Corte di Cassazione ordinanza n. 22059 depositata il 12 luglio 2022
studi di settore – l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze – omesso esame di un fatto storico
RILEVATO CHE
1. La società contribuente M.C..r.l., operante nel settore della costruzione di edifici, ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2004, con il quale venivano rettificati i redditi della società contribuente alla luce della disciplina di cui all’art. 62-sexies, d.l. 30 agosto 1993, n. 331, con recupero di IRES, IRAP e IVA. La società contribuente ha dedotto che lo scostamento dai dati parametrici degli studi di settore era giustificato dal fatto che la società contribuente avesse lavorato quasi esclusivamente in subappalto e che lo studio di settore applicato non tenesse conto delle assenze dal lavoro del personale dipendente.
2. La CTP di Frosinone ha accolto il ricorso.
3. La CTR del Lazio, Sezione staccata di Latina, con sentenza in data 23 ottobre 2013, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo sufficiente a provare i maggiori ricavi lo scostamento dagli indici parametrici degli studi di settore e ha ritenuto che il contribuente non avrebbe assolto all’onere della prova contraria.
4. Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a quattro motivi; resiste con controricorso l’Ufficio.
CONSIDERATO CHE
1.1 Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza e violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato per omessa pronuncia. Osserva parte ricorrente di avere dedotto in appello l’inammissibilità dell’appello per non avere l’Ufficio formulato specifici motivi di censura, essendosi l’Agenzia delle Entrate limitata a contestare l’omessa rideterminazione del reddito, eccezione sulla quale il giudice di appello non si sarebbe pronunciato.
1.2 Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza e violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in termini inversi rispetto al motivo precedente, ossia per extrapetizione. Osserva parte ricorrente come l’Ufficio avesse dedotto in appello che il giudice si sarebbe dovuto limitare a rideterminare la quantificazione dei maggiori ricavi, per cui la conferma dell’atto impositivo nel suo complesso sarebbe stata pronunciata oltre i limiti dell’appello.
1.3 Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, non avendo la sentenza impugnata dato contezza dell’incidenza del costo del personale, del valore dei beni strumentali e del fatto che la società contribuente lavorasse in subappalto per due imprese, circostanze già dedotte durante il primo grado di giudizio ed emergenti dalla documentazione versata in atti, le quali giustificherebbero lo scostamento dai parametri degli studi di settore
1.4 Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla carenza di motivazione dell’atto impositivo.
2. Il primo motivo è infondato. In disparte dal fatto che in questo caso ricorrerebbe un caso di rigetto implicito e non di omessa pronuncia (trattandosi di questione pregiudiziale, a monte della decisione del giudice del merito, il cui rigetto è implicitamente contenuto nell’accertamento, a valle, relativo alla fondatezza dell’atto impositivo), va ricordato che secondo la giurisprudenza di questa Corte, in forza dell’effetto devolutivo dell’appello, che preclude al giudice del gravame esclusivamente di estendere le sue statuizioni a punti che non siano compresi nel thema decidendum, il giudice di appello può riesaminare l’intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, salvo il giudicato interno (Cass., Sez. III, 13 aprile 2018, n. 9202), anche in caso di mera riproposizione delle questioni a sostegno della legittimità dell’accertamento (Cass., Sez. V, 10 novembre 2020, n. 25106; Cass., Sez. V, 4 novembre 2020, n. 24533; Cass., Sez. V, 9 ottobre 2020, n. 21774; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 32954; Cass., Sez. V, 19 dicembre 2018, n. 32838; Cass., Sez. VI, 23 novembre 2018, n. 30525; Cass., Sez. VI, 5 ottobre 2018, n. 24641; Cass., Sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7369; Cass., Sez. VI, 22 gennaio 2016, n. 1200; Cass., Sez. V, 29 febbraio 2012, n. 3064). Principio conforme a quello secondo cui gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal d.l. n. 83/2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., Sez. U., 16 novembre 2017, n. 27199).
3. Nella specie, è lo stesso ricorrente ad evidenziare che l’appello dell’Ufficio avesse contestato la contraddittorietà della decisione del giudice di primo grado e il travisamento dei fatti, oltre che l’erronea valutazione delle prove, così investendo l’atto di appello la statuizione del giudice di primo grado nel suo complesso.
4. Il secondo motivo è È lo stesso ricorrente che evidenzia nel proprio ricorso che l’Ufficio aveva chiesto in principalità «la legittimità e correttezza dell’avviso di accertamento impugnato» e che la domanda di rideterminazione dei maggiori redditi accertati fosse stata formulata dall’Ufficio «in via del tutto subordinata», nel caso in cui il giudice di appello avesse inteso confermare – come avvenuto in primo grado – che l’incidenza del costo del lavoro e gli altri fatti addotti dal contribuente avrebbero avuto un ruolo nella generazione dei ricavi. Non sussiste, pertanto, la dedotta extrapetizione.
5. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non formula alcun giudizio di decisività dei fatti addotti (le assenze dei dipendenti dal lavoro e il fatto di lavorare per due aziende in subappalto, oltre al valore dei beni strumentali), non avendo specificato nel motivo di ricorso per quali ragioni l’avere lavorato solo per due aziende (in subappalto) avrebbe giustificato una contrazione di ricavi al disotto dell’intervallo di confidenza degli studi di settore e per quali ragioni e in che termini le assenze del personale dipendente avrebbero generato minori ricavi.
6. Il motivo è, ulteriormente, inammissibile, in quanto i fatti dedotti dal ricorrente sono stati indicati dal giudice di appello tra le premesse della decisione («il contribuente censura l’atto impositivo per diversi profili (…) l’incidenza del costo del personale e la circostanza che l’impresa lavorava in subappalto per altre due imprese») e, quindi, implicitamente considerati, laddove il terzo elemento (il valore dei beni strumentali) era già stato considerato (come evidenzia lo stesso ricorrente: pag. 2 ricorso) in sede di emissione dell’atto impositivo, valorizzandosi le deduzioni della società contribuente. Nel qual caso non sussiste l’ipotesi dell’omesso esame di un fatto storico, laddove il fatto storico, ancorché decisivo, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. VI, 1° giugno 2022, n. 17878; Cass., Sez. VI, 8 novembre 2019, n. 28887; Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
7. Il quarto motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non si duole dell’omesso esame di un fatto storico ma dell’omessa considerazione di una argomentazione difensiva (nullità dell’avviso per difetto di motivazione), non potendosi qualificare come fatto storico-naturalistico, né come accadimento o circostanza, una questione o una argomentazione difensiva (Cass., Sez. II, 26 aprile 2022, n. 13024).
8. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 4.100,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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