Corte di Cassazione, ordinanza n. 17246 depositata il 15 giugno 2023
legittimazione della parte non presente nei giudizi di merito
RILEVATO CHE:
1. con atto registrato il 24 giugno 2010 al n. 8422, Serie 1T, Produttori Sementi S.p.A. vendeva a L. S.p.A. un terreno sito nel Comune di Argelato (BO), censito al catasto come seminativo, con edificabilità limitata e vincolata alla destinazione agricola, sottoponendo l’atto al pagamento dell’IVA ed all’imposta di registro in misura fissa;
1.1 con avviso n. 1071T/008422/000/P002 l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Bologna – liquidava l’imposta di registro, catastale ed ipotecaria secondo il regime ordinario e le aliquote previste per i terreni agricoli;
2. con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna (Bologna), nel precisare che il tema decisorio era quello di stabilire se la citata cessione fosse o meno soggetta al regime previsto dall’art. 40, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (nella parte in cui dispone che «Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa») e nel richiamare i contenuti degli artt. 2, comma 3, P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, riteneva corretto l’assoggettamento del menzionato atto all’IVA e, quindi, all’imposta di registro in misura fissa, così reputando infondato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 4/15/2012 della Commissione tributaria provinciale di Bologna, assumendo che:
- non sono assoggettati all’imposta di registro in misura fissa (e nemmeno all’IVA), non solo le cessioni di terreni a destinazione agricola, ma anche quelli con potenzialità edificatorie, purchè caratterizzate dal requisito della finalizzazione alla conduzione del fondo ed all’esigenze dell’imprenditore agricolo;
- il terreno oggetto di tassazione era ricompreso, secondo gli strumenti urbanistici (R.U.E. e P.S.C.) «in ambito ad alta vocazione produttiva agricola – attività extragricole in ambito rurale», così esprimendo «una destinazione alla realizzazione di attività extragricole connesse all’agricoltura, eccedenti la definizione prevista dall’art. 9, lett. a), l. 10/1977» (v. pagina n. 3 della sentenza impugnata), concernente i terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria, come desumibile dall’indice di edificabilità (pari a 0.50 mc/mq) e dalla destinabilità del bene ad usi diversi, quali uffici, silos, magazzini, piazzale per il carico e scarico delle merci e laboratori;
- «si tratta … di attività connesse con l’agricoltura, ma non agricole o quantomeno, per ripetere il dettato normativo, non funzionali alla conduzione del fondo ed all’esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, ma di trasformazione e dunque industriali» (v. pagine nn. 3 e 4 della sentenza impugnata), come dimostrato anche dalla circostanza che nel permesso di costruire era stata prevista la liquidazione degli oneri di urbanizzazione;
- «emerge quindi sul piano documentale la destinazione non agricola del terreno, pur compreso in ambito agricolo e la conseguente correttezza dell’assoggettamento ad IVA dell’atto traslativo della proprietà immobiliare» (v. pagina n. 4 della sentenza impugnata);
3. l’Agenzia delle Entrate impugnava detta pronuncia con ricorso notificato alla società Mediocredito Italiano S.p.A. tramite posta elettronica certificata in data 18 novembre 2016, formulando due motivi di impugnazione;
4. la società Mediocredito Italiano S.p.A. è restata intimata;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo di ricorso l’istante ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli 2, commi 2 e 3, lett. c), d.P.R.26 ottobre 1972, n. 633, 36, comma 2, d.l. 4 luglio 2006, n. 223 e 40 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, sostenendo come fosse pacifico, perché riconosciuto dalla stessa contribuente, che l’area oggetto di cessione avesse destinazione agricola, ricordando sul punto che, in tema di edificabilità parziale ed accessoria, questa Corte con la pronuncia dell’11 maggio 2009 n. 10713 (e le altre ivi richiamate) aveva avuto modo di chiarire che non può considerarsi suscettiva di utilizzazione edificatoria un’area che presenta un vincolo di destinazione ed un indice minimo di fabbricabilità funzionale alla realizzazione di strutture collegate alla destinazione non edificatoria della zona;
