Corte di Cassazione ordinanza n. 11481 depositata l’ 8 aprile 2022
contenzioso tributario – atti impugnabili – interesse ad agire – omessa esame di un fatto
RILEVATO CHE:
1. La “C.S. S.r.l.” ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana il 19 giugno 2017 1549/08/2017, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di ingiunzione di pagamento della TIA relativa all’anno 2013, con riferimento ad uno stabilimento ubicato nel Comune di Capannori (LU), in pendenza del separato giudizio di appello avente ad oggetto l’impugnazione della relativa fattura, ha accolto l’appello proposto dalla “ASCIT – Servizi Ambientali S.p.A.”, nella qualità di incaricata della gestione del servizio dei rifiuti urbani per conto del Comune di Capannori (LU), nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lucca 1’11 maggio 2016 n. 309/02/2016, con compensazione delle spese giudiziali. Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure, sul presupposto che l’unico atto impositivo con riguardo alla TIA fosse costituito dall’ingiunzione di pagamento, non potendo classificarsi tale la fattura, la quale, pertanto, non era autonomamente impugnabile. Il ricorso, che è affidato a tre motivi, è stato iscritto al n. 30333/2018 R.G.. La “ASCIT – Servizi Ambientali S.p.A.” si è costituita con controricorso. Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per il rigetto del ricorso. Le parti hanno depositato memorie.
2. La “ASCIT – Servizi Ambientali p.A.”, nella qualità di incaricata del pubblico servizio di gestione dei rifiuti urbani per conto del Comune di Capannori (LU), ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana il 28 giugno 2018 n. 1255/04/2018, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione della fattura per la TIA relativa all’anno 2013, con riferimento ad uno stabilimento ubicato nel medesimo Comune, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti della “C.S. S.r.l.” avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lucca il 29 gennaio 2016 n. 80/03/2016, con compensazione delle spese giudiziali. Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto dell’irregolare notifica della fattura per la TIA. Il ricorso, che è affidato a tre motivi, è stato iscritto al n. 32586/2018 R.G.. La “C.S. S.r.l.” si è costituita con controricorso. Con conclusioni scritte, il P.M. ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con l’assorbimento dei restanti motivi. Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE:
CON RIGUARDO AL PROCEDIMENTO ISCRITTO AL N. 30333/2018 R.G.
1. Con il primo motivo, si denuncia violazione dell’art. 39, comma 1, proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che il giudizio di impugnazione dell’ingiunzione di pagamento della TIA non dovesse essere sospeso in attesa della definizione del giudizio di impugnazione della fattura emessa per la TIA, nonostante l’evidente pregiudizialità del secondo rispetto al primo.
2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 19 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546 e 2 del R.D. 14 aprile 1910 n. 639, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che la fattura emessa per la TIA non fosse autonomamente impugnabile dinanzi al giudice tributario e che l’ingiunzione di pagamento della TIA potesse essere emanata anche prima della pronunzia di sentenza irrevocabile sulla legittimità della fattura emessa per la
3. Con il terzo motivo, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, 5, cod. proc. civ., per non aver tenuto conto delle contestazioni della contribuente sul quantum della pretesa fiscale.
CON RIGUARDO AL PROCEDIMENTO ISCRITTO AL N. 32586 R.G.
1. Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per aver deciso l’appello con motivazione carente e inconcludente.
2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 21 del L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non aver rilevato la tardiva proposizione del ricorso originario della contribuente.
3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione degli artt. 2 ss. del R.D. 14 aprile 1910 n. 639, 1, comma 158, della Legge 27 dicembre 2006 n. 296, 149 proc. civ., 12 e e 14 della Legge 20 novembre 1982 n. 890, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che gli unici soggetti abilitati alla notifica della fattura emessa per la TIA siano l’ufficiale giudiziario o il messo del giudice di pace.
RITENUTO CHE:
1. Preliminarmente, si deve disporre la riunione dei suddetti ricorsi (segnatamente, del ricorso iscritto al n. 32586/208 R.G. al ricorso iscritto al n. 30333/2018 R.G., che è il più risalente per epoca di iscrizione a ruolo) per l’evidente connessione (art. 274 cod. proc. civ.) sia sotto il profilo soggettivo che sotto il profilo Difatti, procedimenti vertono tra le medesime parti (sia pure a ruoli inversi) ed attengono al medesimo tributo per un unico anno di riferimento (sia pure con la separata impugnazione di atti conseguenziali).
