Corte di Cassazione, ordinanza n. 20037 depositata il 13 luglio 2023
Non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 cod. proc. civ.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione
Rilevato che:
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, sez. staccata di Pescara, veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Pescara n. 229/1/2017 la quale, a sua volta, aveva accolto il ricorso introduttivo proposto dalla società M. S.r.l. avverso il diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria alla comunicazione del 29.12.2014 inoltrata dalla società e relativa all’addizione provinciale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’art.6 del d.l. n.511/88, versata all’erario in eccedenza a seguito della abrogazione dell’addizionale a far data dal 2012.
2. Nella sentenza impugnata si legge che il credito scaturiva dalla dichiarazione di consumo del 2011 presentata dalla società e l’istanza, tesa a detrarre il credito derivante dalla soppressa addizionale all’accisa dai versamenti di accisa dovuta a partire dalla rata 16.3.2015, veniva qualificata dall’Amministrazione come istanza di rimborso, e ritenuta presentata oltre il termine decadenziale di due anni dalla data di pagamento ex art.14 comma 2 TUA.
3. Il giudice di prime cure accoglieva la prospettazione della contribuente, ritenendo che «nel caso in esame non ha proposto istanza di rimborso bensì ha prodotto una comunicazione relativa all’intenzione di detrarre i crediti erariali derivanti dalla soppressione dell’addizionale comunale e provinciale sull’energia Tale dichiarazione è disciplinata dall’art.1 del D.M. del 7 agosto 2012, il quale non prevede alcuna prescrizione né fa richiamo dell’art.12 TUA.».
4. Il giudice d’appello pur riconoscendo che l’atto oggetto di diniego era la «dichiarazione tesa a detrarre il credito (di Euro 53.505,13) oltre il termine di decadenza del 4.2014, e cioè in data 29.12.2014», tuttavia, sulla base dell’interpretazione dell’art.1 commi 1 e 2 d.l. 7 agosto 2012, in combinato disposto con i preamboli del decreto legge stesso e con l’art.56 comma 1 del d.lgs. n.504/1995, concludeva che anche alla comunicazione per recuperare gli importi corrisposti in eccesso fosse applicabile il termine biennale perentorio.
5. Contro tale decisione la contribuente propone ricorso, affidato a tre motivi, illustrato con memoria, cui replica l’Agenzia con controricorso.
Considerato che:
6. Preliminarmente non può trovare ingresso l’asserita deduzione di inammissibilità del ricorso presentato dalla contribuente, formulata in sede di controricorso per asserita riproposizione di motivi di appello, in quanto deduzione del tutto generica e non motivata, alla luce della avvenuta censura di singoli capi della decisione della CTR.
7. Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ., la contribuente prospetta la nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art.112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia su eccezione fatta valere dalla ricorrente a pag.10 del proprio atto di controdeduzioni in appello, in ordine all’inammissibilità dell’atto di appello per violazione dell’art.53 del d.lgs. n.546/92 circa l’assenza di specificità dei motivi di gravame.
8. Il motivo è infondato. Non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 cod. proc. civ.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cass. 3 – , Ordinanza n. 24953 del 06/11/2020, Rv. 659772 – 01). Nel caso di specie, è certamente intervenuta la decisione del merito in modo incompatibile con l’accoglimento dell’eccezione preliminare e siffatta decisione implicita non è stata correttamente censurata come violazione i legge e difetto di motivazione.
9. Con il secondo motivo la ricorrente, in rapporto all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.56 comma 1 e 14 d.lgs. n.504/1995 (TUA), 12 e 14 r. d. 16 marzo 1942 262 (preleggi) e altre previsioni normative – non meglio precisate – in materia di interpretazione di legge in relazione all’art.1 D.M. 7 agosto 2012 n.64479 Ministero dell’Economia e delle Finanze per aver la CTR erroneamente interpretato le suddette previsioni di legge, avendo ritenuto unicamente applicabile il termine biennale di decadenza di cui all’art.14 cit., fissato per l’ipotesi del rimborso, anche alla diversa ipotesi prevista dal combinato disposto degli artt. 1 del D.M. cit. e 56 comma 1 d.lgs. cit. che disciplinano la modalità di recupero delle somme relative all’addizione provinciale all’accisa sull’ener- gia elettrica di cui all’art.6 del d.l. n.511/88 versate all’erario in eccedenza a seguito della abrogazione dell’addizionale a far data dal 2012.
10. La censura non può trovare ingresso.
10.1 Va premesso che oggetto del presente giudizio è la detrazione ex art. 56 comma 1 lgs. 504/1995 in combinato disposto con l’art. 1 del D.M. 7 agosto 2012 n. 64479, per la particolare ipotesi prevista dal predetto D.M. che consentiva di utilizzare in detrazione le somme versate in eccedenza a titolo di addizionale sull’accisa per l’energia elettrica con le somme da versarsi per le annualità successive a titolo di accisa e non di addizionale, stante l’abolizione di quest’ultima.
