Corte di Cassazione ordinanza n. 26523 depositata l’ 8 settembre 2022
atti impugnabili nel contenzioso tributario – un atto che abbia contenuto impositivo, anche se non è assimilabile ad alcuna delle categorie previste dall’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, non può essere privato di tutela giurisdizionale
RILEVATO CHE:
1. La ricorrente premette di aver ricevuto in data 5 giugno 2013 la notifica di una cartella di pagamento per l’importo di € 117.168,11 relativa al periodo d’imposta 2009. In effetti la stessa per quell’anno aveva denunciato un reddito da partecipazione per € 238.538,00, essendo socia della X. sas, ma a causa del gravissimo ritardo con cui i corrispettivi erano stati pagati dal cliente alla società (pagamento avvenuto infatti solo nel 2011), la stessa non versava l’imposta, non disponendo della necessaria liquidità. Premetteva ancora la stessa che in data 12 febbraio 2013, aveva ricevuto la notifica di una comunicazione di irregolarità, ai sensi dell’art.36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, avverso il quale presentava istanza di annullamento in autotutela, cui però l’Agenzia non dava seguito.
2. La ricorrente proponeva così ricorso avverso la cartella di pagamento, ma la CTP ne riteneva l’inammissibilità per tardività, in quanto il ricorso si sarebbe a suo avviso dovuto proporre avverso la precedente comunicazione di irregolarità.
Anche la CTR, successivamente adìta in sede di appello, confermava la decisione di primo grado.
La contribuente quindi proponeva ricorso in cassazione affidato a cinque motivi. L’Agenzia non si è costituita.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo la contribuente deduce violazione degli artt. 19, comma 3, e 21, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Ritiene infatti la stessa che la CTR abbia errato nel considerare la comunicazione di irregolarità come atto finale e formale, rispetto al quale il contribuente avrebbe l’onere di impugnazione nei termini di cui all’art. 19 cit. A parere della ricorrente, lo stesso costituirebbe semplicemente un atto facoltativamente impugnabile, non rientrando nel novero tassativo degli atti impugnabili in base al prefato art. 19 d.lgs n. 546/92.
2. Con il secondo motivo la contribuente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546 del 2019 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. La censura è proposta sulle medesime basi di cui al motivo precedente.
3. Col terzo motivo la contribuente denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., 19, comma 3 e 21, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art.360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.
Rileva infatti la ricorrente come la questione dell’asserita inammissibilità per tardività, venne rilevata dalla CTR senza che la stessa fosse stata dedotta dalla controparte, e ciò benché si trattasse di questione non rilevabile d’ufficio.
4. Col quarto motivo la contribuente denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., 19, comma 3 e 21, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art.360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. La censura è proposta sulle medesime basi di cui al motivo precedente.
5. Col quinto motivo si denuncia omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, cod. proc. civ. Infatti la contribuente, premesso di aver censurato la sentenza di primo grado per non aver il primo giudice assegnato alle parti, a pena di nullità, un termine per il deposito di memorie contenenti osservazioni sulla questione sollevata d’ufficio ed inerente alla pretesa inammissibilità per tardività, denuncia che la sentenza della CTR ha completamente omesso di pronunciarsi in relazione a tale censura.
6. Il primo motivo è fondato. La giurisprudenza di questa Corte ha in plurime occasioni affermato che il contribuente può proporre ricorso avverso atti, anche non specificamente indicati nel novero pur tassativo di cui all’art. 19 del d.lgs n. 546/1992. Da ciò non ha affatto tratto la conseguenza della necessarietà di tale impugnazione, come invece concluso dalla CTR, in conformità a quanto stabilito a suo tempo dalla sentenza di primo grado.
Ed invero <<Questa Corte, con orientamento condiviso, ha più volte affermato che l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, pur avendo natura tassativa, non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti con i quali l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, dovendo intendersi la tassatività riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente indicati ma alle “categorie” a cui questi ultimi sono astrattamente riconducibili, nelle quali vanno ricompresi gli atti atipici, o con nomen iuris diversi da quelli indicati, che però producono gli stessi effetti giuridici.
(…) In sintesi, il principio da cui desumere l’impugnabilità di un atto si ricava dall’assioma che un atto che abbia contenuto impositivo, anche se non è assimilabile ad alcuna delle categorie previste dall’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, non può essere privato di tutela giurisdizionale.
All’affermazione della facoltà di proporre immediata impugnazione dell’atto non espressamente indicato dall’articolo appena menzionato non è, tuttavia, affiancata la cristallizzazione della pretesa tributaria, ove l’impugnazione non sia effettuata e la pretesa venga successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall’articolo menzionato, perché l’impugnazione è, appunto, una facoltà della parte, e non un onere, e, pertanto, non può determinare alcuna decadenza (operante solo se normativamente prevista) per il caso in cui essa non venga esercitata (in tal senso, v. Cass., Sez. 5, n. 2616 dell’11/02/2015; Cass., Sez. 6-5, n. 14675 del 18/07/2016; Cass., Sez. 5, n. 11471 dell’11/05/2018; Cass., Sez. 5, n. 27805 del 31/10/2018; Cass., Sez. 5, n. 1230 del 21/01/2020)>>, nonché, in tali termini, Cass. 29/10/2021, n.30736. Il suesposto principio risulta affermato anche con specifico riferimento alla comunicazione di irregolarità (Cass. 11/05/2012, n. 7344).
7. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento di tutti gli altri motivi.
8. In definitiva il ricorso merita accoglimento, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale cui va devoluta anche la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza rinviando alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che provvederà anche alla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
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