L’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 cod. proc. civ., in quanto volto a garantire l’economia ed il minor costo dei giudizi, oltre alla certezza del diritto, risulta applicabile anche in sede di legittimità, in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi, in ossequio al precetto costituzionale della ragionevole durata del processo, cui è funzionale ogni opzione semplificatoria ed acceleratoria delle situazioni processuali che conducono alla risposta finale sulla domanda di giustizia, ed in conformità al ruolo istituzionale della Corte di Cassazione, che, quale organo supremo di giustizia, è preposta proprio ad assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonché l’unità del diritto oggettivo nazionale (fattispecie costituita da ricorsi aventi ad oggetto la stessa imposta, riguardanti lo stesso contribuente ed il medesimo ente impositore, presa in considerazione da atti impositivi tra loro conseguenziali – liquidazione e ingiunzione – e relativi allo stesso anno d’imposta) (in termini: Cass., Sez. SA, 19 gennaio 2007, n. 1237; Cass., Sez. SA, 14 novembre 2014, nn. 24314 e 24315; Cass., Sez. SA, 3 febbraio 2016, n. 2092).
2. Ciò posto, invertendo l’ordine di presentazione, si deve preventivamente esaminare il ricorso iscritto al 32586/2018 R.G ..
2.1 Come è noto, la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che alla fattura contenente la richiesta della tariffa di igiene ambientale (TIA), così come al relativo procedimento di quantificazione e riscossione del prelievo in questione, si devono applicare i principi generali del procedimento tributario di accertamento e di riscossione. In particolare, si è ribadito quanto già espresso da questa Corte (Cass., Sez. SA, 9 agosto 2007, 17526) e quanto pure affermato dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 24 luglio 2009, n. 238), ossia che gli atti con cui il gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa di igiene ambientale (TIA), anche quando gli stessi dovessero avere la forma di fattura commerciale, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata pubblicistica. Ne consegue che, avendo natura di atti impositivi, anche le fatture TIA debbono rispondere ai requisiti sostanziali propri di questi provvedimenti e possono essere impugnate davanti alle commissioni tributarie, nonostante non siano espressamente ricomprese tra l’elenco degli atti opponibili (tra le tante: Cass., Sez. SA, 9 agosto 2007, n. 17526; Cass., Sez. 5″, 10 maggio 2013, n. 11157; Cass., Sez. 6″, 18 luglio 2016, n. 14675; Cass., Sez. 5″, 31 ottobre 2018, n. 27805; Cass., Sez. 5″, 23 aprile 2020, 8088 e 8089; Cass., Sez. 5″, 19 agosto 2020, n. 17339; Cass., Sez. 6″-5, 24 maggio 2021, n. 14200).
2.2 Invero, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del L.vo 31 dicembre 1992 n. 546 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’amministrazione finanziaria porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la Legge 28 dicembre 2001 n. 448 (Cass., Sez. 5″, 28 maggio 2014, n. 11929; Cass., Sez. 6″-5, 5 giugno 2017, n. 13963; Cass., Sez. 5″, 30 gennaio 2020, n. 2144; Cass., Sez. 5″, 3 novembre 2021, n. 31259). È stata, in particolare, riconosciuta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, esplicitando concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è natura/iter preordinata, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546: sorge, infatti, in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l’interesse, ex art. 100 cod. proc. civ., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva (e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico) (Cass., Sez. 5″, 5 ottobre 2012, n. n. 17010; Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2014, n. 3773; Cass., Sez. 6″-5, 9 maggio 2017, n. 11397; Cass., Sez. 5″, 8 maggio 2019, n. 12150; Cass., Sez. 5″, 24 dicembre 2020, n. 29501; Cass., Sez. 5″, 15 novembre 2021, n. 34177).
Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l’onere, d’impugnazione di atti diversi da quelli specificamente indicati nel citato art. 19 (come, per l’appunto, la fattura TIA), il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare la pretesa tributaria in un secondo momento; ciò comporta che la mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (ossia la cristallizzazione) di questa pretesa, che può essere successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dallo stesso art. 19 (tra le tante: Cass., Sez. 5″, 8 ottobre 2007, n. 21045; Cass., Sez. 5″, 25 febbraio 2009, n. 4513; Cass., Sez. Un., 11 maggio 2009, n. 10672; Cas., Sez. 5″, 11 maggio 2015, n. 2616; Cass., Sez. 5″, 8 maggio 2019, n. 12150; Cass., Sez. 5″, 21 gennaio 2020, n. 1230; Cass., Sez. 5″, 3 novembre 2021, n. 31259). Quindi, l’inerzia del contribuente rispetto al ricevimento della fattura TIA non preclude l’autonoma impugnazione della successiva cartella (o ingiunzione) di pagamento per la medesima annualità, non derivandone alcuna “cristallizzazione” della pretesa impositiva, che può essere contestata in tale sede (Cass., Sez. 51 19 agosto 2020, n. 17339; Cass., Sez. 6A-5, 24 maggio 2021, n. 14200).
In ogni caso, resta fermo che la impugnazione di detto atto è soggetto al rispetto del termine generale previsto dall’art. 21 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, essendo ininfluente la facoltatività della sua impugnazione per la permanenza, in capo al contribuente, del diritto di impugnare anche il primo atto impositivo tipico successivamente notificatogli (Cass., Sez. SA, 17 giugno 2021, n. 17237; Cass., Sez. 6A-5, 43 febbraio 2022, n. 3347).
2.3 A tal proposito, la più recente dottrina ha enucleato le distinte categorie degli “atti facoltativamente impugnabili” e degli “atti necessariamente impugnabili”.
I primi esprimono un’irreversibile determinazione della pretesa impositiva, seppure non rivestano ancora la forma autoritativa di uno degli atti tipizzati dall’art. 19 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546; per cui si può dire che la pretesa impositiva è sostanzialmente, sebbene non ancora formalmente, determinata.
I secondi sono riconducibili o assimilabili (in via di interpretazione estensiva, per affinità di portata e di funzione) all’elenco degli atti tipizzati dall’art. 19 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546; per cui si può dire che la pretesa impositiva è sostanzialmente e formalmente determinata.
Pertanto, nulla esclude che il contribuente possa opporsi dinanzi al giudice tributario, dapprima, all’atto facoltativamente impugnabile e, poi, all’atto necessariamente impugnabile, configurandosi il suo interesse ad agire non soltanto nel contestare l’atto suscettibile di divenire irretrattabile se non impugnato, bensì anche nell’impedire l’adozione di un tale provvedimento, che imporrebbe il ricorso al giudice tributario siccome riconducibile all’elenco contenuto nell’art. 19 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546.
2.4 Tale eventualità, cioè, l’impugnazione, dapprima, dell’atto impositivo atipico o ad impugnazione facoltativa (nella specie, la fattura) e, poi, dell’atto impositivo tipico o ad impugnazione necessaria (nella specie, l’ingiunzione di pagamento) comporta, comunque, in caso di contemporanea pendenza, che il giudizio relativo all’atto preliminare venga a perdere rilevanza, essendo prevalente (ed assorbente) la cognizione sulla pretesa impositiva (per ogni aspetto dell’an, del quantum e del quomodo) nel giudizio relativo all’atto principale, anche se l’instaurazione sia successiva in ordine cronologico. Per cui, il contribuente ha l’onere di riproporre – o proporre ex novo, non essendo vincolato dalle questioni dedotte nel precedente giudizio – in questa sede i vizi sostanziali e procedurali ravvisati nell’esercizio del potere
Peraltro, l’emanazione di atti impositivi atipici non incide sulla sequenza procedimentale dell’accertamento e della riscossione del tributo, per cui la funzione dell’atto principale non è alterata dall’eventuale emanazione dell’atto preliminare.
Ne deriva, quindi, che la fattura non muta la causa tipica della cartella o dell’ingiunzione di pagamento, che il contribuente ha, sempre e comunque, l’onere di impugnare per contestare la pretesa tributaria.
