Corte di Cassazione ordinanza n. 21169 deposita il 5 luglio 2022
revocazione ordinaria – revocazione della sentenza – rapporto di pregiudizialità logica – sospensione del giudizio
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 46/05/12 depositata in data 4 giugno 2012 la Commissione tributaria regionale del Veneto, previa riunione, ha rigettato i distinti appelli della società RI.BA. S.r.l. e accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, proposti avverso le sentenze nn. 23, 24 e 25/02/11 della Commissione tributaria provinciale di Belluno la quale aveva parzialmente accolto i ricorsi della contribuente, riducendo del 40% l’ammontare portato dagli avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2004-6 emessi a titolo di maggiori IRES, IRAP e IVA. Per effetto della sentenza d’appello venivano così rigettati i ricorsi introduttivi della società e confermate le riprese nei suoi confronti.
2. Avverso tale decisione la contribuente ha proposto un primo ricorso per cassazione, iscritto all’r.g. 23986/2012, affidato a dieci motivi, cui ha resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
3. Successivamente all’incardinamento di tale processo per Cassazione, la società ha proposto ricorso avanti alla CTR, diretto ad ottenere la revocazione della citata sentenza di appello n. 46/05/12.
4. A sostegno dell’impugnazione ex artt.395 comma 1 n.3 cod. proc. civ. e 64 del d.lgs. n.546 del 1992, la contribuente ha reso noto avanti al giudice di secondo grado di aver scoperto, reperito e conosciuto nelle date del 10 maggio e 7 giugno 2013, dopo la scadenza del termine per proporre ricorso per cassazione della sentenza revocanda, nuovi documenti conservati presso la Guardia di Finanza di Foggia e da questa tenuti celati, contenenti elementi probatori decisivi a sé favorevoli. La CTR, con sentenza n.481/30/2014, depositata il 18 marzo 2014, ha dichiarato inammissibile il ricorso.
5. In particolare, la CTR ha ritenuto che il fatto stesso che fosse già stato presentato ricorso per Cassazione rendesse inammissibile l’impugnazione, involgente accertamenti di fatto presupponenti acquisizioni probatorie di testimonianze, non ammissibili nel processo tributario, tenuto conto della circostanza che l’errore di fatto che avrebbe potuto permettere la revocazione “ordinaria” (così indicata in sentenza) ex art. 395 cod. proc. civ. consisteva non in una inesatta valutazione delle prove, ma in un vizio da censurare in sede di legittimità.
6. Contro questa decisione la società ha proposto un secondo ricorso per Cassazione, iscritto all’r.g. n.26105/2014, affidato a cinque motivi, cui ha replicato l’Agenza delle Entrate con controricorso.
La Corte ha riunito i processi e dimesso la complessiva controversia alla pubblica udienza ex art.380 bis u.c. cod. proc. civ. in quanto la fattispecie presenta questioni di rilevanza nomofilattica. La società ha depositato memorie illustrative in entrambi i ricorsi.
Ragioni della decisione
7. Va premesso che, in ragione del rapporto di pregiudizialità esistente tra il ricorso n. r.g. 26105/14, con cui si chiede la cassazione della decisione che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione per revocazione straordinaria della medesima sentenza impugnata con il ricorso per cassazione di cui al r.g. 23986/12, correttamente all’udienza del 27 novembre 2020 è stata disposta la riunione dei due ricorsi ex art.274 cod. proc. civ., disposizione applicabile anche al processo di legittimità (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 22631 del 31/10/2011, Rv. 620433-01), decisione che va ribadita anche alla presente udienza pubblica.
8. Dev’essere quindi esaminato preliminarmente il secondo dei menzionati ricorsi, iscritto al n. g. 26105/14, in quanto su di un piano logico processuale l’eventuale accoglimento dello stesso inciderebbe sul primo il quale ha ad oggetto la medesima sentenza che il giudice d’appello era chiamato a revocare.
Con il primo motivo viene dedotta – ex art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. – la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art.111 Cast., 101 comma 2 cod. proc. civ., intro dotto dalla l.n.69 del 2009 applicabile anche al processo tributario ex art.1 comma 2 del d.lgs. n.546 del 1992, per aver la CTR d’ufficio introdotto il motivo di inammissibilità consistente nell’essere già stato proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza revocanda, senza assegnare alle parti un termine per il deposito di memorie per osservazioni.
Con il secondo motivo – ai fini dell’art.360 primo comma nn. 1 e 4 cod. proc. civ. – si prospetta la nullità della sentenza per difetto di giurisdizione e carenza di potere ad esaminare il merito in capo al giudice che abbia pregiudizialmente ritenuto inammissibile la domanda.