E’ infatti non controverso il fatto che la ricorrente, con la propria istanza depositata in data 29 dicembre 2014 innanzi l’Ufficio Dogane di Pescara, si è avvalsa proprio del meccanismo di detrazione ex art. 56 comma 1 d.lgs. 504/1995 e non dell’istanza di rimborso ex art. 14 comma 2 del d.l. 504/1995.
10.2 Nondimeno, l’Agenzia in controricorso invoca l’applicazione della disciplina dell’istituto del rimborso di cui all’art. 14 comma 2 lgs. 26 ottobre 1995 n. 504 (T.U.A.), la quale prevede: «L’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata. Il rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento. Sulle somme da rimborsare sono dovuti gli interessi nella misura prevista dall’art. 3 a decorrere dalla data di presentazione della relativa istanza.».
10.3 Al contrario, la contribuente ritiene inapplicabile tale disciplina, vertendosi nella diversa ipotesi prevista dal combinato disposto di cui agli 1 del D.M. 7 agosto 2012 Ministero Economia e Finanze e 56 del medesimo d.l. 504/1995 che disciplina la detrazione, applicata dalla contribuente.
Da ciò la contribuente argomenta, da ultimo in memoria illustrativa, che sia irrilevante ed inapplicabile al caso di specie la disciplina del rimborso, compreso il riferimento all’art. 14 comma 2 d.l. 504/1995 che disciplina il termine decadenziale di due anni previsto per la sola richiesta di rimborso e non per la detrazione ex art. 56 comma 1 d.l. 504/1995.
In altri termini, tale decadenza, applicandosi alla sola disciplina del rimborso e non anche a quella della detrazione, renderebbe evidente l’erroneità dalla sentenza di secondo grado. Inoltre, secondo la società sarebbe erroneo anche il riferimento dell’Agenzia contenuto nel controricorso all’art. 2968 cod. civ., non sussistendo nel caso di specie né quello né alcun altro termine decadenziale applicabile.
11. Il Collegio non trova convincenti le argomentazioni svolte dalla ricorrente. Non è infatti ragionevole che non sia applicabile alcun termine decadenziale alla fattispecie e nella stessa memoria illustrativa depositata dalla contribuente si invoca la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. civ. nn. 3051/2019, 16263/2019, 28670/2019, 32871/2019, 21372/2020) sullo slittamento del dies a quo del termine di decadenza di cui all’art. 14 del lgs. 504/1995, in ragione del meccanismo di liquidazione dell’imposta, con ciò implicitamente confermando l’applicabilltà del termine di decadenza anche alla fattispecie.
11.1 Innanzitutto, in materia di imposta armonizzata, la Corte di Giustizia ha chiarito che gli 167, 168, 178, l’art. 179, co. 1, e gli artt. 180 e 182 della Direttiva 2006/112/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, la quale preveda un termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività (Corte di Giustizia 28 luglio 2016, nella causa C-332/15, Astone). Per quanto riguarda il principio di effettività, la sentenza ha, altresì, già dichiarato che un termine di decadenza di due anni, non può, di per se stesso, rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione (Corte di Giustizia 8 maggio 2008, nelle cause C‑95/07 e C‑96/07, Ecotrade, punto 48). Il principio si applica anche al diritto doganale, in quanto materia armonizzata (cfr. Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013).
12.2. Del resto, questa Corte specificamente quanto alle accise ha già affermato che «in materia d’imposta sulla produzione e sui consumi, ai sensi dell’art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1995, il rimborso (o la corrispondente detrazione) dell’accisa indebitamente pagata deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni» (così, Cass., Sez. 5, 18.6.2019, n. 16261) e che, «nell’eventualità di un credito a favore del contribuente, con conseguente diritto ad una corrispondente detrazione, ovvero al rimborso in unica soluzione del credito, tale diritto non può che essere esercitato, a pena di decadenza, entro il termine di due anni, come stabilito dall’art. 14 del TUA» (così, Cass., Sez. 5, 17.4.2013, n. 9283). Nello stesso senso, parificante il rimborso e la corrispondente detrazione dell’accisa indebitamente pagata ai fini del termine decadenziale biennale, v. anche Cass., Sez. 5, 1.2.2019, n. 3051.
