Corte di Cassazione ordinanza n. 18432 depositata l’ 8 giugno 2022

notifica

RILEVATO CHE

– La S.G. s.r.l. proponeva tre distinti ricorsi avverso altrettanti avvisi di accertamento, con i quali erano state accertate maggiori imposte IRPEG (poi IRES), IRAP e IVA, rispettivamente, per gli anni 2003, 2004 e 2005, oltre sanzioni e interessi, a seguito del recupero a tassazione di costi ritenuti non deducibili e dell’IVA indebitamente detratta;

– l’accertamento era scaturito da una articolata indagine svolta in sede penale su un meccanismo di frode fiscale, con il sistema delle “truffe carosello” in materia di IVA, nel settore del commercio all’ingrosso di pneumatici, in cui sarebbero stati coinvolti anche la S.G. s.r.l. e la A.P. s.r.l., entrambe amministrate da Parasole Alessandro;

– la CTP di Torino accoglieva parzialmente i tre ricorsi riuniti, annullando le riprese relative alle fatture ritenute oggettivamente inesistenti e confermando gli avvisi impugnati per il resto;

– la Subalpina Gomme in liquidazione proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, limitatamente alle operazioni ritenute soggettivamente inesistenti e alle spese ritenute non inerenti, insistendo nell’annullamento totale degli avvisi di accertamento;

– anche l’Agenzia delle Entrate proponeva appello incidentale;

– la CTR del Piemonte accoglieva l’appello proposto dalla Subalpina gomme s.r.l. in liquidazione, osservando, in sintesi, che sulla base di non univoci elementi presuntivi, acquisiti dall’Ufficio (fra cui le dichiarazioni di tale Villaschi Giuliano, raccolte dalla Polizia Tributaria senza alcun contraddittorio, la consistenza aziendale delle società “interposte”, il successivo fallimento di una ditta venditrice) non si poteva dimostrare né la sussistenza di operazioni oggettivamente inesistenti nei rapporti con la Subalpina né l’interposizione fittizia di quest’ultima e, quindi, l’inesistenza soggettiva delle operazioni contestate;

– in particolare, dalle allegazioni e dalla documentazione prodotta dalla contribuente si evinceva, secondo il giudice di appello, che: la interposta DP s.r.l. era una società operativa che aveva depositato i bilanci 2002, 2003 e 2004; il fatturato della DP verso Subalpina era solo una parte del fatturato complessivo della prima; i prospetti prodotti dalla contribuente e non contestati dall’Ufficio provavano che la DP aveva una sua struttura e un’autonomia gestionale e patrimoniale, che non vi era alcuna prova che fosse un soggetto interposto di Subalpina; il fatturato della DP era sensibilmente superiore a quello della Subalpina e della Pneus; nella prassi avviene spesso che il venditore paga il fornitore dopo avere incassato il prezzo della merce venduta; poiché le fatture emesse dalla Subalpina e da altre società piemontesi, asseritamente coinvolte nella frode, erano di importi superiori a quelli desumibili dalle fatture emesse dalla DP, non poteva affermarsi che le fatture oggettivamente inesistenti emesse dalla DP servivano per fornire a quest’ultima la liquidità per pagare le società estere; non sussistevano elementi idonei per affermare che i prezzi pagati dalla Subalpina fossero inferiori a quelli di mercato;

– L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, avverso la sentenza indicata in epigrafe;

– la parte intimata non si è costituita;

CONSIDERATO CHE

– Va preliminarmente verificata l’ammissibilità del ricorso, ovvero se lo stesso sia stato notificato entro il termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ.;

– il ricorso è stato spedito una prima volta per la notificazione a mezzo posta in data 9.07.2014 al domicilio eletto presso il procuratore costituito, in Torino via Bagetti 11, ed è stato restituito dall’agente postale all’Avvocatura Generale dello Stato con distinte del 08.2014, con apposta l’annotazione che il destinatario risultava “trasferito”, recante la data 11.07.2014;

