Corte di Cassazione ordinanza n. 18433 depositata l’ 8 giugno 2022

luogo della notifica

Rilevato che:

1. G.C. impugnava un provvedimento di preavviso di fermo per la mancata notifica delle cartelle di pagamento costituenti gli atti prodromici.

La Commissione tributaria provinciale di Roma, sul presupposto della mancata costituzione valida dell’Agente per la riscossione Equitalia sud s.p.a., accoglieva il ricorso annullando l’atto.

2. La Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza oggi impugnata, accoglieva l’appello proposto dall’Agente per la riscossione, sul presupposto della produzione in giudizio degli avvisi di ricevimento della notifica delle cartelle in questione, respingendo l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta dal G.C., sull’assunto che questi avesse notificato la sentenza sia a Equitalia sud che alla Agenzia delle entrate personalmente e non presso il difensore.

3. Contro tale decisione propone ricorso G.C. sulla base di un motivo.

Il ricorso è stato notificato all’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale II di Roma, e all’Agenzia delle entrate Riscossione già Equitalia Servizi di riscossione già Equitalia sud s.p.a.

Con ordinanza del 15 dicembre 2020 la Corte, rilevato che il ricorso era stato notificato all’Agenzia delle entrate Riscossione, già Equitalia servizi di riscossione s.p.a., presso il domicilio eletto nel giudizio di appello, disponeva rinnovarsi la notifica all’Agenzia delle entrate Riscossione presso l’Avvocatura Generale dello Stato.

L’Agenzia delle entrate si è costituita solo ai fini dell’udienza di discussione.

L’Agenzia delle entrate Riscossione è rimasta intimata.

5. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 20 maggio 2022, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380-bis.1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31 agosto 2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016 n. 197.

Considerato che:

1. L’unico motivo di ricorso è rubricato <<violazione ed errata applicazione delle norme di diritto in relazione al punto n. 3 dell’art. 360 comma 1 c.p.c. Omesso esame di fatto decisivo in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. Inammissibilità dell’appello per tardività dell’impugnazione, in relazione all’articolo 327 cod. proc. civ. e 51 del decreto legislativo n. 546 del 1992>>.

Il ricorrente propone due distinte censure.

Con la prima deduce la violazione dell’art. 327 cod. proc. civ. e dell’art. 51 d.lgs. 546 del 1992, che prevedono l’impugnabilità della sentenza nel termine lungo quando la stessa non sia stata notificata correttamente.

Deduce, infatti, che la sentenza, alla luce della dichiarata contumacia di Equitalia sud s.p.a., era stata notificata a quest’ultima ai sensi dell’art. 292, quarto comma, cod. proc. civ., personalmente e non presso il procuratore e che tale notifica era valida e utile a far decorrere il termine breve per l’appello, ai sensi degli artt. 38 e 51 d.lgs. 546 del 1992, dovendosi avere riguardo alla dichiarazione di contumacia contenuta nella sentenza, a prescindere dalla sua fondatezza.

Alla luce di tali elementi fattuali la C.T.R. avrebbe errato nel dichiarare ammissibile l’appello in considerazione dell’errata pronuncia di stralcio delle controdeduzioni di Equitalia sud.

Con una seconda censura, logicamente distinta dalla prima, la ricorrente deduce che la C.T.R. avrebbe errato nel decidere circa l’errata pronuncia di contumacia, in assenza di appello sul punto.

2. Il motivo, in disparte la natura mista con riferimento alle varie previsioni dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, che non impedisce di isolare le singole doglianze, contiene, come visto, due distinte censure e necessariamente occorre partire dalla seconda doglianza relativa alla avvenuta pronuncia ultra petita.

2.1 Tale doglianza è inammissibile in quanto la censura del ricorrente, a fronte della statuizione della C.T.R. che evidenzia che l’agente della riscossione avesse impugnato la sentenza per la errata esclusione della sua valida costituzione, è del tutto generica e priva di autosufficienza, non indicando neanche riassuntivamente i motivi di appello proposti sul punto.

2.2 La prima doglianza, relativa alla necessità, ai fini della decorrenza del termine per impugnare, di notificare alla parte personalmente quando la sentenza ne abbia dichiarata la contumacia, anche se erroneamente, è fondata.

Ai sensi dell’art. 38, secondo comma, d.lgs. 546 del 1992 la notificazione della sentenza tributaria, dalla data della quale decorre il termine breve per l’appello, ai sensi dell’art. 51, va effettuata ai sensi dell’art. 16, che regola le modalità della notificazione e rinvia a sua volta, quanto al luogo di essa, all’art. 17, che prevede la notificazione nel domicilio eletto o, in mancanza, presso la sede o residenza dichiarata nella costituzione.

Ma, ove la parte sia contumace, questa Corte ha già ritenuto l’applicabilità al rito tributario dell’art. 292 cod. proc. civ., quarto comma, norma che prescrive che <<le sentenze sono notificate alla parte personalmente>> (Cass. 18/12/2013, n. 28352); tale disciplina è infatti da ritenersi applicabile al rito tributario in forza del generale rinvio, contenuto nell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992, alle norme dettate dal codice di rito in quanto <<compatibili>>, nel rispetto dei principi tante volte affermati da questa Corte (per tutte si veda Cass. 08/11/2002, n. 15687) in riferimento al criterio della <<compatibilità>> tra gli istituti che sono regolati mediante rinvio.

Ciò premesso, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che la notificazione della sentenza alla  parte  che  sia  stata  dichiarata  contumace  per  accertata irregolarità della sua costituzione in giudizio, deve essere eseguita a tale parte personalmente, senza che possa il notificante valutare la situazione processuale in maniera eventualmente difforme da quella emergente da tale formale declaratoria del giudice che l’ha valutata (principio espresso da Cass., Sez. U., 09/07/1992, n. 8394 e ripreso poi in varie decisioni: Cass. 21/02/2017, n. 4374; Cass. 06/03/2020, n. 6478; Cass. 18/07/2000, n. 9436).

Né appare possibile scindere l’elezione di domicilio dall’atto di costituzione nel quale essa è contenuta, ove, come nel caso di specie, questo sia stato dichiarato espressamente invalido e quindi improduttivo di effetti dal giudice.

3. Pertanto, accolto il motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382, ultimo comma, cod. proc. civ., poiché il giudizio non poteva essere proseguito, essendo l’appello inammissibile, poiché tardivamente proposto in data 7 dicembre 2015 a fronte della notifica della sentenza validamente effettuata in data 26 giugno 2015, idonea a far decorrere il termine breve di cui all’art. 51 d.lgs. 546 del 1992.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza con compensazione delle spese di appello.

P.Q.M.

accoglie il ricorso;   cassa   la   sentenza impugnata;  condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore di G.C., delle spese di lite del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.100,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% dei compensi; compensa le spese di appello.