Corte di Cassazione, sentenza n. 20146 depositata il 13 luglio 2023
sanzioni amministrative – responsabilità delle persone giuridiche
FATTI DI CAUSA
1. L.F. ha impugnato l’atto di contestazione di sanzioni notificato il 28 dicembre 2012, riferito agli anni 2006, 2007 e 2008.
L’Agenzia precisava di aver già contestato le sanzioni a carico di C.L. spa e C.F. spa per illegittima riduzione della base imponibile a mezzo di mutui azionari conclusi con una società ceca e ritenuti nulli. Le società avevano pagato le sanzioni ed era emerso che tali illecite operazioni erano state proposte dalla SCF Advisors in Structured Corporate Finance spa, di cui il Leoni (insieme ad altri) era amministratore e legale rappresentante. Pertanto, quest’ultimo era considerato concorrente ai sensi dell’art. 9, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
2. L.F. impugnava l’atto, e la CTP respingeva il ricorso, ritenendo che il ricorrente avesse pianificato, promosso ed eseguito le suddette operazioni illecite e quindi dovesse essere sanzionato.
Il contribuente proponeva allora appello e la CTR accoglieva il gravame, ritenendo che dovesse ricevere piena applicazione la disposizione di cui all’art. 7 del d.lgs. n. 269/03, in virtù del quale delle sanzioni amministrative fiscali risponde esclusivamente la persona giuridica.
3. L’Agenzia propone quindi ricorso in cassazione affidato ad un unico motivo. L.F. ha depositato controricorso per resistere all’impugnativa ed al contempo ha proposto ricorso incidentale condizionato basato su sette motivi. Lo stesso ha poi depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo l’Agenzia deduce violazione e lsa applicazione degli artt. 7, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito senza modifiche dalla legge n. 326 del 2003, 5, 9 e 11, d.lgs. n. 472/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ.
In effetti, secondo l’ufficio ricorrente, l’art. 7, comma 1, d.l. n. 269 del 2003, laddove statuisce che «Le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica», escluderebbe l’applicabilità delle sanzioni, per il concorso negli illeciti tributari puniti con sanzioni amministrative, soltanto relativamente alle persone fisiche titolari di organi della stessa società contribuente, con personalità giuridica, che abbiano materialmente commesso la violazione dalla quale quest’ultima ha tratto vantaggio.
L’esclusione della punibilità, quindi, riguarderebbe soltanto le persone fisiche legate da rapporto organico alla persona giuridica contribuente cui è imputata la violazione sanzionata, come testimonierebbe l’incipit della disposizione, riferendosi alle «sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale», dato testuale che, anche a prescindere dal successivo avverbio «esclusivamente», circoscriverebbe l’esenzione da responsabilità alle sole persone fisiche che, tramite l’immedesimazione organica, si immedesimano nella persona giuridica nel nome e per conto della quale operano.
Non vi sarebbe invece ragione, sempre secondo l’Amministrazione ricorrente, in base al predetto dato testuale, di escludere che rispondano delle violazioni, e delle relative sanzioni amministrative, le persone fisiche che, come lo stesso Leoni, abbiano comunque concorso nella realizzazione della violazione, in virtù di un rapporto diverso da quello di immedesimazione organica, e dunque esterno. Trattandosi peraltro di norma derogatoria e dunque da interpretarsi in modo restrittivo, e d’altronde diversamente ragionando si avrebbe una abrogazione complessiva del concorso di persone nelle violazioni fiscali.
D’altronde, ad interpretare come la CTR si giungerebbe al risultato sperequativo per cui il consulente di una persona giuridica non risponderebbe mai della sanzione, mentre quello di una persona fisica (o di una società priva di personalità giuridica, come le società di persone) risponderebbe.
In ogni caso, una volta esclusa per le sanzioni irrogate al di fuori del rapporto fiscale strettamente inteso, l’applicabilità dell’art. 7, d.l. n. 269/2003, l’art. 11 del d.lgs. n. 472/1997 tornerebbe applicabile in tutte le altre ipotesi.