2.5 Nella specie, peraltro, la superfluità di un atto prodromico alla cartella o all’ingiunzione di pagamento è insita nella previsione dell’art. 72, comma 1, del L.vo 15 novembre 1993 n. 507, il quale, consente al Comune – e, per esso, al gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti – di procedere direttamente alla liquidazione della TIA (come della TARSU), senza necessità di adottare e notificare un avviso di accertamento, soltanto nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base di dati ed elementi già acquisiti, e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, in forza, pertanto, di un’operazione puramente automatica. La liquidazione diretta, proprio per il suo carattere di eccezionalità, richiede quindi, da un lato, l’identità dei dati utilizzati con quelli dell’anno precedente, dall’altro la stabilità o definitività degli stessi, nel senso che non devono essere né incerti né contestati. L’incertezza del dato utilizzato a seguito della contestazione dell’utente comporta, viceversa, la necessità dell’adozione dell’avviso di accertamento, dovendo l’amministrazione esplicitare, ai sensi dell’art. 70 del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dai dati ed elementi indicati nella dichiarazione (Cass., Sez. SA, 30 ottobre 2015, n. 22248; Cass., Sez. SA, 28 settembre 2016, n. 19120; Cass., Sez. SA, 9 febbraio 2018, n. 3189; Cass., Sez. SA, 2 marzo 2018, n. 4967; Cass., Sez. SA, 19 agosto 2020, n. 17339; Cass., Sez. SA, 23 dicembre 2020, n. 29394; Cass., Sez. 6A-S, 26 novembre 2021, n. 37006; Cass., Sez. SA, 11 gennaio 2022, n. 535), ma si tratta di ipotesi che nella specie non ricorre (Cass., Sez. SA, 20 ottobre 2018, n. 29996). Per cui, nessuna irregolarità può riscontrarsi nell’emanazione della cartella [come dell’ingiunzione] di pagamento in relazione alla dedotta carenza di un precedente avviso di accertamento che non era indispensabile (Cass., Sez. SA, 9 febbraio 2018, n. 3184; Cass., Sez. SA, 19 agosto 2020, n. 17339).
Per cui, allorquando il concessionario o il gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti non contesti le condizioni di tassabilità indicate nella denuncia originaria, integrativa o di variazione presentata dal contribuente, ed ove non vi sia diniego della richiesta di agevolazioni od esenzioni, è legittima l’iscrizione del maggior importo in ruoli notificati all’interessato mediante cartella (o ingiunzione) di pagamento non preceduta da avvisi di accertamento (la cui emissione è consentita nei casi elencati nelle disposizioni sopra citate): ciò, in particolare, anche nel caso in cui l’errore derivi dalla mancata considerazione di uno ius superveniens (chiaramente e non discrezionalmente) applicabile alla fattispecie, quando restino ferme tutte le precedenti fattuali condizioni di tassabilità. L’avviso di accertamento è, invece, necessario – per converso – quando (e solo quando) la maggiore imposta derivi: 1) dalla rettifica apportata alle condizioni di tassabilità denunciate; 2) dall’accertamento d’ufficio delle condizioni di tassabilità in caso di omessa denuncia; 3) dal diniego (secondo quanto si desume dall’art. 71, comma 2, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507) della riduzione o agevolazione richiesta dal contribuente con apposita istanza, non surrogabile dalla contestazione giudiziale del provvedimento, ovvero, infine, dall’esercizio di un potere discrezionale eventualmente riconosciuto dallo ius superveniens, anche ove restino ferme tutte le precedenti fattuali condizioni di tassabilità (Cass., Sez. 5″, 2 marzo 2018, n. 4967; Cass., Sez. 5″, 30 giugno 2020, n. 13106).
2.6 Pertanto, una volta ammessa l’impugnazione facoltativa degli atti sopra indicati, resta pur sempre necessaria l’impugnazione dell’atto tipico che sia poi adottato, per evitare il consolidamento della pretesa tributaria, tant’è che, una volta emesso tale atto – come è stato precisato da questa Corte – viene meno l’interesse del contribuente ad una decisione che riguardi l’atto impugnato in via facoltativa (in termini: Cass., Sez. 5″, 11 maggio 2012, n. 7344; Cass., Sez. 5″, 29 ottobre 2021, nn. 30691 e 30736). In effetti, se l’atto tipico viene impugnato, l’unico giudizio che rileva è quello avverso quest’atto, mentre, se non viene impugnato, il ricorso antecedentemente proposto avverso l’atto facoltativamente impugnabile diviene inutile, stante l’avvenuto consolidamento degli effetti propri dell’atto tipico (Cass., Sez. 5″, 29 ottobre 2021, n. 30736).