9. I motivi, connessi, sono Premesso che il fatto della previa proposizione del ricorso per Cassazione da parte della contribuente n. r.g. 23986/12 era stato già introdotto nel processo di appello, in quanto all’allegato n.2 della memoria ex at.32 del d.lgs. n.546 del 1992 depositata in quest’ultimo processo l’Agenzia delle Entrate aveva pacificamente prodotto la copia del ricorso, va in ogni caso rammentato che:
«Nel caso in cui il giudice esamini d’ufficio una questione di puro diritto, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione ( c.d. terza via), non sussiste la nullità della sentenza, in quanto (indiscussa la violazione deontologica da parte del giudicante) da tale omissione non deriva la consumazione di altro vizio processuale diverso dall”‘error iuris in iudicando” ovvero dall”‘error in iudicando de iure procedendi”, la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore sia in concreto consumato: qualora invece si tratti di questioni di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, la parte soccombente può dolersi della decisione, sostenendo che la violazione di quel dovere di indicazione ha vulnerato la facoltà di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini, con la conseguenza che, ove si tratti di sentenza di primo grado appellabile, potrà proporsi specifico motivo di appello solo al fine di rimuovere alcune preclusioni (specie in materia di contro-eccezione o di prove non indispensabili), senza necessità di giungere alla più radicale soluzione della rimessione in primo grado, salva la prova, in casi ben specifici e determinati che sia stato realmente ed irrimediabilmente vulnerato lo stesso valore del contraddittorio.» (Cass. Sez. U, Sentenza n. 20935 del 30/09/2009, Rv. 610517 – 01)
10. Nel caso di specie, anche a dare per acquisito – cosa che non è ed anzi la circostanza è smentita da quanto sopra considerato – il fatto che il giudice d’appello abbia d’ufficio esaminato la questione oggetto delle censure in disamina, per effetto del mancato contraddittorio scritto sulla circostanza della previa impugnazione della sentenza revocanda da parte della contribuente attraverso ricorso per Cassazione, si discuterebbe dì un “error in iudicando de iure procedendi”, la cui utile denuncia in sede di legittimità consentirebbe la cassazione della sentenza solo se tale errore si fosse in concreto consumato con lesione effettiva del diritto di difesa.
Al contrario, la società non ha in alcun modo sostanziato quale sarebbe stato il suo pregiudizio effettivo, tenuto oltretutto conto che lei stessa ha proposto tempestivamente prima il ricorso per Cassazione e poi anche quello per revocazione avanti la CTR nei confronti della medesima sentenza d’appello, e ha dunque esercitato compiutamente il proprio diritto di difesa nel processo. Pertanto, i due motivi in esame sono radicalmente infondati, ben potendo del resto il giudice d’appello esprimere un’unitaria complessiva ratio decidendi sulla questione del rapporto tra ricorso per Cassazione e quello per revocazione avanti a lui radicato, rafforzando la motivazione e così consentendo un maggiore controllo dell’iter logico seguito dal giudice nel decidere, a tutela della difesa.
11. Con il terzo motivo- ex art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – viene lamentata la violazione e falsa applicazione degli artt.64 comma primo del d.lgs. n.546 del 1992, 398 comma 4 cod. proc. civ. richia mato dall’art.! comma 2 del d.lgs. n.546 del 1992 per aver la CTR travisato la lettera dell’art.64 citato come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, avendo mancato di riconoscere che la scoperta di documenti nuovi e decisivi, in pendenza di giudizio di Cassazione già introdotto, consente solo un’impugnazione per ottenere la revocazione straordinaria della sentenza.
Con il quarto motivo – agli effetti dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – viene prospettata la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 4 del d.lgs. n.546 del 1992 perché il ricorso per revocazione non presuppone acquisizioni probatorie testimoniali inammissibili nel processo tributario, essendo stati addotti verbali di testimonianze raccolte dalla Guardia di Finanza.
Con il quinto motivo – in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.64 del d.lgs. n.546 del 1992 e 395 n.3 cod. proc. civ., oltre all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per aver la CTR erroneamente fatto riferimento nella sua concisa motivazione alla revocazione ordinaria, travisando la chiara natura di revocazione straordinaria dell’impugnativa oggetto di giudizio.
12. I motivi suddetti possono essere esaminati congiuntamente in quanto diretti a colpire l’unitaria ratio decidendi espressa dalla CTR nel ritenere inammissibile il ricorso per revocazione in presenza di previo ricorso per Cassazione già proposto contro la sentenza revocanda qualificando erroneamente il contenuto del giudizio a lei demandato, e sono fondati nei termini che seguono.
La Corte osserva che la questione in diritto, sotto l’angolo del ricorso proposto avverso la dichiarazione di inammissibilità della revocazione da parte del giudice d’appello, consiste nello stabilire se risultino ammissibili i ricorsi per revocazione, proposti fino al 31 dicembre 2015, avverso sentenze tributarie d’appello con riferimento alle quali era stato già proposto ricorso per cassazione o era ancora pendente il ter mine per proporlo.
13. Al proposito, è utile alla decisione una ricognizione del quadro normativo e giurisprudenziale rilevante.
Nel diritto tributario la materia della revocazione è disciplinata essenzialmente dal d.lgs. 31.12.1992, n. 546, il quale all’art. 64, rubricato “Sentenze revocabili e motivi di revocazione” nel testo anteriore alla novella introdotta dall’art. 9, comma 1, lett. cc), d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016, prevede:
«1. Contro le sentenze delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocazione ai sensi dell’art. 395 del codice di procedura civile.
2. Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 del codice di procedura civile purché la scoperta del dolo o della falsità dichiarata o il recupero del documento o il passaggio in giudicato della sentenza di cui al numero 6 dell’art. 395 del codice di procedura civile siano posteriori alla scadenza del termine suddetto.
3. Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il termine per l’appello il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i sessanta giorni da esso».
La disciplina della revocazione dettata dal codice di rito prevede invece, per i “Casi di revocazione” all’art. 395 cod. proc. civ., che:
«Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione:
- se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra;
- se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava es sere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza;
- se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario;
- se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fon data sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;
- se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;
- se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato».
Inoltre, la revocazione straordinaria di cui all’art. 396 cod. proc. civ., rubricata “Revocazione delle sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello”, al suo primo comma, recita:
«Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6 dell’arti colo precedente, purché la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza di cui al n. 6 siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto.».
14. E’ anche opportuno rammentare che la disciplina dettata al primo comma dell’art. 326 del codice civile di rito ordinario in materia di termini di impugnazione, nella parte in cui, dopo aver precisato che tali termini decorrono di regola dalla notificazione della sentenza, si applica anche alle ipotesi di revocazione ordinaria di cui all’art. 395, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., e ha cura di precisare che fanno eccezione <<i casi previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 (…) riguardo ai quali il termine decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al numero 6 dell’art. 395, o il pubblico ministero ha avuto conoscenza della sentenza».
Coerentemente, ai fini della “Proposizione della domanda” davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, l’atto ex art.398 secondo comma cod. proc. civ. «Deve indicare, a pena di inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove relative alla dimostra zione dei fatti di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell’articolo 395, del giorno della scoperta o dell’accertamento del dolo o della falsità o del recupero dei documenti.».
Molto importante ai fini del rapporto tra giudizio di revocazione avanti al giudice del merito e processo di Cassazione, perché afferma il principio della tendenziale non interferenza tra il primo e il secondo, è il comma quarto prima parte dell’art.398 cit. a norma del quale: <<La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo.».
L’economia di mezzi processuali nondimeno è perseguita dalla seconda parte della previsione normativa da ultimo citata, nei seguenti termini:
«Tuttavia il giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può sospendere l’uno o l’altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta.».
Da ultimo, la disciplina della revocazione nel processo tributario di cui al primo comma dell’art. 64 del d.lgs. n. 546 del 1992 del quale si è dato conto, è stata sostituita dall’art. 9 comma 1 lett. cc) del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016, per effetto dell’art. 12 comma 1 del citato d.lgs. n. 156 del 2015 e, dalla data indicata, prevede ora:
«1. Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado dalle commissioni tributarie possono essere impugnate ai sensi dell’articolo 395 del codice di procedura civile».
15. Alla luce del composito contesto normativo sopra inquadrato va governata la vicenda processuale sottoposta all’esame della Suprema Corte, la quale consiste, nella fattispecie concreta, nel fatto che, avverso la decisione assunta in grado di appello dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, la RI.BA. S.r.l. ha proposto prima ricorso per Cassazione e, poi, ha altresì avanzato, successivamente alla notifica del ricorso per Cassazione, impugnazione per revocazione straordinaria della predetta sentenza.
A sostegno dell’impugnazione ex artt. 395, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. e 64 d.lgs. n. 546 del 1992, la società ha dedotto davanti al giudice d’appello di aver scoperto, dopo la scadenza del termine per proporre ricorso per Cassazione della sentenza revocanda nuovi documenti, tenuti celati dalla Guardia di Finanza territorialmente competente, contenenti rilevanti elementi probatori favorevoli alla società. In relazione al ricorso per revocazione, quindi, la CTR richiamando un precedente di questa Corte, ha interpretato la disposizione di cui all’art. 64 del d.lgs. n. 546 del 1992, nella formula vigente ratione temporis, nel senso che sussiste una preclusione alla proponibilità della revocazione allorquando, come avvenuto nel caso de quo, sia già stato avanzato ricorso per cassazione.
L’interpretazione fatta propria dal giudice dell’appello non risulta però uniforme nella giurisprudenza di legittimità, ed anzi vi è un evidente contrasto nelle pronunce delle Sezioni Quinta e Sesta-Quinta della Su prema Corte, circa l’interpretazione della formula dell’art. 64, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, che richiede un intervento nomofilattico. In particolare, la difforme interpretazione investe il significato da attribuire alla prima parte della norma la quale, nel testo anteriore 1° gennaio 2016 dispone – come sopra visto – che «Contro le sentenze delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocazione ai sensi dell’art. 395 del codice di procedura civile».
16. Un primo indirizzo giurisprudenziale afferma il principio secondo il quale in tema di contenzioso tributario, l’art. 64, comma 1, del lgs. n. 546 del 1992, nel testo applicabile ratione temporis, «nella parte in cui subordina l’ammissibilità della revocazione ordinaria alla non ulteriore impugnabilità della sentenza sul punto dell’accertamento in fatto, non si riferisce all’inoppugnabilità derivante dalla scadenza dei termini per l’impugnazione, ma a quella derivante dalle preclusioni relative all’oggetto del giudizio, ovverosia, per le sentenze di secondo grado, all’impossibilità di contestare l’accertamento in fatto in sede di legittimità; ne consegue l’ammissibilità della revocazione ordinaria avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale inoppugnabile sotto il profilo dell’accertamento in fatto, ancorché non sia scaduto il termine per la proposizione del ricorso per cassazione» (Cass. Sez. VI S, 26.9.2017, n. 22385, Rv. 645999 – 01).
