CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 25963 depositata il 6 settembre 2023

Lavoro – Contributi assicurativi – Premi – Part Time – Lavoro a chiamata – Libro unico del lavoro – Prospetti paga – Minimale contributivo 

Rilevato che

Con sentenza n. 919 del 2016, la Corte d’appello di Firenze ha accolto l’impugnazione proposta dall’INPS avverso la sentenza di primo grado di accoglimento delle opposizioni proposte separatamente e poi riunite da N.P., quale legale rapp.te e socia accomandataria della s.a.s. P.C., avverso il verbale di accertamento unico, il verbale congiunto ed il certificato di variazione INAIL, nonché avverso l’avviso di addebito successivamente notificato, con i quali era stato ingiunto il pagamento di differenze su contributi assicurativi e premi in relazione ai rapporti di lavoro part time, come tali a suo tempo denunciati dalla stessa datrice di lavoro, relativi a quattro dipendenti, in luogo di asserito espletamento di lavoro a chiamata o intermittente, e l’infedele registrazione nel libro unico del lavoro e nei prospetti paga delle ore di lavoro dai medesimi effettivamente svolte, con ricalcolo dell’obbligo in considerazione della retribuzione minima giornaliera;

la Corte territoriale, respinti i profili relativi agli effetti dell’avvenuta cancellazione della società di persone e ribadito che la pendenza dell’impugnazione dell’accertamento al momento della notifica dell’avviso di addebito non precludeva lo svolgimento dell’accertamento sul merito della pretesa in sede di opposizione ex art. 24 d.lgs. n. 46 del 1999, ha ribadito il principio secondo il quale l’obbligazione ex lege derivante dalla previsione dell’art. 1 legge n. 389 del 1989 e dalla formale stipula di contratti part time, determinava l’attribuzione a carico della parte debitrice, che invocava un regime di favore previsto per i contratti a chiamata, dell’onere della prova dei fatti costitutivi di tale regime;

nel caso, l’istruttoria espletata aveva invece dimostrato l’inverosimiglianza di tale tesi ed al contrario andava affermata l’effettiva natura di rapporti di lavoro a tempo parziale, ricorrendo in fatto i relativi elementi costitutivi;

avverso tale sentenza ricorre per cassazione N.P. nella qualità sopra spiegata, sulla base di quattro motivi e successiva memoria;

resistono con controricorso INPS ed INAIL;

il Collegio ha riservato il deposito della motivazione della presente ordinanza nel termine di giorni sessanta.

Considerato che

Con il primo motivo di ricorso, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 Codice civile in quanto si ritiene che la Corte d’appello abbia concluso in modo opposto rispetto al tribunale sul presupposto erroneo che sarebbe stato onere della opponente fornire una dimostrazione completa e coerente dello svolgimento di fatto di effettivi contratti di lavoro intermittente, seppure non formalizzati;

ritiene la ricorrente, invece, che nel giudizio di opposizione gravi sull’ente previdenziale, quale attore in senso sostanziale, l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa azionata;

la diversa impostazione adottata dalla Corte d’appello sarebbe quindi erronea, posto che la P. non aveva invocato alcuna tipologia di beneficio o esonero dalla contribuzione dovuta per i dipendenti ma aveva semplicemente dedotto che i contributi erano stati regolarmente versati in relazione alla tipologia di rapporto di lavoro, cioè quella intermittente, effettivamente intercorsa fra l’azienda ed i lavoratori, per cui non avrebbe potuto la Corte attribuire rilevanza alla carenza documentale della modifica dell’iniziale accordo formale che le parti avevano raggiunto, mentre si sarebbe dovuta ricostruire l’effettiva comune intenzione delle parti ed il concreto regolare svolgimento del rapporto;

con il secondo motivo di ricorso, si denuncia la falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 389 del 1989 e la violazione degli artt. 12 legge n. 153 del 1969 e 33 e seguenti del decreto legislativo n. 276 del 2003, in quanto, fermo restando quanto espresso in illustrazione del primo motivo, sarebbe stato violato il complesso normativo citato proprio perché si erano qualificati come rapporti di lavoro part-time quelli che invece erano rapporti di lavoro intermittente ai sensi del decreto legislativo n. 276 del 2003;

