CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 18145 depositata il 26 giugno 2023

Tributi – Cartelle di pagamento – Notifica – Prova della regolarità della notifica – Esibizione della copia integrale delle cartelle e delle relate di notifica in originale – Legittimazione “ad causam” e “ad processum” nel contenzioso tributario – Revocazione delle pronunce di cassazione con rinvio – Errore di fatto – Inammissibilità del ricorso

Rilevato che

1. L’ordinanza resa dalla Sez. 6-5 della Corte di cassazione ad esito dell’udienza del 15 gennaio 2020, in accoglimento del ricorso proposto da Agenzia delle entrate-Riscossione (in breve, ADER) nei confronti di B.F., annullava con rinvio la sentenza, favorevole a quest’ultimo, n. 1594/24/2018 della CTR della Puglia-Sezione Distaccata di Bari depositata il 15 giugno 2018, nella quale leggevasi:

Alla pubblica udienza del 5 ottobre 2016, il Collegio (..) ordinava l’esibizione, a cura di Equitalia, delle cartelle di pagamento (..).

All’odierna udienza le parti interessate non ottemperavano a quanto disposto nella ordinanza collegiale (.. e) la Commissione si riservava la decisione.

Esaminati gli atti (di) causa la Commissione ritiene fondati i motivi d’appello.

Per dimostrare la regolare notifica, è onere di Equitalia produrre in giudizio sia gli avvisi di ricevimento sia le copie delle cartelle esattoriali cui fanno riferimento.

Se il contribuente (..) agisce in giudizio contro Equitalia, spetta a quest’ultima fornire prova di regolare notifica (..).

L’allegazione degli estratti di ruolo e delle relate di notifica non è sufficiente a tal fine (..), atteso che è necessario esibire la copia integrale della cartella che si assume essere stata notificata (..).

Nel caso in cui il contribuente impugna la cartella per vizio di notifica, Equitalia deve esibire le cartelle e le relative relate o avvisi di ricevimento. Tale documentazione deve però essere in originale in quanto le semplici fotocopie prive dell’attestazione di autenticità non garantiscono la corrispondenza agli originali e dunque non provano la notifica.

Non basterebbe neppure, ai fini probatori, l’estratto di ruolo informale in quanto si tratta di atto di parte non idoneo a dimostrare la veridicità delle informazioni in esso contenute.

In mancanza di valida prova della notifica, il giudice, non potendo accertare l’effettiva comunicazione della cartella al destinatario o comunque la sua conformità alle norme di legge, non può neppure accertare la legittimità degli importi richiesti al contribuente.

Di conseguenza, egli può annullare le cartelle stesse, condannando Equitalia alle spese di lite.

1.3. La S.C., con l’ordinanza impugnata, in punto di fatto, rilevava:

(L)a parte contribuente proponeva ricorso avverso due intimazioni di pagamento deducendo il vizio di notifica delle intimazioni stesse e delle prodromiche cartelle;

la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente;

la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello della parte contribuente ritenendo che se il contribuente agisce in giudizio spetta all’Ufficio esibire la copia integrale della cartella e fornire la prova della regolare notifica tramite produzione delle cartelle e delle relative relate o avvisi di ricevimento in originale e non in fotocopia;

l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre la parte contribuente non si costituiva.

1.2. In punto di diritto, osservava:

(…) (C)on il motivo d’impugnazione, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 602 del 1973, art. 26 nonché dell’art. 2719 c.c. e art. 215 c.p.c. in quanto erano stati tempestivamente prodotti in giudizio i documenti comprovanti la regolare notifica delle cartelle di pagamento e inoltre non sarebbe necessario esibire la copia integrale della cartella e fornire la prova della regolare notifica tramite produzione delle cartelle e delle relative relate o avvisi di ricevimento in originale e non in fotocopia.