12. Il Collegio osserva che l’art.14 è rubricato “Recuperi e rimborsi dell’accisa” e non semplicemente “rimborsi” e questo rivela la volontà del legislatore, e la stessa interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata della menzionata previsione di legge è nel senso che il termine biennale ivi previsto sia stato riferito dal legislatore ad entrambi i meccanismi di utilizzo del credito da parte del contribuente, non solo al rimborso, ma anche alla Il disposto, così interpretato, evita che vi siano differenze sotto il profilo circa l’utilizzo del proprio credito nei confronti dell’erario le quali, irragionevolmente, finirebbero per condizionare la libertà di iniziativa e di scelta del contribuente, diritto protetto ai sensi dell’art.41 Cost.. Entro il medesimo termine è così rimessa interamente al contribuente l’iniziativa e la libera scelta, se porre il credito in detrazione dai successivi versamenti in acconto, strumento che costituisce la via prioritaria di utilizzo del credito medesimo, o se, in alternativa, optare per la richiesta di rimborso dell’intero.
12.1 L’interpretazione qui accolta dell’art.14 comma 2 d.lgs. n. 504 del 1995 è in linea, consolidando così l’apprezzabile interesse del contribuente ad una sempre maggiore certezza del diritto, anche con il condiviso indirizzo interpretativo della Sezione sopra citato, già iniziato con Cass. n. 9283 del 17/04/2013 e poi radicatosi a partire dal 2019, in materia di decorrenza del termine di decadenza invocato (cfr., in tal senso, anche Cass. Sez. 5, 6 ottobre 2020, n. 2137). E’ infatti coerente con le caratteristiche del meccanismo di pagamento dell’accisa ai sensi dell’art.26 comma 8 TUA e di compensazione ex art.56 comma 1 del d.lgs. n. 504 del 1995, dal momento che, alla chiusura annuale di ciascun periodo oggetto di dichiarazione si determina un nuovo saldo creditorio, il quale va a costituire un nuovo credito rispetto a quelli precedentemente maturati che si protrae fino all’esaurimento dello stesso o fino alla definizione del rapporto tributario, senza fare differenza tra utilizzo del credito maturato attraverso il meccanismo del rimborso o della corrispondente detrazione.
12.2 Questa parificazione di trattamento, da ultimo fatta propria dall’Informativa dell’Agenzia delle Dogane Prot. 379481 RU del 17.08.22, è anche coerente con il superamento delle conseguenze derivanti dalla rigidità del termine decadenziale biennale ai fini dell’utilizzo del credito maturato per eccedenze dei versamenti in acconto, con conseguente decorrenza del termine biennale di decadenza ex 14, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1995 dal momento della presentazione dell’ultima dichiarazione annuale di consumo, regola da ritenersi “neutra” in relazione alla modalità di esercizio del credito e, dunque, valida non solo per il rimborso dell’eventuale credito di imposta, ma anche per l’esercizio del diritto alla detrazione corrispondente.
12.3 Dev’essere pertanto affermato il seguente principio di diritto: «In materia di credito di imposta derivante dal meccanismo di pagamento delle accise relative all’energia elettrica, ai sensi dell’art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 504/1995, il diritto al rimborso o la corrispondente detrazione dell’accisa indebitamente pagata dev’essere esercitato a pena di decadenza entro due anni, decorrenti dalla data di presentazione della ultima dichiarazione annuale di consumo.».
La decisione di appello è sostanzialmente conforme al summenzionato principio e, pertanto, la censura in disamina va rigettata.
14. Il terzo motivo della società, agli effetti dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt.14, 62 comma 1 d.lgs. n.504/1995, 36 bis d.P.R. n.600/73, 12 e 14 r. d. 16 marzo 1942 n.262 (preleggi) richiamati a pag.1 della motivi della decisione impugnata, oltre ad altre previsioni non meglio precisate in materia di interpretazione di legge, per essere tali norme dirette a disciplinare fattispecie diverse da quelle oggetto del presente giudizio, quali l’imposizione per oli lubrificanti, bitumi di petrolio ed altri prodotti come oli minerali greggi, estratti aromatici, miscele di achilbenzoli sintetici, polifenici sintetici, nonché il termine decadenziale a carico dell’Agenzia per procedere, mediante controllo automatico alla riliquidazione delle imposte contenute nella dichiarazione presentata dal contribuente.
15. Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza perché inconducente, dal momento che si appunta su passaggi della sentenza non costituenti autonome rationes decidendi, trattandosi di mere argomentazioni contenute in sentenza, parte della complessiva ricostruzione della disciplina applicabile, non idonea ad incidere sul contenuto decisorio espresso dalla CTR, consistente dell’aver ritenuto applicabile il termine decadenziale biennale alla fattispecie a norma dell’art.14 del d.lgs. n. 504 del 1995.
16. In conclusione il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite vanno interamente compensate, in ragione della novità e complessità della questione decisa con il secondo motivo.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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