Posto, quindi, che l’ingiunzione di pagamento sostituisce in via definitiva la fattura nella determinazione della pretesa impositiva, che viene reiterata in forma autoritativa tipica, si deve dichiarare la carenza di interesse delle parti in ordine al primo atto impugnato, essendo destinata a concentrarsi la cognizione del giudice tributario sul secondo atto impugnato. Dunque, l’emissione dell’atto susseguente, con la formulazione di una pretesa tributaria nuova rispetto a quella originaria, sostituisce l’atto precedente e ne provoca la caducazione d’ufficio, con la conseguente carenza di interesse delle parti nel giudizio avente ad oggetto il relativo rapporto sostanziale, venendo meno l’interesse a una decisione relativa ad un atto – la fattura – sulla cui base non possono essere più avanzate pretese tributarie di alcun genere, dovendosi avere riguardo unicamente all’atto – l’ingiunzione di pagamento – che lo ha integralmente sostituito (sul punto: Cass., Sez. 5″, 11 maggio 2012, n. 7344).
2.7 In conclusione, l’interesse delle parti alla prosecuzione del giudizio relativo alla fattura viene meno con la successiva instaurazione del giudizio relativo all’ingiunzione di pagamento, nel quale si concentra (e si trasferisce) l’esame di ogni questione inerente alla debenza della TIA. Ne deriva la dichiarazione di cessazione della materia del contendere ex 46 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546.
Invero, la pronuncia di “cessazione della materia del contendere” costituisce una fattispecie di estinzione del processo, contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell’interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso, postulando che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l’effettivo venir meno dell’interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito, senza che debba sussistere un espresso accordo delle parti anche sulla fondatezza (o infondatezza) delle rispettive posizioni originarie nel giudizio, tutte le volte in cui non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o di rinuncia alla pretesa sostanziale. Alla emanazione di una sentenza di cessazione della materia del contendere, pertanto, consegue, da un canto, la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, dall’altro, la sua assoluta inidoneità ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere (Cass., Sez. 6″- 5, 19 gennaio 2020, n. 4167; Cass., Sez. 5″, 27 febbraio 2020, n. 5351; Cas., Sez. 6″-5, 25 marzo 2021, n. 8393; Cass., Sez. 5″, 20 maggio 2021, nn. 13805 e 13806; Cass., Sez. 5″, 5 novembre 2021, n. 32122).
3. Ciò detto, restano da esaminare i motivi dedotti col ricorso iscritto al 30333/2018 R.G..
4. Il primo motivo è infondato.
4.1 Difatti, alla luce di quanto si è già detto con riferimento al ricorso iscritto al n. 32596/72018 R.G., non si può delineare – stante anche l’eterogeneità di petitum e causa petendi – un rapporto di litispendenza né di continenza (art. 39 proc. civ.) tra i due giudizi di impugnazione, di cui, a monte, non è logicamente possibile la coesistenza.
5. Il secondo motivo è parimenti infondato, per quanto si debba correggere la motivazione in parte qua della sentenza impugnata ex 384, comma 4, cod. proc. civ..
5.1 Nella specie, il giudice di appello ha impropriamente ritenuto – per giustificare l’impugnabilità dell’ingiunzione di pagamento anche in pendenza del giudizio di impugnazione della fattura – che «l’atto tecnicamente impugnabile è l’ingiunzione di pagamento, atteso che la fattura non appare classificata come atto avente rilevanza sotto il profilo tributario, quindi non autonomamente impugnabile».
5.2 Richiamando le precedenti argomentazioni sull’impugnabilità facoltativa degli atti non tipizzati dall’art. 19 del L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, si deve senz’altro ribadire che la fattura è autonomamente impugnabile dal contribuente dinanzi al giudice tributario. Ciò non di meno, la prevalenza dell’impugnazione dell’atto impositivo tipico (nella specie, l’ingiunzione di pagamento) osta alla ulteriore pendenza dell’impugnazione dell’atto impositivo atipico (nella specie, la fattura).
6. Il terzo motivo è inammissibile.
6.1 Come è noto, l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante: Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass., Sez. 6A-3, 27 novembre 2014, n. 25216; Cass., Sez. 2A, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. Lav., 21 ottobre 2019, n. 26764; Cass., Sez. SA, 12 luglio 2021, nn. 19820, 19824, 19826 e 19827; Cass., Sez. SA, 22 luglio 2021, n. 20963; Cass., Sez. SA, 27 luglio 2021, n. 21431). L’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. 1 A, n. 14 settembre 2018, n. 26305; Cass., Sez. 6A-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. SA, 11 maggio 2021, n. 12400; Cass., Sez. SA, 24 luglio 2021, nn. 21457 e 21458) né l’omessa disanima di questioni o argomentazioni (Cass., Sez. 6A-l, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. SA, 20 aprile 2021, n. 10285).