(…) (S)econdo questa Corte:

– qualora la parte destinataria di una cartella di pagamento contesti di averne ricevuto la notificazione e l’agente per la riscossione dia prova della regolare esecuzione della stessa (secondo le forme ordinarie o con messo notificatore, ovvero mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento), resta preclusa la deduzione di vizi concernenti la cartella non tempestivamente opposti, né sussiste un onere, in capo all’agente, di produrre in giudizio la copia integrale della cartella stessa (Cass. n. 21533 del 2017);

– la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell’atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., richiesta dalla legge in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, può avvenire anche mediante l’allegazione di fotocopie non autenticate poiché la regola posta dall’art. 2719 c.c. – per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, non solo se la loro conformità all’originale è attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell’attività di disconoscimento alla parte interessata, pure se contumace – trova applicazione generalizzata per tutti i documenti (Cass. n. 21003 del 2017) (…)

(…) (L)a CTR non si è attenuta ai suddetti principi laddove ha preteso, per il raggiungimento della prova dell’avvenuta notificazione delle cartelle da parte dell’Agenzia delle entrate, l’esibizione della copia integrale delle cartelle e delle relate di notifica in originale.

2. Avverso detta ordinanza propone ricorso per revocazione il contribuente per non essersi la Sez. 6-5 avveduta della sua costituzione a mezzo di controricorso.

ADER e Ministero delle Finanze restano intimati.

Considerato che

1. Le ragioni di critica all’ordinanza impugnata rassegnate nel ricorso per revocazione sono affidate a due paragrafi, da aversi come motivi.

1.2. Il primo paragrafo è intitolato: “Della revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4)”.

1.2.1. Espone il contribuente che a p. 2 dell’ordinanza impugnata si legge: “mentre la parte contribuente… non si costituiva”. Il contribuente prosegue: “Ad avviso di chi scrive la circostanza che nella intitolazione del provvedimento si legga, di contro, che B. è costituito a ministero del deducente difensore non è bastevole ad impedire di revocare in dubbio che il Collegio, per mero errore di percezione, abbia ritenuto B. non costituito; invero può essere accaduto che la stesura di quella parte atecnica e non giuridica dell’ordinanza (la intitolazione) (…) sia stata redatta dalla Cancelleria e tanto spiegherebbe la discrasia”; “l’intera espressione “mentre la parte contribuente… non si costituiva” non consente di ritenere che si sia trattato di un mero “lapsus calami”; “l’esegesi è confortata dal fatto che non si faccia alcun cenno, sia pure per dichiararne l’inutilità ed inappropriatezza, al diffuso argomentare del controricorrente, secondo il quale dagli scritti di causa emergeva inconfutabilmente che egli, nei due gradi di merito, aveva disconosciuto la conformità dei documenti esibiti in copia agli originali e che, conseguentemente, l’ordine della CTR di esibire gli originali non era figlio del potere officioso del giudice, ma della eccezione della parte”. Aggiunge ancora il contribuente: “Comunque (…) il giudice (e’) incorso nell’errore di percezione, consistito nell’aver supposto l’insussistenza di un fatto (il disconoscimento dei documenti in copia) la cui verità è positivamente stabilita, tanto che la CTR ordinava, rimettendo in rilettura la causa, l’esibizione dei documenti in originale”.

1.3. Il secondo paragrafo è intitolato: “Della violazione dell’art. 372 c.p.c. nel giudizio presupposto n. 36852/2018”.

1.3.1. Afferma il contribuente: “La censura viene dedotta in quanto si reputa che la “mancata costituzione di B.” abbia determinato l’ulteriore vizio di percezione di altro profilo patologico dal controricorrente denunziato. ADER con il suo ricorso del 2018 comunicava la produzione nel giudizio (…) di “ricevute di ritorno della notificazione delle cartelle esattoriali” (…;) detta produzione è vietata, a mente della norma in epigrafe, non essendo detti i documenti inerenti alla nullità della sentenza ovvero alla ammissibilità del ricorso. Ne’ si reputa che sia consentito supplire al divieto di deposito ex art. 372 c.p.c. con il riportare nel corpo della narrativa del ricorso le copie fotostatiche delle cartoline di ritorno delle asserite notificazioni del titolo (…)”.