In base a questa interpretazione, l’impugnazione per revocazione, in relazione ai casi previsti dai nn. 4) e 5) dell’art. 395 cod. proc. civ., avrebbe potuto essere proposta, già prima dell’entrata in vigore dell’art. 9, comma 1, lett. cc) del d.lgs. n. 156 del 2015, avverso le sentenze d’appello delle Commissioni Tributarie Regionali, anche se nei confronti delle stesse fosse stato già proposto ricorso per cassazione o pendesse il termine per proporlo, visto che nel giudizio di Cassazione non sono ammessi nuovi accertamenti di fatto, né possono essere proposti motivi che domandano una rivalutazione del giudizio sul fatto compiuto dal giudice d’appello. In sostanza, secondo questo primo orientamento, la disciplina della proponibilità della revocazione ordinaria sarebbe analoga a quella prevista dal rito ordinario anche nel vigore del vecchio testo dell’art. 64, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992.
17. Un secondo orientamento afferma invece che «Nel processo tributario, i ricorsi per revocazione proposti ai sensi dell’art. 64, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 (nella formulazione, applicabile ratione temporis, anteriore all’entrata in vigore dell’art. 9, comma 1, cc), del d.lgs. n. 156 del 2015), sono ammissibili solo nei confronti di sentenze che, involgendo accertamenti di fatto, non siano ulteriormente impugnabili sul punto controverso o non siano state impugnate nei termini con i mezzi ordinari di gravame, tra i quali rientra il ricorso per cassa zione» (Cass. Sez. V, 23.5.2018, n. 12784, Rv. 648664 – 01).
In base a questo diverso indirizzo giurisprudenziale, pertanto la proposizione dei motivi di revocazione ordinaria di cui ai nn. 4) e 5) dell’art. 395 cod. proc. civ., avverso le sentenze d’appello pronunciate dalle Commissioni Tributarie Regionali, anteriormente al 1° gennaio 2016 sarebbe stata ammissibile solo se dette sentenze non fossero state già impugnate con ricorso per Cassazione o se, con riferimento ad esse, non fossero ancora pendenti i termini per esperire il ricorso per Cassazione. Quest’ultima interpretazione troverebbe la sua ratio essenzialmente in un intento deflattivo del contenzioso tributario che renderebbe preferibile una razionalizzazione delle risorse disponibili attraverso l’automatica alternatività delle impugnazioni piuttosto che mediante la sospensione su istanza di parte ex art.398 quarto comma cod. proc. civ..
18. L’ordinanza n. 12784 del 2018, pronunciata dalla Quinta Sezione della Corte di legittimità, ha così attribuito una valenza innovativa, e non meramente interpretativa, alla modifica dell’art. 64, comma 1, del d.lgs. 546 del 1992, recata dall’art. 9, comma 1, lett. cc), del d.lgs. n. 156 del 2015, con la conseguenza che la possibilità di impugnare per revocazione ordinaria anche le sentenze tributarie di appello già oggetto di ricorso per Cassazione, o ancora impugnabili per Cassazione, sarebbe riconosciuta solo al rimedio della revocazione ordinaria proposto a partire dal 1° gennaio 2016.
Seguendo questo secondo indirizzo interpretativo, la revocazione ordinaria avverso le pronunce delle Commissioni Tributarie – in base alla formula originaria dell’art. 64 del d.lgs. n. 546 del 1992 – sarebbe ammissibile solo ove sulle stesse abbia avuto a formarsi il giudicato. Questa è l’interpretazione fatta propria nella fattispecie dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto con la sentenza n.481/30/2014, impu gnata mediante il ricorso per Cassazione iscritto all’r.g. n.26105/2014.
19. A conferma del contrasto presente all’interno della giurisprudenza delle Sezioni Quinta e Sesta-Quinta della Corte possono menzionarsi ulteriori pronunce, espressione dei due diversi orientamenti di cui si è dato conto. Aderiscono al primo orientamento, il quale afferma l’ammissibilità della revocazione ordinaria avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale inoppugnabile sotto il profilo dell’accertamento in fatto, ancorché non sia scaduto il termine per la proposizione del ricorso per Cassazione, o lo stesso sia stato proposto, Cass. Sez. VI-V, Ordinanza 22385 del 26/09/2017 (Rv. 645999 – 01) e Cass. Sez. V, Sentenza n. 19522 del 16/07/2008 (Rv. 604179 – 01). Al contrario, aderiscono al secondo indirizzo, e ritengono così che la revocazione ordinaria, in base al testo dell’art. 64 del d.lgs. n. 546 del 1992, successivamente riformulato, sia ammissibile solo nei confronti di sentenze che, involgendo accertamenti di fatto, non siano ulteriormente impugnabili sul punto controverso o non siano state impugnate nei termini con i mezzi ordinari di gravame, tra i quali rientra il ricorso per Cassazione,Cass. Sez. V, Ordinanza n. 12784 del 23/05/2018 (Rv. 648664 – 01); Cass. Sez. VI-V, Ordinanza n. 13026 del 24.7.2012; Cass. Sez. V, Sentenza n. 5827 del 11/03/2011 (Rv. 617107 – 01) e Cass. Sez. V, Sentenza n. 11596 del 18/05/2007 (Rv. 598635 – 01).
