Corte di Cassazione ordinanza n. 21053 del 1° luglio 2022
valore probatorio del processo verbale di constatazione
RILEVATO CHE
La contribuente ha proposto ricorso, unitamente alla ditta Net Point Service di cui è titolare, avverso la cartella di pagamento notificata il 4 giugno 2013 da Riscossione Sicilia s.p.a. fondata su un processo verbale di constatazione che aveva accertato per gli anni 2008 e 2009 una serie di operazioni (secondo la contestazione, n. 7872 operazioni) di invio denaro di importi superiori ad euro 77,47 senza esigere l’imposta di bollo pari a 1,81 euro per ciascuna operazione. Il ricorso è stato parzialmente accolto in primo grado, ritenendo accertate solo ventuno operazioni di rilievo fiscale.
Ha proposto appello l’Agenzia delle entrate, insistendo sul valore probatorio dei tabulati e del processo verbale di constatazione; la contribuente ha proposto appello incidentale lamentando che la sentenza non abbia dichiarato cessata la materia del contendere per definizione della lite fiscale pendente.
La Commissione regionale ha rigettato l’appello principale rilevando che la questione controversa è se l’imposta vada calcolata sull’ammontare della singola operazione o sulle commissioni percepite dall’operatore e che: “dai tabulati e dalla disamina documentale prodotta, così come rilevato da parte appellata pagina 12, 13 e 14 della sua memoria, circostanza questa non specificamente contestata dall’ufficio, le operazioni finanziarie superiori ad euro 77,47 ammontano a ventuno”. Ha rigettato altresì l’appello incidentale, evidenziando che non risulta pervenuta all’Agenzia la domanda di definizione lite fiscale pendente e che sul punto il contribuente non ha offerto valida prova.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidandosi a due motivi.
La contribuente si è costituita ed ha proposto ricorso incidentale condizionato.
La causa è stata trattata all’udienza camerale del 25 maggio 2022.
RITENUTO CHE
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione dell’art. 116 c.p.c.. L’Agenzia deduce che non risponde a verità la circostanza secondo cui l’ufficio non avrebbe contestato che le operazioni finanziarie superiori ad euro 77,47 sono soltanto ventuno; tale circostanza costituisce invece l’oggetto del contendere e l’appello dell’ufficio è fondato proprio sulla circostanza che dette operazioni fossero in numero nettamente superiore; di conseguenza il giudice non si è pronunciato sul motivo di appello proposto dall’ufficio, e non si evince da quale elemento la Commissione Tributaria Regionale abbia tratto il convincimento che le operazioni imponibili erano soltanto ventuno, a fronte delle migliaia individuate nel verbale facente prova privilegiata fino a querela di falso, nella specie non proposta.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 4 c.p.c. la nullità della sentenza per difetto di motivazione. La ricorrente deduce che la Commissione Tributaria Regionale si è limitata a valutare i fatti secondo le asserzioni contenute nella memoria di parte, senza confrontarle con le prove prodotte dal fisco. La CTR ha quindi semplicemente aderito a quanto esposto nella memoria della parte.
3.- I motivi sono infondati.
L’Agenzia non coglie adeguatamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, che non si limita a recepire le deduzioni della contribuente – poiché in ipotesi non contestate dall’ufficio- ma fa espresso riferimento alla disamina dei documenti prodotti, indice di una eseguita verifica sugli atti. Inoltre, non viene messo in discussione l’accertamento in sé, poiché si individua il punto controverso non già su ciò che il verbale attesta, ma su quale sia il dato rilevante ai fini della applicazione del tributo.
Il valore probatorio del processo verbale di constatazione è infatti differente a seconda della natura dei fatti da esso attestato, potendosi distinguere tre diversi livelli di attendibilità: a) il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi esso fa fede fino a prova contraria; c) in mancanza della indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi (Cass. n. 28060 del 24/11/2017 Cass. n. 24461 del 05/10/2018).
Nella specie la Commissione Tributaria Regionale ha sindacato il criterio utilizzato dall’Ufficio, limitando il bollo alle sole operazioni che avevano comportato una commissione superiore a 77,47 euro; si tratta dunque non della confutazione dei fatti storici direttamente percepiti dal pubblico ufficiale e così attestati nel verbale, ma della adozione di un diverso criterio di calcolo rispetto a quello utilizzato dalla Agenzia per la imposizione, qui da quest’ultima neppure contestato.
4.- Ne consegue il rigetto del ricorso principale, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato con il quale la contribuente ha chiesto, nel caso in cui i motivi avversari fossero ritenuti accoglibili, la riforma del capo della sentenza con il quale è stato rigettato l’appello incidentale relativamente alla definizione della lite fiscale.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato;
condanna l’Agenzia delle entrate alle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.100,00 per compensi oltre euro 200,00 per spese non documentate, rimborso forfettario ed accessori di legge.