2. Preliminarmente deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero delle Finanze.

Non emerge, infatti, che questo sia stato parte nel giudizio “a quo”.

Inoltre, trova applicazione il principio (espresso “ex multis” da Cass. n. 29183 del 2017) secondo cui, “in tema di contenzioso tributario, la legittimazione “ad causam” e “ad processum” spetta esclusivamente all’Agenzia delle entrate con riferimento ai procedimenti introdotti successivamente al 1 gennaio 2001, data in cui è divenuta operativa la sua istituzione, dovendosi invece considerare inammissibile la domanda azionata nei confronti del Ministero“.

3. Quanto al ricorso proposto nei confronti di ADER, esso pure è nel complesso inammissibile, per le ragioni che si procede ad illustrare.

4. Deve premettersi che non osta all’ammissibilità della revocazione la circostanza che l’ordinanza impugnata abbia cassato la sentenza della CTR con rinvio.

4.1. Come in ultimo ribadito da Cass. n. 7758 del 2023, “il ricorso per revocazione delle pronunce di cassazione con rinvio deve ritenersi inammissibile soltanto se l’errore revocatorio enunciato abbia portato all’omesso esame di eccezioni, questioni o tesi difensive che possano costituire oggetto di una nuova, libera ed autonoma valutazione da parte del giudice del rinvio ma non anche se la pronuncia di accoglimento sia fondata su di un vizio processuale dovuto ad un errore di fatto o se il fatto di cui si denuncia l’errore percettivo sia assunto come decisivo nell’enunciazione del principio di diritto, o, nell’economia della sentenza, sia stato determinante per condurre all’annullamento per vizio di motivazione” (conf. Cass. n. 8259 del 2019; Cass. n. 12046 del 2018).

4.2. Nel caso di specie, il contribuente assume, con la propria impugnazione, che l’ordinanza impugnata sia fondata su un vizio processuale dovuto ad un errore di fatto.

5. Ciò premesso, coglie nel senso la censura secondo cui, nel giudizio di legittimità conclusosi con l’ordinanza impugnata, la Sez. 6-5 non ha preso in considerazione il controricorso del contribuente finalizzato a resistere al ricorso spiegato da ADER e quindi le questioni in esso agitate, segnatamente con riguardo al rilievo – unico cui fa riferimento al ricorso per revocazione – circa l’avere il contribuente eccepito, sin con la memoria autorizzata innanzi alla CTP – primo atto utile dopo la costituzione di ADER – il disconoscimento della copia dei documenti da questa prodotti, ragion per cui, come argomentato in controricorso, la questione controversa si identificava in definitiva nel mancato adempimento, da parte di ADER, all’obbligo di deposito della completa documentazione, quanto cioè sia a cartelle che a notifiche, in originale, secondo quanto prescritto dalla CTR con pregressa ordinanza di rimessione in istruttoria, rimasta inottemperata.

5.1. Invero, insegna la costante giurisprudenza di legittimità che “l’affermazione contenuta nella sentenza circa l’inesistenza, nei fascicoli processuali (d’ufficio o di parte), di documenti che, invece, risultino esservi incontestabilmente inseriti (nella specie fatture per costi ritenuti indeducibili per difetto di inerenza, non prodotti in giudizio secondo la C.T.R.), non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e non di ricorso per cassazione” (così, da ult.,Cass. n. 1562 del 2021; in tempi non più recenti cfr. ad. es. Cass. n. 9628 del 1994; cfr. anche Cass. n. 28143 del 2018, secondo cui costituisce errore revocatorio l’avere la S.C., sull’erroneo presupposto dell’avvenuta costituzione della parte intimata, smentita con evidenza dagli atti, accolto il ricorso, senza compiere valutazioni sulla regolarità del procedimento notificatorio, invece da escludersi per difetto di prova dell’avvenuta consegna del piego raccomandato al destinatario indicato nell’atto“).