20. In disparte dal fatto che la prevalenza numerica è propria del secondo orientamento nella giurisprudenza della Suprema Corte, il Collegio ritiene che siffatta interpretazione non meriti continuità, per le ragioni che seguono.
Un primo argomento da considerare è l’analisi sul piano sistematico, quanto al rapporto tra processo civile ordinario e processo tributario. La previsione di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992, al comma 2 detta: «I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile.». Tale disposizione sancisce la specialità del rito tributario, ed anche l’art. 64 del d.lgs. n. 546 del 1992 può essere considerata in linea di principio una norma speciale, potenzialmente idonea a prevalere sulla disciplina generale del codice di rito ordinario, come ad esempio affermato da Cass. Sez. VI-V, Ordinanza n. 13026 del 24.7.2012 la quale in parte motiva afferma che la proposta inter pretazione dell’art. 64 del d.lgs. n. 546 del 1992, deve tener conto del fatto che «si tratta, a ben vedere, di norma speciale del procedimento tributario rispetto alla disciplina processual-civilistica ordinaria».
Poiché il primo orientamento ricordato finisce sostanzialmente per equiparare la disciplina della revocazione prevista nel processo tributario con la disciplina dettata dal codice di rito ordinario, l’interpretazione proposta mediante il secondo orientamento potrebbe sembrare sotto il profilo del coordinamento tra rito civile ordinario e rito tributario preferibile. Si tratta di un argomento suggestivo, ma, ad un esame attento, non condivisibile, perché ragiona sul mero piano degli effetti processuali preferendo tautologicamente la differenziazione del regime processuale tributario rispetto a quello civile ordinario, ma non dà conto delle cause di tali eventuali effetti, ossia di quel fondamento normativo che, solo, va interpretato alla luce del principio “lex specialis derogat generali”.
21. Sotto un ulteriore profilo, cruciale, va data rilevanza all’interpretazione della legge tributaria, l’art.64 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546, letto congiuntamente alle disposizioni del processo civile ordinario, gli artt.395, 396 e 398 cod. proc. civ..
A riguardo, innanzitutto, non pare alla Corte dirimente ai fini dell’individuazione di un eventuale rapporto di specialità il fatto che il legislatore utilizzi nella rubrica dell’art.64, che recita “Sentenze revocabili e motivi di revocazione”, una terminologia diversa da quella adottata dalla disciplina processual-civilistica ordinaria dell’art.395 cod. proc. civ. relativa ai “Casi di revocazione”. Infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2016 il sopravvenuto intervento del legislatore ha fugato ogni incertezza sostituendo il testo dell’art. 64 del d.lgs. n. 546 del 1992 in forza dell’art. 9 comma 1 lett. cc) del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, espressamente statuendo che contro la sentenza del giudice tributario «è ammessa la revocazione ai sensi dell’art. 395 del codice di procedura civile», ma nondimeno non ha modificato la rubrica dell’articolo processual-tributario, la cui dizione resta tutt’ora diversa da quella processuale civile.
22. Pare significativo alla Corte, piuttosto, che l’art. 64 primo comma cit. nel prevedere letteralmente la revocazione contro le sentenze tributarie «che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocazione ai sensi dell’art. 395 del codice di procedura civile.», non faccia alcun richiamo espresso all’art.396 cod. proc. civ..
La mancata menzione dell’art.396 cod. proc. civ. è infatti frutto di una precisa scelta del legislatore, se solo si considera che il previgente art.41 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 rubricato “Revocazione” e abrogato proprio dal d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546 contestualmente all’introduzione dell’art.64, prevedeva espressamente «è ammessa la revocazione ai sensi degli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile.».
23. Inoltre, questa Sezione ha più volte affermato su di un piano logico e sistematico che la norma del processo tributario introdotta dal d.lgs. n.546/1992 non ha inteso derogare al sistema processual-civilistico ordinario della revocazione come fissato dagli artt. 395, 396 e 398 cod. proc. civ. (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15319 del 29/11/2000). Infatti, trova esplicita menzione la categoria delle sentenze che non sono state impugnate con i mezzi ordinari sul punto dell’accertamento in fatto, nel secondo comma dell’art. 64 del lgs n. 546 del 1992 il quale, analogamente alla disciplina dettata dall’art. 396 cod. proc. civ., limita la revocazione delle “sentenze per le quali e’ scaduto il termine per l’appello” ai soli casi di revocazione straordinaria di cui all’art. 395 comma primo nn. 1, 2, 3 e 6 cod. proc. civ., purché i fatti che legittimano il ricorso per revocazione siano intervenuti dopo la scadenza del termine per l’appello (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5398 del 2016).