– dopo questo tentativo, il ricorso è stato consegnato per la rinnovazione della notificazione, a mezzo posta, in data 25.08.2014, al nuovo indirizzo dello studio del predetto procuratore – sito in Torino, Corso Trapani n. 98 – che veniva indicato dalla Direzione Regionale del Piemonte dell’Agenzia delle Entrate, a seguito di richiesta in tal senso avanzata dall’Avvocatura Generale dello Stato il 20.08.2014, e consegnato al destinatario in data 28.08.2014;

– la rinnovazione della notificazione del ricorso risulta essere stata effettata oltre il termine di un anno ex art. 327 cod. proc. civ., decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza impugnata (14.06.2013) e ratione temporis applicabile, in quanto il ricorso era stato presentato alla Commissione tributaria provinciale di Torino prima del 4.07.2009;

– sul punto occorre ribadire che l’art. 327 cod. proc. civ., come novellato dall’art. 46 della legge n. 69 del 2009 (che ha ridotto il termine di impugnazione c.d. lungo da un anno a sei mesi), si applica, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della medesima legge, ai giudizi instaurati (e non alle impugnazioni proposte) a decorrere dal 4.07.2009, essendo irrilevante, quindi, il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cass. n. 6784 del 2012 e n. 14267 del 2015);

– nella specie, tuttavia, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso è impedita dal primo tentativo di notificazione, effettuato, entro il termine di un anno (considerata la sospensione dei termini nel periodo feriale), mediante spedizione del ricorso a mezzo posta in data 9.07.2014, in quanto la mancata notificazione non è imputabile alla ricorrente (che aveva indicato lo stesso indirizzo presso il quale la contribuente aveva eletto il domicilio nei precedenti gradi di giudizio) e la ripresa del procedimento notificatorio è stata tempestiva, alla luce del principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 14594 del 2016, secondo il quale In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa”;

– ed invero, dopo la restituzione dei plichi, avvenuta in data 12.08.2014, l’Avvocatura generale dello Stato ha immediatamente riattivato il procedimento notificatorio, richiedendo informazioni sul nuovo indirizzo dello studio del procuratore costituito e consegnando l’atto per la rinnovazione della notifica in data 25.08.2014;

– Ciò premesso, con il primo motivo del ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli 100 cod. proc. civ., 10 e 52 e ss. del d.lgs. n. 546 del 1992, non avendo la CTR considerato che l’appello, datato 26.10.2011 e pervenuto all’Ufficio in pari data, era stato proposto da un soggetto estinto, posto che la Subalpina Gomme s.r.l. era stata cancellata dal registro delle imprese in data 1.06.2011, come risulta dalla visura camerale allegata al ricorso;

– il motivo è infondato;

– costituisce orientamento ormai consolidato di questa Corte, quello che, pur considerando la cancellazione della società dal registro delle imprese un fenomeno estintivo che priva la stessa della capacità di stare in giudizio, ritiene che detta cancellazione dia luogo ad un evento interruttivo la cui rilevanza processuale è subordinata, ove la parte sia costituita a mezzo di procuratore, stante la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, alla dichiarazione in udienza ovvero dalla notificazione dell’evento alle altre parti;

– a tale principio consegue che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della società cancellata; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della società; c) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso detto procuratore, ai sensi dell’art. 330, comma 1, c.p.c., senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. da parte del notificante (Cass. Sez. U. 4.07.2014, n. 15295 e Cass. 23.11.2018, n. 30341);

– pertanto, non avendo il procuratore della Subalpina Gomme, costituito in primo grado, mai dichiarato l’avvenuta cancellazione della società rappresentata, l’appello risulta dallo stesso validamente proposto, così come risulta ammissibile la notificazione del presente ricorso, da parte dell’Agenzia delle Entrate, al predetto procuratore;

– con il secondo e il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 108, 109 TUIR, 19 P.R. n. 633 del 1971, 2697, 2727 e 2729 cod. civ., per avere la CTR disatteso le riprese a tassazione, in ordine alle fatture ritenute emesse per operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, ritenendo che l’onere di provare la partecipazione della Subalpina Gomme alla frode commessa dalle apparenti fornitrici gravasse sull’Ufficio, laddove, avendo quest’ultimo provato la sussistenza di seri indizi dell’inesistenza oggettiva o soggettiva delle operazioni, sarebbe stato onere della contribuente dimostrare l’esistenza dell’operazione o la sua mancata consapevolezza;

