CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 20496 depositata il 17 luglio 2023
Lavoro – Rapporto a tempo indeterminato – Contratti di collaborazione linguistica – Anzianità di servizio – Progressione stipendiale – Accoglimento
Rilevato che
1. le ricorrenti meglio indicati in epigrafe hanno agito nei confronti dell’Università di Catania esponendo:
– di avere prestato servizio, fin dall’anno accademico 1985-1986, (la D.) e 1990-1991 (M.) quali lettrici di madrelingua, in forza di contratti stipulati ai sensi dell’art. 28 d.p.r. 382/1980 e di avere ottenuto sentenza in giudicato di riconoscimento della ricorrenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con retribuzione pari al 85 % di quella spettante ai ricercatori confermati a tempo definito;
– di avere anche, in successivo giudizio, ottenuto dal Tribunale di Catania il riconoscimento del diritto all’anzianità di servizio ed alla progressione stipendiale sulla retribuzione di cui alla predetta misura del 85 % e ciò fino al 31.12.2002;
esse hanno quindi agito nuovamente presso il Tribunale di Catania, rivendicando:
– la quantificazione degli importi conseguenti alla pronuncia sull’anzianità di servizio e la progressione fino al 31.12.2004 in base al predetto parametro del 85 %;
– il riconoscimento, per il periodo successivo, del diritto alle differenze retributive in applicazione del d.l. 2/2014;
rispetto alla prima domanda l’Università provvedeva al pagamento e dunque il giudizio proseguiva solo sulla seconda domanda, che veniva dapprima accolta dal Tribunale, con sentenza poi riformata dalla Corte d’Appello di Catania, che la rigettava;
la Corte di merito valorizzava il fatto che non fossero mai stati stipulati contratti di collaborazione linguistica ai sensi del d.l. 120/1995 e riteneva che i rapporti inter partes continuassero ad essere regolati dal giudicato, come lettorati di lingua straniera a tempo indeterminato, senza che potesse trovare applicazione, neanche in via analogica, la disciplina di cui al d.l. 2/2004;
2. M.D. e P.M. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, resistiti da controricorso dell’Università
Considerato che
1. si deve preliminarmente dare atto che la controversia riguarda ormai solo le pretese retributive successive al 13.1.2004, perché sul pregresso vi è stato pagamento da parte dell’Università di quanto rivendicato dalle lavoratrici e la stessa Corte territoriale fa menzione della cessazione della materia del contendere;
2. il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 e 434 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.), sul presupposto che la Corte di merito non abbia esaminato l’eccezione sollevata con la memoria di costituzione in secondo grado, con la quale era stata rilevata l’inammissibilità del gravame, per non essere state indicate le parti del provvedimento che si erano intese appellare;
si devono intanto richiamare gli approdi cui è pervenuta questa S.C. nell’interpretare gli art. 343 e 434 c.p.c., quali modificati nel 2012, essendosi in proposito precisato che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (C., S.U., 16 novembre 2017, n. 27199);
ciò posto, la sentenza di appello contiene una descrizione di dettaglio del contenuto dell’appello, menzionando l’avere l’Università censurato il fatto che il Tribunale non avesse dichiarato estinto il giudizio in applicazione dell’art. 26, co. 3, u.p., L. 240/2010 e che la sentenza avesse deciso il merito facendo espressa applicazione della normativa di cui all’art. 1 del d.l. 2/2004, senza applicare l’art. 26 cit. e comunque lamentando la ricorrente, in via subordinata, l’erroneità dell’equiparazione totale tra lettori di lingua madre e collaboratori linguistici; gli elementi di cui sopra erano del tutto idonei a riaprire in appello il thema decidendum e quindi a realizzare l’effetto devolutivo al secondo grado delle questioni in ordine alla spettanza delle differenze retributive attribuite;
il motivo di ricorso è viceversa del tutto laconico e neppure prende posizioni rispetto a quanto affermato dal Tribunale, in implicita dissonanza con l’eccezione di inammissibilità del gravame, sicché mancano i presupposti di specificità richiesti dall’art. 366 c.p.c. e la censura va ritenuta inammissibile;
3. il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 d.l. 2/2004 conv. in L. 63/2004, come autenticamente interpetrato dall’art. 26, co. 3, L. 240/2010 (art. 360 b. 3 c.p.c), censurando il fatto che la Corte territoriale ha ritenuto non applicabile tale disciplina al caso delle ricorrenti;
