Corte di Cassazione, ordinanza n. 26483 depositata il 13 settembre 2023

accertamento – Costi – doppia conforme

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 914/24/17 del 06/04/2017 la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da M.M., T.C.G. e M.F., quali soci di Club Tre s.r.l., cancellata dal registro delle imprese (di seguito soci), avverso la sentenza n. 78/01/13 della Commissione tributaria provinciale di Lucca (di seguito CTP), la quale aveva respinto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso due avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008.

1.1 Come si evince dalla sentenza impugnata e dalle difese delle parti, l’avviso di accertamento riguardava la deducibilità di alcuni costi con conseguente rideterminazione del reddito.

1.2 La CTR rigettava l’appello dei soci affermando che: a) la sentenza impugnata si sottraeva alla censura di nullità in quanto, nonostante detta sentenza fosse erroneamente intestata alla società estinta e ricorrenti risultassero unicamente i liquidatori di quest’ultima, dal complessivo tenore del provvedimento emergeva con chiarezza che la decisione fosse rivolta nei confronti dei sig.ri M.M., T.C.G. e M.F. nella qualità di soci; b) non era provata l’inerenza dei costi per provvigioni erogati all’intermediario Castiello, sicché detti costi non potevano essere riconosciuti.

2. Avverso la sentenza della CTR i soci proponevano ricorso per cassazione affidato a due motivi.

3. AE resisteva con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso i soci deducono violazione e falsa applicazione degli 132, n. 2, 156, secondo comma, 161 e 287 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, erroneamente emessa nei confronti della società estinta.

1.1 Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

1.2 Sotto il primo profilo, va evidenziato che i ricorrenti si dolgono della mancata declaratoria di nullità della sentenza di primo grado, ma non ne trascrivono il contenuto nelle sue parti essenziali, non allegano al ricorso il relativo documento e non forniscono la specifica segnalazione della presenza di quest’ultimo negli atti del giudizio di merito, sicché il motivo è palesemente privo della necessaria autosufficienza (Cass. S.U. n. 8950 del 18/03/2022; Cass. n. 12481 del 19/04/2022).

1.3 Peraltro, il motivo è anche infondato in quanto costituisce compito precipuo del giudice di appello l’interpretazione della sentenza di primo grado e, nel caso di specie, la CTR ha fornito un’interpretazione logica della sentenza della CT, anche in ragione del fatto che il giudizio è stato riassunto nei confronti dei soci a seguito dell’estinzione della società.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. omesso esame di un fatto decisivo e controverso, costituito dal mancato esame della documentazione prodotta e concernente la deducibilità dei costi sostenuti con riferimento all’intermediario Castiello.

2.1 Il motivo è inammissibile in ragione dell’esistenza di una doppia decisione conforme di merito.

2.2 Invero, «le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 348-ter cod. proc. civ., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che l’art. 54, comma 3-bis, del d.l. n. 83 del 2012, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito» (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014).

2.2.1 Tali disposizioni si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione successivamente all’11 settembre 2012 (Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 24909 del 09/12/2015; Cass. n. 11439 del 11/05/2018) e, dunque, anche al presente giudizio, introdotto con appello depositato il 30/01/2014, come si evince dalla sentenza impugnata.

2.2.2 Infine, va detto che la previsione dell’art. 348 ter proc. civ., più sopra richiamato e applicabile al presente giudizio ratione temporis, è oggi trasfusa in termini sostanzialmente equivalenti nell’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ.

2.3 È vero che la parte ricorrente denuncia l’omesso esame di una serie di fatti rilevanti e che, nel caso di omessa considerazione dei fatti, non opera il principio sotteso all’art. 348 ter proc. civ. (Cass. n. 29222 del 12/11/2019).

2.3.1 Tuttavia, il fatto decisivo che deve essere omesso per integrare la violazione dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ. è quello che costituisce l’oggetto di prova nel giudizio di merito e, nel caso di specie, le circostanze rilevanti ai fini della decisione (inerenza dei costi sostenuti in favore dell’intermediario) sono state esaminate dal giudice di appello.

2.3.2 Non sussistono, pertanto, fatti omessi che rendano inapplicabile la disciplina di cui all’art. 348 ter proc. civ., atteso che i fatti dedotti dal contribuente ineriscono alla valutazione compiuta dalla CTR.

4.4. Del resto, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).

5. In conclusione, il ricorso va rigettato e i ricorrenti vanno condannati al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore della lite dichiarato compreso tra euro 000,01 e 260.000,00.

5.1 Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 5.600,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.