5.2. Nella specie, nonostante che nel frontespizio dell’ordinanza impugnata il B. sia indicato come “resistente”, depone per la mancata percezione della sua costituzione il fatto che, in motivazione, il Collegio, da un lato, ha dato atto del contrario (affermando nei “fatti di causa” che “la parte contribuente non si costituiva”), dall’altro, non ha neppure menzionato (nelle “ragioni della decisioni”) le questioni agitate in controricorso.

6. Ciò nondimeno, il prospettato errore di fatto, pur sussistente, non si palesa decisivo e ciò assume valenza dirimente nel senso di votare il ricorso per revocazione, che ne occupa, all’inammissibilità.

7. Rileva l’insegnamento – enunciato, ad esempio, da Cass. n. 11061 del 2000 in un caso affine a quello per cui si procede (avendo anche in allora la S.C. dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione per omesso esame del controricorso erroneamente ritenuto tardivo, in ragione della ritenuta non decisività dell’errore di percezione nel controllo degli atti processuali) – a termini del quale è esclusa la revocabilità delle pronunce della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, laddove l’errore dedotto riguardi un atto difensivo della parte inidoneo ad incidere sui poteri cognitori e decisori della Corte stessa.

In motivazione, la S.C. osserva:

(L)’art. 395 c.p.c. segna i confini dell’errore di fatto influente ai fini in esame: esso è presente quando la decisione sia fondata sulla supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità le risultanze della causa, rispettivamente, escludano ovvero evidenzino in modo inequivoco.

L’errore, quindi, deve essere determinante sul “decisum”, e, inoltre deve inerire al verificarsi o meno di un accadimento nell’obiettiva realtà fenomenica, non ad apprezzamenti relativi alla consistenza od agli effetti giuridici del medesimo (Cass. n. 7147 e n. 8528 del 1993; n. 3177/94). Ove l’atto, od anche l’intero sistema difensivo della parte, nei cui confronti si sia regolarmente instaurato il contraddittorio (come pacificamente nel caso in discussione), non vengano esaminati, le delineate connotazioni dell’errore revocatorio sono identificabili quando l’uno o l’altro, per la loro stessa esistenza, comportano posizioni soggettive sulle quali il giudice deve statuire. In queste evenienze, la svista percettiva è di natura fattuale, in quanto riguarda il verificarsi nella realtà di un accadimento, sia pure di carattere processuale, ed altresì è munita di potenziale attitudine ad influenzare la decisione, traducendosi in omissione di pronuncia (Cass. n. 6876 del 1992; n. 8528/93). All’infuori dei casi indicati, il suddetto esame può integrare l’errore revocatorio solo indirettamente, nel senso che può essere la causa o concausa dell’equivoco sull’esistenza od inesistenza di un certo fatto, evitabile, in tesi, mediante la lettura dell’atto difensivo, con le argomentazioni ed i riferimenti alle risultanze processuali in esso inseriti. Il carattere mediato di tale errore esige, per la sua denuncia, la specificazione degli elementi fattuali, di tipo decisivo, che il giudice avrebbe potuto conoscere, non trascurando le difese della parte (così: Cass. n. 3137/94 cit.).

La concreta vicenda – come rilevato astrattamente riconducibile solo all’ultima delle elencate ipotesi – riguarda un atto difensivo radicalmente inidoneo ad incidere direttamente sui poteri cognitori e decisori della Corte di cassazione.

L’omesso esame del controricorso potrebbe profilare il motivo di revocazione, di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, solo se si assumesse l’erroneità di quelle premesse e la percettibilità di fatti diversi attraverso la lettura di detto controricorso. Così non è in concreto.

Infatti, se è vero che vi sono stati errore materiale e mera svista nel ritenere tardivo il controricorso, sarebbe stato necessario allegare e provare che detto errore materiale era stato causa di una svista percettiva, a sua volta, cioè, di una mera svista materiale e di un errore di percezione, evitabili con il riconoscimento della tempestività e, pertanto, della lettura del controricorso.

(…).

