CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 8412 depositata il 28 marzo 2024
Tributi – Provvedimenti di diniego di interpelli disapplicativi – Anteriori all’entrata in vigore del comma sette dell’art. 11 dello Statuto del contribuente – Elencazione tassativa degli atti impugnabili nel contenzioso tributario – Facoltà di impugnare anche altri atti – Inammissibilità dei ricorsi proposti dalla contribuente – Accoglimento parziale
Rilevato che
la società D.L. Srl impugnò, con distinti ricorsi, i provvedimenti dell’Agenzia delle entrate in risposta alle istanze di interpello disapplicativo dalla stessa presentate ai sensi dell’art. 37bis del d.P.R. n.600 del 1973.
La Commissione tributaria di prima istanza dichiarò i ricorsi, previa riunione, inammissibili e la decisione, appellata dalla Società, fu confermata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione tributaria regionale della Puglia.
In particolare, il Giudice di appello ribadiva la natura di mero parere dei provvedimenti di diniego, come tali non impugnabili onde confermava l’inammissibilità dei ricorsi proposti dalla Società.
Avverso questa sentenza la Società ha proposto ricorso, su due motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Considerato che
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art.360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art.19 del d.lvo n.546 del 1992 e dell’art.100 cod. proc. civ. laddove la C.T.R. aveva dichiarato i ricorsi, proposti avverso i dinieghi opposti alle istanze di disapplicazione della normativa sulle società cd. di comodo, inammissibili.
1.1. Rilevato che i provvedimenti di diniego degli interpelli disapplicativi, oggetto di causa, sono anteriori all’entrata in vigore del comma sette dell’art.11 dello Statuto del contribuente come sostituito, con decorrenza dal primo gennaio 2016, dall’art.1, comma 1, D.Lgs. n.156 del 2015, la censura è fondata. In materia, infatti, è principio, consolidato quello secondo cui “in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, di talché quest’ultimo ha la facoltà di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37 bis, comma 8, del d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto seppur atto non rientrante in quelli indicati dall’art. 19, è il provvedimento con il quale l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario.” (v. Cass. Sez. 6 – 5, n. 3775 del 15/02/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 2634 del 27/01/2023).
2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.2697 cod. civ. e dell’art. 30, primo comma, della legge n. 724 del 1994 laddove la C.T.R. aveva ritenuto applicabile alla Società le disposizioni antielusive di cui alle richiamate normative.
2.1. Il mezzo è inammissibile per carenza di interesse. Costituisce, infatti, orientamento costante di questa Corte (cfr. Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007; e, di recente, Cass. n.29529 del 11/10/2022) quello per cui “Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata“.
2.2. Nel caso in esame, non appare revocabile in dubbio che la C.T.R. abbia confermato la prima decisione ribadendo, con dovizia di argomentazioni, l’inammissibilità dei ricorsi proposti dalla contribuente laddove, di contro, le scarne argomentazioni svolte in ordine alla documentazione esibita dalla contribuente non assumeva valenza decisoria.
3. Ne consegue, in accoglimento del primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado che provvederà all’esame nel merito e a regolare le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia-Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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