CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 35078 depositata il 14 dicembre 2023

Tributi – Avvisi di accertamento – IRAP – IVA – IRPEF – Recupero di costi contabilizzati – Operazioni oggettivamente inesistenti – Accoglimento

Rilevato in fatto che

1. La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Brescia, con sentenza n. 890/2018, ha rigettato il ricorso proposto dalla TFC di C.L. e T.F. snc e dai soci C.L., C.V., T.F. e Z.L. contro gli avvisi di accertamento per l’anno 2014 e 2015 emessi nei confronti della società, recanti la determinazione di un maggior reddito di impresa ai fini IRAP e IVA, nonché i conseguenti avvisi emessi nei confronti dei singoli soci per IRPEF in relazione ai maggiori redditi personali. L’accertamento si fondava, in particolare, sul recupero di costi contabilizzati in quanto relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti (su fatture emesse da A. srl e O.’ snc).

2. Proposti separati appelli da parte della società e dalle socie T.F. e Z.L., la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia, previa riunione, li ha dichiarati inammissibili in quanto mancavano “i motivi di impugnazione della sentenza di primo grado” che genericamente esponevano “rilievi critici agli originari atti di imposizione senza identificare i capi di impugnazione della sentenza”.

3. I medesimi contribuenti (la società e le due socie) hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo e hanno depositato memoria.

4. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate. 

Considerato in diritto che

1. Con l’unico motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto gli atti d’appello contenevano specifiche ragioni di gravame che prendevano posizione sull’inesistenza di elementi probatori a sostegno della pretesa dell’Agenzia.

2. Il motivo è fondato.

3. Nel processo tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, stante l’effetto devolutivo pieno dell’appello volto ad ottenere il riesame della causa nel merito, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci (Cass. n. 32954 del 2018); così, si ritiene assolto l’onere d’impugnazione specifica richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, che costituisce norma speciale rispetto all’art. 342 c.p.c., nel caso in cui l’atto di gravame si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni già dedotte in primo grado (v. Cass. n. 6302 del 2022; Cass. n. 32838 del 2018; Cass. 24641 del 2018; Cass. n. 7369 del 2017, con riguardo, in particolare, alla posizione dell’Amministrazione, ma il principio non può non valere per entrambe le parti); quanto alle modalità espositive, poi, nel processo tributario, l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza (Cass. n. 30341 del 2019).

4. In questo caso, secondo quanto riportato in ricorso, l’appello, identico in tutti e tre gli atti di gravame e riprodotto per autosufficienza in ricorso, è stato svolto esplicitamente in contrapposizione alla decisione del primo Giudice: “La Commissione a tal fine ritiene pertanto che il quadro offerto dall’Ufficio sia ben strutturato…”, “Sulla base di tutte le precedenti considerazioni e’…non corretta la decisione della Commissione” (v. pag. 13 del ricorso).

5. Inoltre, non mancavano le ragioni a sostegno del gravame, tendenti a superare la contraria ricostruzione: “manca la prova di un accordo fraudolento tra la A. srl e la ricorrente, ma sono anche prive di dimostrazione probatoria le presunzioni di restituzione monetaria extracontabile alla ricorrente, di sovrafatturazione la cui misura non è provata, della consapevolezza della ricorrente di essere partecipe di un programma di comportamento volontario e fraudolento della A. srl”.

6. Del resto, la CTP aveva sostanzialmente accolto i rilievi dell’Ufficio, il quale aveva ritenuto “il costo sostenuto dall’impresa sproporzionato rispetto ai potenziali e agli effettivi benefici economici derivanti dallo stesso”, aveva reputato la documentazione prodotta “precostituita e creata ad hoc al fine di garantire una parvenza di regolarità”, “la descrizione in fattura approssimata”, “il contratto pubblicitario indeterminato oltre che non documentato”, concludendo che l’Amministrazione avesse fornito la prova richiesta, cosicché i motivi d’appello non potevano che rivolgersi contro la ricostruzione dell’Agenzia accolta dai giudici di prime cure.

7. Conclusivamente, accolto il ricorso e cassata di conseguenza la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, che, oltre a decidere sulle spese del presente giudizio di legittimità, dovrà preliminarmente procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri soci che non hanno partecipato al giudizio d’appello. Viene in evidenza, in proposito, il principio secondo cui, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.

Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. sez. un. 14815 del 2008; Cass. n. 25300 del 2014; Cass. n. 16730 del 2018; Cass. n. 27603 del 2018). 

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.