il motivo è fondato;
questa S.C., ha già ritenuto, con pronuncia a S.U. alla cui motivazione si fa rinvio anche ai sensi dell’art. 118, disp. att. c.p.c., che «all’esito dell’abrogazione dell’art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980, ad opera dell’art. 4 del d.l. n. 120 del 1995, conv., con modif., dalla l. n. 236 del 1995, la continuità tra la posizione soppressa degli ex-lettori di lingua straniera e quella di nuova istituzione dei collaboratori linguistici non consente di configurare una sorta di “ruolo ad esaurimento” per il rapporto di lettorato, sicché, ove l’ex-lettore abbia ottenuto l’accertamento della sussistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per nullità della clausola di durata con sentenza passata in giudicato, va comunque applicata la relativa disciplina di fonte legale, di cui all’art. 1, comma 1, del d.l. n. 2 del 2004, conv., con modif., dalla l. n. 63 del 2004, resa necessaria per adeguare l’ordinamento interno a quello dell’UE” (Cass., S.U., 2 agosto 2017, n. 19164; poi Cass. 17 agosto 2018, n. 20765 e altre conformi);
3.1 si è altresì precisato (Cass. 20 maggio 2022, n. 16449), richiamando anche altri precedenti, che «la trasformazione ope legis (e quindi anche per sentenza definitiva) del rapporto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato deve essere equiparata, ai fini dell’applicazione del d.l. n. 2/2004, alla conclusione del contratto ex d.l. n. 120/1995» con richiamo a Cass. 23 ottobre 2017, n. 24963 (il cui caso era simile al presente), ritenendosi altresì – così sempre Cass. 16499/2022 cit. – che «al rapporto intercorrente fra l’Università e l’ex lettore che abbia ottenuto l’accertamento in via giudiziale della sussistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato si applicano l’art. 1 del d.l. n. 2/2004, come autenticamente interpretato dall’art. 26 della legge n. 240 del 2010 e la disciplina contrattuale dettata dal CCNL 21.5.1996 comparto Università per i collaboratori esperti linguistici, a prescindere dalla sottoscrizione del contratto ex art. 4 del d.l. n. 120/1995 al quale, ove mancante, va equiparata, ai fini dell’applicazione del richiamato art. 1 d.l. n. 2/2004 e della norma di interpretazione autentica, la sentenza di conversione del rapporto (Cass. 6341, 3910, 3814, 3198 del 2019; Cass. nn. 20765, 15019, 14203 del 2018)»;
ne deriva che il giudicato intanto potrà avere persistente rilievo, in quanto da esso derivino trattamenti più favorevole da conservare ad personam, ma comunque i rapporti restano soggetti alla disciplina di cui alla normativa citata, anche come autenticamente interpretata;
3.2 il contrario avviso della Corte territoriale, in particolare sul rilievo da attribuire alla mancata stipula del contratto CEL, va dunque disatteso e, in applicazione dei principi stabiliti dai precedenti tutti sopra citati, il ricorso va accolto e la causa va rinviata alla medesima Corte territoriale, la quale deciderà facendo applicazione dei principi di cui sopra ed in particolare di quelli sintetizzati al punto 3.1 che precede;
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 ottobre 2020, n. 23768 - In tema di contratto di lavoro a progetto, il regime sanzionatorio articolato dall'art. 69 del d.lgs. n. 276 del 2003, pur imponendo in ogni caso l'applicazione della disciplina del rapporto…
- Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 36197 depositata il 28 dicembre 2023 - La prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato decorre sempre – tanto in caso di rapporto a tempo indeterminato, tanto…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 settembre 2020, n. 18344 - E' escluso - per docenti del settore pubblico che hanno beneficiato della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 novembre 2019, n. 29674 - In presenza di una pluralità di contratti a tempo determinato, qualora il primo contratto della serie sia dichiarato illegittimo, con conseguente trasformazione del rapporto a termine in…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 agosto 2021, n. 23189 - In caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato con chiamata nominativa entro dodici mesi…
- Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui alla Legge 662/96 art. 2, comma 100, lettera a) - Richiesta di allungamento della durata della Garanzia a seguito di sospensione ope legis del pagamento delle rate dell’operazione finanziaria…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…