24. Siffatta lettura trova riscontro anche sotto un ulteriore profilo di interpretazione letterale. La locuzione «su/ punto» adoperata al primo comma dell’art.64 citato, congiungendo il riferimento alle sentenze delle Commissioni Tributarie che involgono accertamenti di fatto e quelle non ulteriormente impugnabili o non impugnate, pare sorreg gere entrambe le fattispecie.
L’espressione usata dall’art.64 primo comma – e mantenuta anche dopo la novella entrata in vigore il 1° gennaio 2016 – fa riferimento alle sentenze «che involgono accertamenti di fatto» e ciò ha un significato preciso, perché le sentenze di appello non possono essere impugnate con ricorso per Cassazione se non in diritto e perciò la locuzione «su/ punto» non può essere intesa come utilizzata dal legislatore per quali ficare il tipo di revocazione, distinguendo la straordinaria dall’ordinaria, perché ciò incrinerebbe il sistema di norme che disciplinano la materia. Questa Corte ha al proposito già precisato che «E’ appena il caso di osservare come la impugnazione per revocazione ordinaria ex art. 395 col n. 4) cod. proc. civ., sia considerata, nel sistema processuale, rimedio meramente sussidiario, dovendo la parte – avendone la possibilità – far valere l”‘errore di (percezione del) fatto” in cui è incorso il Giudice di merito mediante l’esperimento degli ordinari mezzi di impugnazione. Il rimedio della revocazione ordinaria della sentenza di merito viene, quindi, in rilievo soltanto nel caso di sentenza non impugnabile per legge ovvero di sentenza non più impugnabile “sul punto dell’accertamento in fatto”, ipotesi quest’ultima riconducibile, nel vigente sistema processuale tributario -in seguito alla soppressione del ricorso alla Commissione tributaria centrale-, alla sentenza emessa in grado di appello dalla Commissione tributaria regionale, che non può essere impugnata avanti la Corte per richiedere una nuova valutazione delle questioni di fatto esaminate dal Giudice di appello, non essendo devolvibili all’esame della Corte di cassazione, stante la struttura chiusa del giudizio di legittimità circoscritto ai soli vizi tassativamente indicati nell’art. 360 cod. proc. civ., questioni che comportino nuovi “accertamenti in fatto” (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 26305 del 02/12/2005; id. Sez. 5, Sentenza n. 19522 del 16/07/2008).» (Cass. n. 5398/2016, cit.)
25. Vi è un ulteriore profilo da considerare che depone per il primo indirizzo interpretativo, ed è costituito dalla già menzionata previsione dell’art. 398, comma 4, cod. proc. civ., il quale è richiamato nel processo tributario dall’art. 66 del d.lgs n. 546 del 1992 a mente del quale «davanti alla commissione tributaria adita per la revocazione si osservano le norme stabilite per il procedimento avanti ad essa, in quanto non derogate da quelle della presente sezione», dall’art.61 del decreto secondo cui «nel procedimento di appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado, se non sono incompatibili con le disposizioni della presente sezione» e dall’art. 1, comma 2, del medesimo decreto: «I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile.».
L’art. 398, comma 4, cod. proc. civ. sancisce la tendenziale non interferenza tra giudizio di revocazione in sede di merito e processo per Cassazione, principio temperato dalla previsione che il solo giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, possa so spendere o il ricorso per Cassazione o il procedimento per revocazione avanti a lui radicato, entro un limite temporale preciso, costituito dalla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, e sempre che ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta.
Tale previsione normativa processuale non avrebbe ragion d’essere ove, come sostiene la seconda opzione interpretativa, la proposizione del ricorso per cassazione rendesse per ciò solo inammissibile il giudizio revocatorio.
26. Dunque, per tutti i concorrenti profili interpretativi sopra esaminati, prova troppo la ricostruzione secondo la quale dal sopravvenuto inter vento normativo di cui all’art. 9 comma 1 lett. cc) del d.lgs. 24 settem bre 2015, n. 156 si trarrebbe conferma del fatto che, nell’ambito del processo tributario, la proposizione di motivi di revocazione ex art.395 comma 1 nn.4) e 5) cod. proc. civ. avverso le sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali rese in funzione di giudice d’appello prima del 1.1.2016 sarebbe ammissibile solo se non già impugnate con ricorso per Cassazione, ovvero non fossero ancora pendenti i termini per pro porre tale ricorso.
Ne consegue che deve riconoscersi natura non innovativa alla riformulazione del primo comma dell’art. 64 del d.lgs. n. 546 del 1992 la quale, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, ha solo voluto fugare le incertezze esistenti circa l’equiparazione della disciplina della revocazione ordinaria prevista per il processo tributario a quella prevista nel processo civile ordinario e all’intervento normativo suddetto, in virtù della sua natura interpretativa, va riconosciuto l’effetto retroattivo.
27. Ciò è coerente del resto anche con quanto vige per la revocazione straordinaria avverso le sentenze delle Commissioni Tributarie, rego lata dall’art. 64 del d.lgs. 31.12.1992 n. 546 ai commi 2 e 3 il quale dispone:
«2. Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 del codice di procedura civile purché la scoperta del dolo o della falsità dichiarata o il recupero del documento o il passaggio in giudicato della sentenza di cui al numero 6 dell’art. 395 del codice di procedura civile siano posteriori alla scadenza del termine suddetto.
3. Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il termine per l’appello il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i sessanta giorni da esso.».
Questa formulazione non è stata interessata dalla riforma del comma 1 di detto art. 64 – disposta dall’art. 9, comma 1, lett. cc), d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016 – e, a sua volta, riproduce nel processo tributario esattamente quanto previsto dal codice di rito ordinario nei due commi dell’art. 396 cod. proc. civ., a conferma della perfetta simmetria su punto dei due sistemi processuali.
28. Sulla base di quanto precede dev’essere affermato il seguente principio di diritto: «Nell’ambito del processo tributario, la proposizione di motivi di revocazione ordinaria ex art.395 comma 1 nn.4) e 5) cod. proc. civ. avverso le sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali rese in funzione di giudice d’appello è ammissibile anche se impugnate con ricorso per Cassazione, ovvero siano ancora pendenti i termini per proporre tale ricorso, alla luce del complessivo quadro sistematico e anche della riformulazione del primo comma dell’art. 64 del d.lgs. n. 546 del 1992, ad opera dell’art. 9, comma 1, lett. cc), d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156 il quale ha voluto espressamente fugare le incertezze chiarendo l’equiparazione della disciplina della revocazione ordinaria prevista dal rito speciale tributario a quella prevista dal codice di rito ordinario; le condizioni di proposizione dei motivi di revocazione straordinaria di cui ai commi secondo e terzo dell’art.64, non modificate dal d.lgs. n.156 del 2015, restano a loro volta le medesime fissate dall’art.396 primo comma cod. proc. civ. per il processo civile ordinario.».
29. Facendo applicazione di tale principio di diritto nel caso di specie, poiché era scaduto il termine per la proposizione del ricorso per Cassazione allorquando è emersa la prospettata scoperta del dolo o della falsità o del recupero dei documenti ritenuti decisivi dalla parte, con conseguente proposizione del ricorso per revocazione avanti al giudice d’appello, si verte in un’ipotesi di revocazione straordinaria e non ordinaria. Su tale acclarato presupposto, la CTR, con sentenza n.481/30/2014 depositata il 18 marzo 2014, ha espresso un’unitaria errata ratio decidendi dal momento che, qualificando la revocazione come ordinaria ai fini della valutazione dell’accertamento in fatto a lei demandato («Tenuto conto del consolidato principio secondo cui l’errore di fatto che potrebbe permettere la revocazione ordinaria (art.395 cod. proc. civ.) consiste (… )» ), ha falsato il contenuto del giudizio a lei richiesto e ha erroneamente dichiarato l’inammissibilità del ricorso per il fatto che fosse già pendente ricorso per Cassazione come censurato ai motivi terzo e quinto del ricorso.
In relazione alla quarta censura di ricorso, inoltre, il giudice del rinvio prosecutorio terrà inoltre conto del principio di diritto secondo cui, nel processo tributario la dichiarazione del terzo, sostitutiva di atto notorio, non è assimilabile alla prova testimoniale – preclusa dall’art. 7, comma 4, del d.lgs.n. 546 del 1992, come interpretato dalle sentenze della Corte Cast. nn. 18 del 2000 e 395 del 2007 -, ma costituisce un indizio ammissibile ed utilizzabile tanto dall’Amministrazione quanto dal con tribuente nel rispetto del principio della parità delle armi di cui all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, espressione del principio di uguaglianza ai fini dell”art. 3 Cast. (Cass. Sez. 5, Ordi nanza n. 31588 del 04/11/2021, Rv. 662787 – 01).
La sentenza del giudice d’appello va pertanto cassata in accoglimento dei motivi in disamina, con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, per ulteriore esame dei profili e per la liquidazione delle spese di lite.
30. La decisione sul ricorso r.g.n. 26105/2014 produce immediate conseguenze sull’ulteriore ricorso iscritto all’n. r.g. 23986/2012, proposto avverso la sentenza revocanda, la quale sarà oggetto di nuova valutazione da parte del giudice d’appello per effetto della cassazione con rinvio che precede. Si tratta in particolare di stabilire se debba essere disposta o meno l’eccezionale sospensione del giudizio di Cassazione, dal momento che le due impugnazioni, l’una per revocazione, l’altra per cassazione, hanno ad oggetto la medesima decisione.
31. Una particolarità della fattispecie è data dal fatto che la Corte ha già riunito ex art.274 cod. proc. civ. i processi relativi alle due impugnazioni pendenti in Cassazione e proposte avverso le pronunce della CTR del Veneto. Nel presente giudizio non si registra, quindi, la contemporanea pendenza sia del giudizio di revocazione innanzi al giudice del merito, sia del giudizio di legittimità introdotto innanzi alla Corte di Cassazione. Pertanto, nella fattispecie non trova applicazione l’art. 398, quarto comma, cod. proc. civ. e, tuttavia, la Corte deve egualmente interrogarsi se procedere alla sospensione del giudizio di Cassazione avverso la sentenza revocanda, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. rubricato “Sospensione necessaria”, il quale opera «in ogni caso in cui (…) deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa».
