 39 comma 1, d.P.R. 600/72”, è scorretta. Questa Corte ha infatti affermato che “L’ufficio che procede ad accertamento dell’imposta sui redditi ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 600 del 1973, avvalendosi, ai sensi dell’art. 3, comma 181, della l. 28 dicembre 1995, n. 549, dei parametri per la determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d’affari previsti dal successivo comma 184, e poi specificati dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, non deve apportare alcun elemento atto a confortare il proprio diverso accertamento, perché quelli considerati nell’elaborazione dei parametri stessi e l’applicazione di questi ai dati esposti dal singolo contribuente hanno già i caratteri della presunzione legale, quali richiesti dal comma 1° dell’art. 2728 cod. civ., e sono, di per sé, idonei a fondare un corrispondente accertamento, restando comunque consentito al contribuente di provare, anche con presunzioni, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, l’inapplicabilità dei parametri alla sua posizione reddituale” (Cass. 31 ottobre 2018, n.27874; Cassazione 26 aprile 2017, n. 10242);
7. in conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto, gli altri vanno rigettati e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla corte territoriale per nuovo esame (ferma restando la già dichiarata preclusione dell’eccezione di giudicato);
8. il giudice del rinvio dovrà procedere alla liquidazione delle spese del processo.
PQM
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo e rigetta il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia per nuovo esame e per la liquidazione delle spese.
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