6.2 Nella specie, a ben vedere, il mezzo attinge la sentenza impugnata (nella parte in cui si argomenta che «il quantum della pretesa non è contestato dalla contribuente») per non aver tenuto conto delle lagnanze espresse dalla contribuente (col ricorso originario) sui presupposti della pretesa impositiva, risolvendosi, però, in una doglianza esulante dall’omesso esame di un “fatto” desumibile dagli atti processuali. Per cui, la censura non è astrattamente riconducibile alla fattispecie dell’art. 360, comma 1, 5, cod. proc. civ..
7. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi, rispettivamente:
– il sopravvenuto venir meno della res litigiosa, si deve dichiarare la cessazione della materia del contendere sul ricorso iscritto al n. 32586/2018 R. G.;
– l’infondatezza del primo motivo e del secondo motivo, nonché l’inammissibilità del terzo motivo, si deve rigettare il ricorso iscritto al n. 30333/2018 R.G..
8. Dovendo essere separatamente regolamentate per ciascuno dei ricorsi riuniti (tra le tante: , Sez. 11\, 10 luglio 2014, n. 15860; Cass., Sez. 2, 14 luglio 2021, n. 20073), le spese giudiziali:
- in relazione al ricorso iscritto al n. 32586/2018 R.G., possono essere compensate tra le parti per la sopravvenienza della cessazione della materia del contendere;
- in relazione al ricorso iscritto al n. 30333/2018 G., seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
9. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 115:
– in relazione al ricorso iscritto al 32586/2018 R.G., il meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 11, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della Legge 24 dicembre 2012 n. 228, è applicabile solo ove il procedimento per cassazione si concluda con integrale conferma della statuizione impugnata, ovvero con la “ordinaria” dichiarazione di inammissibilità del ricorso, non anche nell’ipotesi di declaratoria di inammissibilità sopravvenuta di quest’ultimo per cessazione della materia del contendere, poiché essa determina la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, rendendo irrilevante la successiva valutazione della virtuale fondatezza, o meno, del ricorso in quanto avente esclusivo rilievo in merito alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità (tra le tante: Cass., Sez. 3″, 10 febbraio 2017, n. 3542; Cass., Sez. 5″, 20 giugno 2019, n. 16562; Cass., Sez. 5″, 21 febbraio 2020, n. 4663; Cass., Sez. 3″, 20 luglio 2021, n. 20697; Cass., Sez. 5″, 5 novembre 2021, nn. 31871, 31923, 31924 e 31937);
– in relazione al ricorso iscritto al n. 30333/2018 R.G., si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; dichiara la cessazione della materia del contendere sul ricorso iscritto al n. 32586/2018 R.G.; rigetta il ricorso iscritto al n. 30333/2018 R.G.; compensa le spese giudiziali in ordine al ricorso iscritto al n. 32586/2018 R.G.; condanna la “C.S. S.r.l.” alla rifusione delle spese giudiziali in favore della “ASCIT – Servizi Ambientali S.p.A.” in ordine al ricorso iscritto al n. 30333/2018 R.G., liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 2.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza, in ordine al ricorso iscritto al n. 30333/2018 R.G., dei presupposti per il versamento, da parte della “C.S. S.r.l.”, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 15560 depositata il 1° giugno 2023 - In tema di contenzioso tributario, la natura tassativa dell'elencazione degli atti impugnabili, contenuta nel d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 non preclude al contribuente…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 luglio 2021, n. 20430 - In tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare…
- Corte di Cassazione sentenza n. 16884 depositata l' 11 agosto 2020 - In tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 20119 depositata il 13 luglio 2023 - La natura tassativa dell'elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell'art. 19 del lgs. n. 546 del 1992, non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 gennaio 2020, n. 2062 - In tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 27 febbraio 2020, n. 5334 - In tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Si è in presenza di appalti endoaziendali illeciti
Si è in presenza di appalti endoaziendali illeciti ogni qualvolta l’appaltatore…
- Per il provvedimento di sequestro preventivo di cu
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 47640 depositata il…
- Il dirigente medico ha diritto al risarcimento qua
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28258 depositata il 9 ottobre 20…
- Il lavoratore in pensione ha diritto alla reintegr
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n . 32522 depositata il 23 novembre…
- Il dolo per il reato di bancarotta documentale non
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 42856 depositata il 1…