CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 22752 depositata il 27 luglio 2023
Erroneo inquadramento – Differenze retributive – Progressione in carriera – Pubblico impiego privatizzato – Passaggio diretto – Strumento attuativo del trasferimento del personale da un’Amministrazione ad un’altra – Trattamento giuridico ed economico da applicare ai dipendenti trasferiti – Disciplina legale e contrattuale propria del comparto dell’Amministrazione cessionaria – Inamissibilità
Rilevato che
1. il Tribunale di Brindisi respingeva il ricorso con cui M.L. contestava che, nel passaggio ‒ avvenuto il 3 aprile 2006 ‒ dalla sua amministrazione di provenienza (i.e., Comune di San Pietro Vernotico, presso cui era inquadrata nella categoria D3, posizione economica D5) a quella di destinazione (Agenzia delle dogane, presso cui era stata inquadrata nella posizione economica F3 anziché in quella F5), le era stato operato un erroneo inquadramento;
2. la Corte d’appello di Lecce accoglieva l’appello della M.L. e per l’effetto dichiarava il diritto della stessa ad essere inquadrata dal 3 aprile 2006 nella posizione economica F5 e condannava l’Agenzia appellata al pagamento, in favore della M.L. stessa, delle differenze retributive, affermando che il passaggio da una posizione economica a un’altra rientra nella progressione in carriera considerata dall’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001;
3. l’Agenzia delle dogane proponeva ricorso per cassazione affidato a un solo motivo cui la M.L. si opponeva con controricorso e in prossimità dell’udienza depositava memoria illustrativa.
Considerato che
1. con il suo motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle dogane denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 2 bis del d.lgs. n. 165 del 2001 (secondo cui, in caso di trasferimento, il dipendente rimane nella posizione economica corrispondente a quella posseduta presso l’amministrazione di provenienza) e dell’art. 4 del d.P.C.m. 26.6.2015 (a suo dire non applicabile alla procedura di mobilità in esame in quanto operante solo per le procedure di mobilità avviate successivamente all’anno della sua entrata in vigore, mentre il trasferimento all’Agenzia delle dogane era qui intervenuto nel 2006); secondo l’Agenzia delle Dogane, la sentenza impugnata aveva erroneamente ritenuto, nella specie, che la M.L. dalla posizione economica D5 presso l’ente di provenienza dovesse automaticamente passare a quella F5 presso l’Agenzia delle dogane;
2. il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ., avendo il provvedimento impugnato deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, i cui approdi non sono scalfiti dalle doglianze enunciate dall’Agenzia;
infatti, questa Corte, esaminando fattispecie analoghe (cfr., fra le decisioni più recenti, Cass. n. 29955/2022, Cass. n. 32498/2021, Cass. n. 6220/2021), ha respinto i ricorsi dell’Agenzia delle Dogane, osservando, in sintesi, che l’espressione di carattere atecnico “passaggio diretto”, contenuta nell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, non qualifica un particolare tipo contrattuale civilistico, ma solamente, nel settore del pubblico impiego privatizzato, uno strumento attuativo del trasferimento del personale, da un’Amministrazione ad un’altra, trasferimento caratterizzato da una modificazione meramente soggettiva del rapporto e condizionato da vincoli precisi concernenti la conservazione dell’anzianità, della qualifica e del trattamento economico, che è inquadrabile nella fattispecie della cessione di contratto disciplinata dagli artt. 1406 ss. cod. civ., visto che comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario di diritti ed obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali;
l’individuazione del trattamento giuridico ed economico da applicare ai dipendenti trasferiti – si è ancora aggiunto – deve essere effettuata, sulla base dell’inquadramento presso l’ente di provenienza, nell’ambito della disciplina legale e contrattuale propria del comparto dell’Amministrazione cessionaria, ed a tal fine occorre tener conto anche delle posizioni economiche differenziate, attraverso le quali si realizza, sia pure all’interno dell’area, una progressione di carriera;
del resto, la richiamata disposizione muove anche dalla concreta esigenza di evitare che l’istituto della mobilità tra enti pubblici diversi possa dare luogo a processi di dequalificazione “strisciante” del personale trasferito, atteso che la stessa attribuzione della posizione retributiva, lungi dall’esprimere soltanto un valore economico, è direttamente funzionale alla progressione di carriera e propedeutica ai successivi passaggi di Area;
3. il principio affermato trova conferma, quanto alla rilevanza delle posizioni economiche, nel d.P.C.m. 26 giugno 2015, con il quale è stata data attuazione al d.lgs. n. 165 del 2001, art. 29 bis, decreto che, sebbene non applicabile alla fattispecie ratione temporis, ha individuato le corrispondenze, ai fini della mobilità intercompartimentale, valorizzando non i soli livelli iniziali di inquadramento ma anche i successivi sviluppi di carriera (v. Cass. n. 7652/2019; Cass. n. 11550 e n. 11551/2021).
4. conclusivamente il ricorso deve essere respinto; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo; non sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato atteso che l’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 non è applicabile nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito sono istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
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