1.1 Il motivo non è inammissibile in quanto risulta ancora controversa la prova dell’ingerenza del controricorrente nella vicenda che ha originato l’irrogazione delle sanzioni, posto che solo l’accoglimento dell’interpretazione della norma fornita dall’Agenzia, e smentita dalla CTR, determinerebbe la rilevanza dell’effettivo ausilio portato dal Leoni alle operazioni illecite poste in essere dalla società.
La CTR ha infatti ritenuto decisivo un diverso inquadramento della portata della disposizione in discussione, ritenendolo implicitamente la ragione più liquida, ed infatti su tale base ha definito il gravame. Conseguentemente il ricorso in cassazione non poteva che basarsi, come si è basato, sulla critica della ratio posta a fondamento dell’accoglimento dell’appello
1.2 Nel merito il motivo è infondato.
Questa Corte, nell’interpretare la norma in questione, ha già avuto modo di chiarire che «Le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, ex art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 (conv. con modif. in l. n. 326 del 2003), sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non potendosi fondare un eventuale concorso di quest’ultimo nella violazione fiscale sul disposto di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997, che non può costituire deroga al predetto art. 7, ad esso successivo, che invece prevede l’applicabilità delle disposizioni del d.lgs. n. 472 ma solo in quanto compatibili.» (Cass. 25/10/2017, n. 25284; nello stesso senso cfr. Cass. 28/08/2013, n. 19716; Cass. 11/3/2016, n. 4775; Cass. 08/03/2017, n. 5924; Cass. 07/11/2018, n. 28331; Cass. 18/04/2019, n. 10975).
La circostanza che tale costante orientamento giurisprudenziale sia maturato prevalentemente (ma si veda Cass. 11/3/2016, n. 4775, con riferimento alla figura del consulente esterno) in materia di amministratore di fatto della persona giuridica contribuente non ne esclude la pertinenza anche a fattispecie, quali quella odierna, nella quale il preteso concorrente non è collegato alla prima da alcun rapporto organico, neppure meramente fattuale.
Infatti, l’esclusione del concorso sanzionabile di terzi concorrenti nella violazione della contribuente persona giuridica è fondata, a monte, sull’inequivoco dato testuale del ridetto art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, il quale tanto nel titolo («Riferibilità esclusiva alla persona giuridica…»), quanto nel disposto («…sono esclusivamente a carico della persona giuridica…»), esprime in maniera chiara la volontà legislativa di riferire le sanzioni amministrative tributarie esclusivamente alla persona giuridica contribuente (in conformità alla dichiarata intenzione, espressa nella relazione governativa al d.l. in questione, di superare, quanto meno per le strutture imprenditoriali complesse, lo schema personalistico di imputazione delle sanzioni amministrative previgente), con conseguente esclusione, confermata dalla clausola di compatibilità di cui al terzo comma della stessa norma, dell’applicabilità del precedente art. 9 d.lgs. n. 472 del 1997, al fine di configurare il concorso di ulteriori soggetti nella stessa violazione, indipendentemente dalla sussistenza, o meno, di una loro relazione organica (formale o fattuale) con la stessa persona giuridica.
La tesi contraria, che vorrebbe circoscrivere l’esclusione della punibilità, disposta dall’art. 7 d.l. n. 269 del 2003, alle sole persone fisiche legate da un rapporto di immedesimazione organica con la persona giuridica, cui è imputata la violazione sanzionata, con conseguente sanzionabilità, ex art. 9 d.lgs. n. 472 del 1997, dei soggetti (persone fisiche, ma anche soggetti collettivi, siano o meno, a loro volta, persone giuridiche) con essa concorrenti, si fonda invece sul dato testuale ricavato dall’incipit della medesima disposizione, che si riferisce alle «sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale».
Non è però fondato l’assunto per cui, a fronte dell’inequivoco dettato normativo appena richiamato, la mera menzione del «rapporto fiscale», la cui funzione testuale pare logicamente quella di specificare a quali «sanzioni amministrative» si riferisca la disposizione in commento e di correlarne l’applicabilità alla qualità di contribuente e parte del rapporto tributario, dovrebbe costituire invece un criterio legislativo di selezione tra concorrenti “interni” (non punibili) ed “esterni” (sanzionabili) rispetto alla persona giuridica contribuente.