– con il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e  2729    civ.,  per  avere  la  CTR  erroneamente  fatto discendere dal fatto che una società svolgesse effettivamente un’attività commerciale la prova che la stessa non potesse emettere fatture per operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti;

– i suindicati motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili e comunque infondati;

– sebbene la parte ricorrente lamenti la non corretta sussunzione della fattispecie nell’ambito del paradigma astratto delle previsioni normative citate, le censure formulate sono sostanzialmente volte a sindacare l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, svolto dal giudice di merito;

– nella specie, non è stato violato il principio del riparto dell’onere della prova nel caso di operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, avendo la CTR affermato che gli elementi presuntivi forniti dall’Ufficio – elencati nella motivazione – costituivano “presunzioni non univoche, non documentalmente provate” o si erano rivelati “inconsistenti” e non reggevano “ad un confronto analitico con gli elementi documentali prodotti dal contribuente” (p. 8 della sentenza), ritenendo, pertanto, che l’Amministrazione finanziaria non avesse assolto al proprio onere di prova;

– i suindicati motivi sono, peraltro, formulati in modo generico e, pertanto, inammissibili per difetto di specificità, posto che rinviano, per il loro approfondimento, alla parte comune della motivazione degli avvisi di accertamento (trascritta in calce al ricorso), demandando così a questa Corte di ricercare all’interno di tale trascrizione l’esatto contenuto delle doglianze;

– con il quinto motivo, denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 4, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, sostenendo che la sentenza impugnata, “laddove rigetta l’appello in punto di fattura per operazioni oggettivamente inesistenti”,  è  nulla  perché  dotata  di  motivazione  meramente “parvente”, sottacendo del tutto “le ragioni e i dati di fatto che la inducono a ritenere che la merce così asseritamente acquistata” (da parte di DP da altri fornitori, diversi da quelli per i quali era stata contestata la interposizione fittizia) “sia stata effettivamente venduta a Subalpina”;

– con il sesto motivo, denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, sostenendo che la sentenza impugnata è nulla perché contiene una motivazione “meramente parvente”, non indicando “con un minimo di concretezza le ragioni e gli elementi di fatto del suo decisum (non dice cosa in concreto e come la contribuente abbia dimostrato, non dimostra l’asserita coerenza con fatturazione di altre imprese non indicate e non spiega perché queste siano da ritenere estranee alle vicende su cui poggiavano gli accertamenti) sottacendo così anche le stregue giuridiche in base alle quali sarebbero stati valutati”;

– anche i predetti motivi sono connessi e, trattati congiuntamente, risultano entrambi infondati;

– è stato più volte affermato che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., Sez. U. 3.11.2016, n. 22232);

– la motivazione della sentenza impugnata, ad eccezione della parte che riguarda il settimo motivo di ricorso, non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto esprime un nucleo di “valutazione autonoma”, con particolare riguardo alla critica della sentenza appellata e degli elementi indiziari forniti dall’Amministrazione finanziaria per supportare la asserita inesistenza, oggettiva e/o soggettiva, delle operazioni oggetto delle fatture contestate, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto, per detta parte, il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053).

– con il settimo motivo deduce la nullità della sentenza impugnata per la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, per assoluta mancanza di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la CTR ha accolto l’appello della contribuente in relazione alla ripresa a tassazione, per mancanza di inerenza, dei costi per parcelle legali (e relativa IVA) e per provvigioni;

– il motivo è fondato;

– a prescindere dalla mancanza di una specifica indicazione numerica, il motivo richiama, in modo inequivoco, il vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 4, cod. proc. civ.; vizio che sicuramente sussiste, visto che la CTR ha accolto integralmente l’appello della contribuente e, dunque, anche nella parte diretta a contestare la ripresa a tassazione, per l’anno 2003, dei costi per parcelle legali, oltre alla relativa IVA, e per provvigioni, omettendo del tutto di motivare su questo punto;

– in conclusione, va accolto il settimo motivo e rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata con riferimento al motivo accolto e va rinviata alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il settimo motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione    tributaria    regionale    del    Piemonte,    in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.