con il terzo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 436 c.p.c., in ragione del fatto che la Corte territoriale aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione, sollevata dalla difesa della ricorrente, di inammissibilità dell’appello incidentale ad adiuvandum proposto dall’Inail addirittura condannando la signora P. a rifondere anche all’istituto già menzionato le spese di lite di entrambi i gradi del giudizio;

con il quarto motivo, si denuncia la violazione dell’articolo 91 del c.p.c. in quanto la sentenza impugnata aveva disposto la condanna a rifondere all’Inail le spese di giudizio sia di primo che di secondo grado mentre la signora P. non poteva essere ritenuta soccombente rispetto alle domande proposte nei confronti dell’Inail, essendo risultata vittoriosa anche all’esito dell’appello con riferimento alla domanda formulata dall’Inail avente ad oggetto l’annullamento del certificato di variazione numero 28218862;

infatti, la sentenza del Tribunale di Grosseto, che aveva dichiarato non dovuta la somma di cui al già menzionato certificato di variazione, non era stata impugnata dall’Inail e quindi questo capo era passato in giudicato;

i primi due motivi, connessi e quindi da trattare congiuntamente, sono infondati là dove aggrediscono la regola di riparto dell’onere probatorio adottata dalla sentenza impugnata; in vero è innegabile che sia la ricorrente ad eccepire che la qualificazione del rapporto di lavoro non sia quella dalla stessa denunciata all’INPS ma quella derivante dalla novazione asseritamente intervenuta in concreto;

trattandosi di fatti modificativi che tendono a paralizzare la pretesa degli istituti devono essere provati da chi li eccepisce;

infatti, la regola del cd. minimale contributivo, che deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell’obbligazione retributiva, opera anche con riferimento all’orario di lavoro, che va parametrato a quello previsto dalla contrattazione collettiva, o dal contratto individuale, e superiore; ne deriva che la contribuzione è dovuta anche in caso di assenze o di sospensione concordata della prestazione che non trovino giustificazione nella legge o nel contratto collettivo, bensì in un accordo tra le parti che derivi da una libera scelta del datore di lavoro ( vd. Cass. nn. 15120 del 2019; 16859 del 2020; 23360 del 2021);

peraltro, la Corte ha comunque effettuato una valutazione in fatto, con analitica disamina degli elementi probatori acquisiti, che non può formare oggetto di giudizio in sede di legittimità al di fuori dei ristretti limiti indicati dall’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. SS.UU. n. 8053 del 2014 e succ.), posto che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario;

sono invece fondati il terzo ed il quarto motivo di ricorso, pure connessi e da trattare congiuntamente, giacché l’INAIL, parte soccombente in primo grado, avrebbe dovuto impugnare tempestivamente la sentenza di primo grado non potendo rimediare a ciò mediante la tardiva proposizione dell’appello incidentale adesivo, per cui in effetti l’appellante principale non era soccombente nei confronti dell’INAIL e non poteva essere condannata alle spese in favore dell’Istituto;

questa Corte di legittimità (vd. Cass n. 18957 del 08/08/2013) ha infatti precisato che l’appello incidentale adesivo, che si connota per l’adesione alle censure già dispiegate dall’appellante principale, a differenza dell’appello “per relationem” (il quale, invece, non esplicita le doglianze e fa rinvio a quelle esposte in primo grado), non pone problemi di specificità dei motivi, ma soltanto di tempestività o di tardività, agli effetti dell’art. 334 cod. proc. civ.;

dunque, nel caso di specie, trattandosi di impugnazione tardiva, non poteva in alcun modo considerarsi fondato l’appello incidentale adesivo proposto dall’INAIL, né vittorioso il medesimo Istituto;

in definitiva, accolti il terzo ed il quarto motivo e rigettati i restanti, la sentenza impugnata va cassata in parte qua e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, affinché regoli le spese dei gradi di merito tenendo conto dell’enunciato principio in tema di appello incidentale condizionato, oltre quelle del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta i rimanenti, cassa quanto ai motivi accolti la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.