Sostiene infine l’Amministrazione ricorrente che, per effetto del “doppio binario” nel sistema di imputazione della responsabilità per le sanzioni amministrative tributarie, venutosi a creare con l’introduzione dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003, così come interpretato dalla citata giurisprudenza, verrebbe allora a crearsi una possibile discriminazione, che si assume ingiustificata e costituzionalmente illegittima, a danno dei terzi concorrenti “esterni” nella violazione tributaria commessa da contribuenti che siano soggetti collettivi privi di personalità giuridica o persone fisiche, i quali sarebbero sanzionabili ex art. 9 d.lgs. n. 472 del 1997, fondato su un’imputazione personale della responsabilità in materia; mentre gli stessi concorrenti “esterni” andrebbero esenti da sanzioni se, tenendo la medesima condotta, avessero però concorso nella violazione di una contribuente dotata di personalità giuridica, alla quale soltanto, in ragione della titolarità del rapporto tributario, l’art. 7 d.l. n. 269 del 2003 imputa la responsabilità.
Al riguardo deve tuttavia rilevarsi che l’ipotetica illegittimità costituzionale del trattamento deteriore che si assume riservato, per effetto del cosiddetto “doppio binario”, ai terzi concorrenti “esterni” nelle violazioni commesse da una contribuente che non sia una persona giuridica, non rileva ai fini di questa decisione, atteso che essa non potrebbe comunque giustificare un’interpretazione adeguatrice dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003 che si risolvesse nell’estensione del ritenuto peggior trattamento anche a chi (come nel caso di specie) abbia concorso nelle violazioni tributarie di una persona giuridica, conducendo, in violazione del principio di legalità, alla creazione di una fattispecie di responsabilità che il legislatore ha invece espressamente escluso, limitandola esplicitamente alla sola contribuente dotata di personalità giuridica.
I suddetti principi, plurime volte affermati da questa Corte anche nella complessa vicenda riguardante la presente controversia (cfr. Cass. 22/05/2020, nn. 9448, 9449, 9450 e 9451, e da ultimo Cass. 06/05/2022, n. 14364, anche con riguardo a tutte le precedenti argomentazioni qui trattate), non contrastano con la giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto in alcuni casi che, nonostante il dettato dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003, trovi applicazione la regola generale sulla responsabilità personale dell’autore della violazione commessa nell’interesse esclusivamente proprio, e sia quindi sanzionabile la persona fisica autrice della violazione che non abbia agito nell’interesse della società, ma abbia perseguito un interesse proprio o comunque diverso da quello sociale (Cass. 09/05/2019, n. 12334, e giurisprudenza ivi citata in motivazione, ex plurimis), o che abbia artificiosamente costruito una società per fini illeciti e personali, poiché in tal caso la persona giuridica rappresenta una mera fictio creata nell’interesse della persona fisica, esclusiva beneficiaria delle violazioni, sicché non vi è alcuna differenza fra trasgressore e contribuente (Cass. 18/04/2019, n. 10975; cfr. altresì, in motivazione, Cass. 08/03/2017, n. 5924 e Cass. 28/08/2013, n. 19716).
Nella specie che ne occupa, l’Amministrazione non ha imputato al controricorrente Leoni di aver agito, con la condotta che integrerebbe il preteso concorso sanzionabile nella violazione tributaria della società di capitali contribuente, al fine di perseguire un proprio interesse personale. Tanto meno l’Ufficio ha sostenuto che la struttura societaria della contribuente costituisca un mero strumento fittizio del quale il controricorrente si sia servito per conseguire un proprio vantaggio fiscale indebito.
2. Il ricorso principale dev’essere respinto e pertanto, essendo quello incidentale condizionato all’accoglimento di quello principale, tutti i relativi motivi devono essere dichiarati assorbiti.
Le spese seguono la soccombenza della ricorrente.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 29/01/2016, n. 1778)
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso principale e, conseguentemente, dichiara assorbiti i motivi di quello incidentale condizionato.
Condanna l’amministrazione ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 10.770,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15 % dell’onorario, ed oltre ad i.v.a. e c.p.a. se dovute, ed € 200,00 per esborsi.