L’errore dedotto, però, non fu un errore di fatto, senza il quale la sentenza sarebbe stata diversa, ma un errore di giudizio e valutazione determinato, indirettamente, dall’errore di fatto costituito dallo “sbaglio” sulla tempestività del controricorso. Per tale rilievo, che ha carattere assorbente, è da escludere la sussistenza di quel rapporto di stretta dipendenza causale fra l’errore accertato e il contenuto della sentenza impugnata, che non avrebbe potuto essere diverso anche se il controricorso non fosse stato dichiarato inammissibile.

7.1. Alla stregua di tali condivisibili argomentazioni, che il Collegio fa proprie, deve enunciarsi il seguente principio di diritto:

In tema di giudizio di legittimità, la pretermissione, da parte del collegio giudicante, del controricorso per aver erroneamente ritenuto la mancata costituzione di parte intimata, invece ritualmente costituitasi, può determinare la revocabilità della pronuncia resa, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, solo qualora – tenuto conto che il controricorso, a differenza del ricorso, è atto difensivo di per sé inidoneo ad incidere “direttamente” sui poteri cognitori e decisori della Corte – comporti, ancorché “indirettamente”, l’omesso esame, a sua volta, di un fatto, ossia di un accadimento verificatosi nell’obiettiva realtà fenomenica, che avrebbe potuto essere evitato ove il controricorso fosse stato preso in considerazione, e non anche l’omessa disamina di mere argomentazioni giuridiche, determinando quest’ultima, “in limine”, un errore soltanto valutativo e quindi inidoneo ad assurgere ad errore revocatorio.

8. Nel caso di specie, la pretermissione del controricorso si è prodotta in omesso esame, non già di un fatto, neppure allegato nel ricorso per revocazione, ma soltanto di deduzioni in diritto, le uniche ad essere state avanzate nel controricorso e ad essere riproposte nel ricorso per revocazione, con riferimento a questioni, siccome introdotte “funditus” dal ricorso, valutate e decise, giusta puntuali richiami giurisprudenziali, in senso sfavorevole al contribuente. Talché, in definitiva, quest’ultimo, attraverso il ricorso per revocazione, anela in realtà ad una rivisitazione del giudizio in diritto espresso dalla Sez. 6-5, in difformità dai canoni di allegazione di un errore revocatorio (Sez. U, n. 8984 del 2018; Sez. U, n. 23306 del 2016).

8.1. Più particolarmente, nel controricorso, il contribuente aveva eccepito (alla stregua di quanto ripreso e riproposto nel ricorso per revocazione):

– l’infondatezza del motivo di ricorso di ADER volto a denunciare la violazione e falsa applicazione delle norme in tema di notificazione e di oneri probatori, dal momento che, già con tempestiva memoria in primo grado, il medesimo aveva disconosciuto le produzioni documentali effettuate in copia da ADER;

– l’inammissibilità dei documenti allegati da ADER al ricorso per cassazione e di quest’ultimo nella parte in cui riproduceva le relate di notifica.

Tali questioni assumono un rilievo esclusivamente giuridico, implicitamente non condiviso dalla S.C. allorquando ha accolto il ricorso.

Tanto è a dirsi “ex se” in relazione alla prima, ma vale anche in relazione alla seconda, che, riproposta tal quale “sub specie” di errore fondante la revocazione, in realtà, su un piano logico-giuridico, recede al cospetto dell’adesione dell’ordinanza impugnata all’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’agente della riscossione può dimostrare l’avvenuta notifica “anche mediante l’allegazione di fotocopie non autenticate”: invero, a venire in rilievo, è “a monte” la documentazione versata in copia da ADER agli atti dei gradi di merito.

9. In definitiva, l’errore dedotto non è errore di fatto, ma errore di giudizio, determinato, indirettamente, dall’errore di fatto costituito dallo “sbaglio” della Sez. 6-5 sull’assenza di costituzione del contribuente.

Per l’effetto, deve escludersi che sussista alcuna dipendenza causale fra mancata considerazione del controricorso e contenuto dell’ordinanza impugnata, che non avrebbe potuto essere diverso, anche se il controricorso fosse stato preso in considerazione.

10. Nulla è a statuirsi sulle spese, stante la mancanza di attività processuale dell’intimata.

Nondimeno, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di B.F., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.