1.1 in tale prospettiva, la difesa dello Stato ha contestato la decisione nella parte in cui ha ritenuto l’area edificabile, pur in presenza di un indice di edificabilità minimo e funzionale alla costruzione di opere strumentali alla destinazione agricola dell’area, violando tal modo le suddette norme, che fanno dipendere la vocazione edificatoria di un’area alla qualificazione datane dallo strumento urbanistico;
2. con la seconda censura la ricorrente ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2135 c.c., 9, lett. a) della legge 28 gennaio 1977, 10, 17, comma 3, lett. a), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, 1, comma 3, lett. c), d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 ed ancora degli artt. 2, commi 2 e 3, lett. c), d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, 36, comma 2, d.l. 4 luglio 2006, n. 223 e 40 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, lamentando che il Giudice regionale non avesse considerato che le attività edificatorie possono essere funzionali alle esigenze dell’imprenditore agricolo, come definito dall’art. 2135 cod. civ. e che non potesse ricevere applicazione l’art. 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, in quanto abrogato dall’art. 136, comma 2, lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, dovendo, piuttosto, verificare, per una corretta interpretazione dell’art. 2, comma 3, lett. c), d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, se fossero state provate, alla luce delle nuove disposizioni sull’imprenditore agricolo professionale, le allegazioni della società sulla non strumentalità delle attività edilizie con l’attività di impresa;
3. il ricorso va dichiarato inammissibile per la seguente ragione;
4. la sentenza impugnata è stata resa tra l’Agenzia delle Entrate e la L. S.p.A.;
5. l’Agenzia delle Entrate ha rappresentato nel ricorso che «la società L. S.p.A. è stata incorporata nella società Mediocredito Italiano S.p.A.» (v. pagina n. 4 del ricorso), facendo rinvio alle visure camerali di cui all’allegato n. 4 del ricorso (v. sempre pagina n. 4 del ricorso), le quali costituivano oggetto di una successivo deposito [v. pagina n. 10 del ricorso: «si produrranno …4 ) visure camerali società L. S.p.a. e Mediocredito Italiano S.p.a. (ai sensi dell’art. 3752 c.p.c.)»;
6. dall’esame degli atti non risulta la produzione di dette visure, per cui è restata indimostrata l’incorporazione della società L. S.p.A. in Mediocredito Italiano S.p.A.;
7. la notifica del ricorso, alla luce di quanto precede, è stata eseguita nei confronti di un soggetto che non è stato parte dei pregressi gradi giudizio e va dato, pertanto, seguito al principio, applicabile anche nella fattispecie in rassegna, secondo cui «In tema di impugnazione per cassazione, al fine dell’ammissibilità del ricorso proposto da soggetto che non è stato parte del giudizio di merito, questi deve allegare la propria “legitimatio ad causam” e fornirne la dimostrazione per essere subentrato nella medesima posizione del proprio dante Così, ove ricorrente sia una società che assuma di derivare, per fusione o trasformazione, da altra società che aveva partecipato al giudizio, questa deve dare la dimostrazione della sua derivazione dalla società preesistente” (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 1468 del 04/02/2002; id Sez. L, Sentenza n. 17681 del 14/08/2007)». (così, tra le tante, Cass. Sez. VI/III, 21 giugno 2017, n. 15414);
8. il ricorso va, per tale via, dichiarato inammissibile, con valore assorbente rispetto ad ogni questione circa l’effetto estensivo dell’intervenuta estinzione del giudizio, a mente dell’art. 6 l. 23 ottobre 2018, n. 119, giusta decreto di questa Corte n. 7903/2022, del giudizio n. 1008/2016 di ruolo generale proposto contro la (cedente) coobbligata Produttori Sementi S.p.A., che l’Agenzia ha indicato nel proprio ricorso (v. pagina n. 1) essere connesso a quello in oggetto;
9. la mancata costituzione di Mediocredito Italiano S.p.A. esime del regolare le spese di giudizio;
P.Q.M.
la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.
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