Corte di Cassazione, ordinanza n. 4720 depositata il 15 febbraio 2023

processo tributario –  difetto di specificità dei motivi del ricorso in appello

Rilevato che:

1. C.I., ricorre per cassazione, con tre motivi, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva rigettato il ricorso della medesima contribuente contro l’avviso d’accertamento sintetico n. RE901401624/2009, che, ai sensi dell’art. 38, quarto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, le attribuì, ai fini Irpef, il maggior reddito accertato sulla base della sottoscrizione del 25 per cento di un finanziamento soci in conto capitale per la C. s.r.l. (poi A.C. s.p.a.), come da verbale di assemblea del 20 dicembre 2005, con termine per versare l’ aumento di capitale entro il 26 febbraio 2006.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

Considerato che:

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 cod. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR ritenuto inammissibile l’appello della contribuente per mancanza dei «motivi specifici» e di «qualsiasi censura specifica alla sentenza, ma menzionata nel contenuto in alcun passaggio dell’atto d’impugnazione, né tale dato può essere sopperito dalle uniche enunciazioni in fatto contenute.».

Il motivo è ammissibile e fondato.

Invero dall’esposizione della censura si ricava inequivocabilmente che con essa il ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’error in procedendo commesso dal giudice a quo nella decisione resa sulla ritualità della formulazione dell’appello della medesima contribuente.

L’atto d’appello, riprodotto ( senza contestazioni ) nel ricorso per il quale si procede, contiene invero espresse censure alla sentenza di primo grado che impugna, imputandole «omessa pronuncia», «carenza di motivazione» e censurandone le conclusioni in fatto ed in diritto, contestualizzando le relative critiche con riferimento ad alcuni segmenti del thema decidendum e del decisum (in  sintesi:  la  pretesa  violazione  del  contraddittorio  procedimentale;  la sussistenza di presunzioni grave, precise e concordanti; l’asserita violazione della distribuzione dell’onere probatorio ed il contenuto esigibile della prova rimessa al contribuente; la valutazione del materiale istruttorio, integrato da nuove produzioni in appello; l’assunta insufficienza della motivazione del rigetto del ricorso introduttivo; l‘attribuzione, in fatto, della disponibilità finanziaria contestata alla contribuente, piuttosto che a fonti estranee).

Il contenuto dell’appello trova del resto conferma nella stessa sentenza ora impugnata, che, nella narrazione dei fatti di causa, descrive il contenuto dell’impugnazione, in maniera non generica, ma dettagliata tanto da evidenziare l’individuazione e la comprensione, da parte della CTR, delle varie doglianze che l’appellante aveva rassegnato nel ricorso di secondo grado.

Sulla base di tali elementi, deve quindi ritenersi che l’atto d’appello della contribuente conteneva specifici motivi di critica alla sentenza di primo grado impugnata.

Non è quindi ipotizzabile l’inammissibilità dell’appello, per la genericità dei motivi dell’impugnazione, dichiarata – sia pur impropriamente con l’utilizzo, nel dispositivo, della formula del rigetto- da parte della CTR, così come risulta dalla lettura integrata del dispositivo e della motivazione della sentenza qui impugnata.

Tale conclusione, peraltro, è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, nel processo tributario:

  • la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. cod.civ., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (Cass., 15/01/2019, n. 707);
  • e, comunque, la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci (Cass., 20/12/2018, n. 32954).

Nel caso di specie, a prescindere dalla circostanza che nell’appello non siano state trascritte singole parti della motivazione della sentenza impugnata, la lettura complessiva del gravame (comprensiva delle sue conclusioni) evidenzia come, e perché, a prescindere dalla fondatezza o meno delle tesi dell’appellante, quest’ultima abbia censurato criticamente la decisione di primo grado.

All’accoglimento del motivo segue pertanto la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., l’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973.

3. Con il terzo motivo si lamenta nuovamente, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973.

Il secondo ed il terzo motivo vanno trattati congiuntamente e sono inammissibili. Invero va premesso che la parte effettivamente motiva della sentenza d’appello impugnata si apre con la premessa ed espressa affermazione che «l’appello è inammissibile mancando i motivi specifici di cui all’art. 53 d.lgs. 546/1992; […]». Si tratta quindi di una inequivocabile ratio decidendi in rito, con la quale il giudice a quo ha consumato inevitabilmente la sua potestas decidendi, precludendo ogni successivo ulteriore esame del merito della controversia da parte sua in quella sede.

Infatti, qualora il giudice che abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della potestas iudicandi sul relativo merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che contesti le relative ulteriori argomentazioni, da considerarsi svolte ad abundantiam (Cass., 19/12/2017, n. 30393), pertanto ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione (Cass. 16/06/2020, n. 11675;  Cass., Sez. U ., 01/02/2021,  n. 2155;  Cass. 19/09/2022, n. 27388).

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso e, dichiarati inammissibili il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.