CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 15560 depositata il 1° giugno 2023
Tributi – Solleciti di pagamento – Contributi consortili – Facoltà di impugnare atti impositivi atipici – Successiva impugnazione dell’atto tipico – Transazione – Interesse al giudizio – principio di ordine pubblico processuale del ne bis idem, desumibile dall’art. 39 c.p.c., che non consente che il medesimo giudice o giudici diversi statuiscano due volte sulla stessa domanda
Rilevato
1. D.F.A., M.B., a.V., in qualità di eredi di a. L., hanno impugnato i solleciti di pagamento del Consorzio resistente relativi agli anni (…), in ordine ai terreni già di proprietà del de cuius e siti in (…).
2. La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso.
3. All’esito dell’appello della controparte, la sentenza di primo grado è stata riformata ed è stata riconosciuta la fondatezza della pretesa per gli anni (…). Nella sentenza di appello, in ordine all’eccezione di giudicato, si legge che le sentenze invocate hanno ad oggetto atti diversi (ingiunzioni di pagamento e non solleciti di pagamento) e che non risultano ancora passate in giudicato, sicché se ne esclude ogni effetto preclusivo.
4. I contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione.
5. Si è costituito con controricorso il Consorzio, che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza e la tardiva proposizione dell’eccezione di giudicato e ha depositato una ulteriore memoria prima dell’adunanza camerale.
6. La causa è stata decisa all’adunanza camerale del 16 maggio 2023.
Considerato
1. Con un unico motivo i ricorrenti hanno dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2909 c.c. con riferimento alla sentenza n. 720 del 2017 della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo e a quella n. 291 del 2017 della Commissione tributaria provinciale di Chieti, atteso si è escluso l’effetto preclusivo del giudicato solo in considerazione della diversità degli atti impugnati (ordinanza ingiunzione e solleciti di pagamento), senza tenere conto del sottostante rapporto tributario. Nel ricorso si è precisato che i contributi consortili relativi agli anni (…) hanno formato oggetto di ingiunzioni di pagamento, impugnate dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Chieti ed annullate con sentenza, passata in giudicato, che ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, all’esito della transazione intervenuta tra il Consorzio ed il de cuius.
2. Il collegio rileva che è necessario rinviare la causa a nuovo ruolo al fine, da un lato, di sottoporre alle parti, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., alcune questioni rilevate di ufficio e, dall’altro lato, di acquisire il fascicolo di ufficio (e verificare quali documenti sono già stati prodotti nel giudizio di merito, vista la possibilità di produrre per la prima volta nel giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., i soli documenti relativi alla nullità della sentenza ed all’ammissibilità del ricorso per cassazione e del controricorso e, dunque, alla sussistenza e persistenza dell’interesse alla decisione).
3. Occorre preliminarmente ricordare che, in tema di contenzioso tributario, la natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nel d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria, ma tale facoltà non esclude l’onere di impugnare successivamente l’atto impositivo tipico, per evitare il consolidamento della pretesa dell’ente impositore, tanto che l’impugnazione dell’atto tipico fa venir meno l’interesse alla decisione sull’atto impugnato in via facoltativa (Cass. sez. 5, 8/04/2022, n. 11481). Nel caso di specie, mentre il presente giudizio ha ad oggetto solleciti di pagamento, apparentemente riconducibili alla categoria di quelli atipici, non essendo veri e propri avvisi di mora, e, quindi, impugnabili in via meramente facoltativa, dagli atti allegati al ricorso (vedi doc. 6, copia, con attestazione di giudicato, della sentenza sentenza n. 720 del 2017 della Commissione tributaria regionale dell’Aquila) sembra che sia stato impugnato, per l’anno (…), un avviso di accertamento (in questo senso depone l’intestazione della sentenza, sebbene la terminologia non sia univoca e nella sentenza e negli atti si parli anche di ingiunzione di pagamento). In tale caso, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, sarebbe venuto meno l’interesse alla decisione sull’atto impugnato solo in via facoltativa, già prima ed a prescindere della formazione del giudicato.
4. Parimenti occorre verificare la persistenza dell’interesse al giudizio in considerazione della transazione a cui si fa riferimento nell’altra sentenza allegata al ricorso (all. 5, sentenza della Commissione tributaria provinciale di Chieti n. 291 del 2017) – transazione che si invita, quindi, le parti a produrre in giudizio.
5. Infine, tenuto conto del principio di ordine pubblico processuale del ne bis idem, desumibile dall’art. 39 c.p.c., che non consente che il medesimo giudice o giudici diversi statuiscano due volte sulla stessa domanda e determina l’improcedibilità del processo che nasca dalla indebita reiterazione di controversia già in corso, (Cass., Sez. L, 3/4/2014, n. 7813; v. anche Cass., sez. un., 5/04/2007, n. 8527) e tenuto conto che il processo tributario, pur introdotto mediante l’impugnazione di un atto, ha ad oggetto il rapporto sostanziale posto a fondamento dello stesso, è necessario invitare le parti ad indicare quali controversie sono state instaurate sui contributi consortili relativi alle annualità ancora oggetto di esame (dal (…)) ed a precisare, in modo specifico, tramite l’impugnazione di quali atti.
6. In conclusione, stante la particolare rilevanza delle questioni prospettate d’ufficio alle parti (che, peraltro, caratterizzano il contenzioso tributario), va disposto il rinvio a nuovo ruolo per la trattazione alla pubblica udienza della causa, mandando alla cancelleria per l’acquisizione del fascicolo di ufficio ed assegnando alle parti termine di 90 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza per i chiarimenti richiesti (termine superiore a quello previsto dall’art. 101 c.p.c., visto che le parti sono state invitate anche alla produzione di un documento ed a fornire specifiche precisazioni).
P.Q.M.
Manda alla cancelleria per l’acquisizione del fascicolo di ufficio; rinvia la causa a nuovo ruolo per la trattazione alla pubblica udienza;
assegna alle parti il termine di 90 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza per dedurre sulle questioni prospettate, fornire i chiarimenti richiesti e produrre la transazione conclusa.