Infatti, in conseguenza della decisione parziale dei processi riuniti, in particolare dell’annullamento con rinvio della sentenza resa dalla CTR, quest’ultima è chiamata ad una nuova valutazione sulla revocazione della sentenza oggetto del ricorso per Cassazione iscritto all’r.g.n. 26105/2014 e tale decisione è logicamente e cronologicamente antecedente a quella da assumere nel ricorso r.g.n. 23986/2012.
32. Vi è un precedente specifico di questa Sezione, deciso con la citata sentenza Cass.n. 5398 del 2016, nella quale il Giudice di legittimità ha già ritenuto sussistere tra i due giudizi un rapporto di pregiudizialità logica che, a seguito di riunione, ha indotto la Cassazione a disporre la sospensione del giudizio di legittimità, in attesa della definizione del giudizio di rinvio avente ad oggetto la revocazione.
In quel caso la Suprema Corte ha affermato che «Il giudizio di legittimità, in cui sia denunciato, quale vizio di motivazione, l’omesso esame del medesimo fatto azionato quale errore percettivo ex art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., all’esito della cassazione con rinvio della sentenza d’appello d’inammissibilità del ricorso per revocazione ordinaria, pur non ricorrendo una pregiudizialità in senso tecnico, ma solo logico, atteso che sussiste, in caso di sua prosecuzione, il rischio, di regola neutralizzato con l’art. 398, comma 4, cod. proc. civ., di una possibile elisione dell’accertamento in fatto richiesto al giudice della revocazione in sede di rinvio, per cui deve adottarsi una soluzione interpretativa idonea ad evitare un vulnus all’effettività del diritto di difesa ed a coniugare l’esigenza di un processo giusto con quella di un processo efficiente».
33. Si tratta di un’interpretazione dell’art. 295 cod. proc. civ. in senso teleologicamente soddisfacente, perché la sospensione del giudizio pendente innanzi alla Suprema Corte consente di prevenire un possibile contrasto tra giudicati. La decisione è razionale se si considera che ricorre un’ipotesi di sospensione necessaria del giudizio di legittimità, la quale deve essere disposta dalla Suprema Corte, qualora la medesima decisione d’appello sia stata impugnata anche per revocazione innanzi al giudice a quo, in relazione al medesimo fatto, dal momento che sussiste innanzitutto un rapporto di pregiudizialità logica tra le due pronunce.
In secondo luogo, argomentando a contrario, nel caso in cui si negassero i presupposti per la sospensione del processo di legittimità, e la decisione della Suprema Corte intervenisse cronologicamente prima della decisione del giudice del merito sulla revocazione, potrebbero insorgere contrasti tra quanto deciso dalla Cassazione, e passato in giudicato, e quanto successivamente deliberato dal giudice del merito.
34. In ultima analisi, sussiste secondo il Collegio il rapporto di pregiudizialità logica, per l’impugnazione della sentenza n. 46/05/12 depositata in data 4 giugno 2012 dalla Commissione tributaria regionale del Veneto innanzi alla Corte di Cassazione perché, in relazione alla medesima decisione, per effetto della Cassazione disposta dalla Corte nel ricorso n. g. 26105/14, il giudice del rinvio dovrà esaminare l’istanza di revocazione straordinaria contro la medesima sentenza innanzi al giudice a quo, e le impugnazioni hanno ad oggetto, seppure in rela zione a profili diversi, le medesime questioni concernenti le riprese IRES, IRAP e IVA di cui agli avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2004-6 emessi nei confronti della società.
L’interpretazione estensiva delle condizioni richieste dall’art. 295 cod. proc. civ., volta ad affermare che il Giudice di legittimità possa disporre la sospensione del processo, è perciò nel caso in esame la soluzione appropriata idonea a evitare il possibile contrasto tra i due giudici, fine cui tende la previsione processuale summenzionata.
35. Da tutto quanto esposto discende che, pronunciando sul ricorso, la Corte deve sospendere d’ufficio il processo iscritto all’r.g.n. 23986/2012 in attesa della decisione del giudice del rinvio avente ad oggetto la revocazione della sentenza n. 46/05/12 depositata dalla CTR del Veneto in data 4 giugno 2012, in conseguenza della cassazione con rinvio della sentenza n.481/30/2014 depositata dalla CTR il 18 marzo 2014 e, a tal fine, il ricorso g.n. 23986/2012 va rinviato a nuovo ruolo.
P.Q.M.
La Corte:
conferma la riunione al ricorso r.g.n. 23986/2012 del ricorso r.g.n. 26105/2014;
accoglie i motivi terzo, quarto e quinto del ricorso r.g.n. 26105/2014, rigettati i primi due, cassa la sentenza n.481/30/2014, depositata il 18 marzo 2014 dalla CTR del Veneto, e rinvia alla stessa, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili oltre che per la liquidazione delle spese di lite;
pronunciando sul ricorso r.g.n. 23986/2012, sospende ex art.295 cod. proc. civ. il processo in attesa della decisione del giudice del rinvio avente ad oggetto la revocazione della sentenza n. 46/05/12 deposi tata dalla CTR del Veneto in data 4 giugno 2012 e rinvia a nuovo ruolo.