CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 gennaio 2020, n. 2062
Tributi – Contenzioso tributario – Atti impugnabili – Disciplina società non operative – Rigetto istanza di interpello disapplicativo – Avviso di irregolarità ex art. 36-bis, D.P.R. n. 600 del 1973
Ritenuto che
La società S.L. srl ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, meglio indicata in epigrafe, che, in controversia su impugnazione comunicazione di irregolarità ex art. 36 bis d.P.R. 600/1973 a seguito di rigetto di istanza di interpello disapplicativo della disciplina in materia di società non operative – avendo la società dichiarato perdite per gli anni 2010/2012- ha rigettato l’appello della Società. La CTR ha ritenuto atto non autonomamente impugnabile la suddetta comunicazione, con condanna alle spese di lite.
L’Agenzia delle Entrate si costituisce con controricorso.
Il ricorrente deposita memoria.
Considerato che
1. Il ricorso è affidato a due motivi.
2. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art.19 d.lgs. n.546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per avere la CTR sostenuto la non autonoma impugnabilità della comunicazione di irregolarità, di cui all’art.36 bis d.P.R. n.600/73.
3. Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 15 D. lgs. 546/1992 e dell’art. 91 c.p.c. nella parte relativa alla condanna alle spese di lite.
4. Il primo motivo è fondato.
Va premesso che in base a giurisprudenza consolidata “in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.), ogni atto adottato dall’ente impositore che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa ( cfr. Cass., n. Sez. 6-5, Ordinanza n. 23469 del 06/10/2017; Cass. n. 13963/2017; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3315 del 19/02/2016).
Tale principio, espresso in materia di comunicazione di irregolarità, oltre che di diffida di pagamento (cfr. Cass. n. 11471/2018), preavviso di iscrizione ipotecaria ( cfr. Cass. n. 26129/2017), mancata risposta all’istanza per ottenere un maggior credito di imposta ( cfr. 22497/2017), è stato altresì esteso anche a fattispecie, come quella in esame, di interpello disapplicativo di norme antielusive, in base alla richiamata interpretazione estensiva, consentita da una lettura nell’ottica costituzionale della tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. 28 dicembre 2001, n. 448.
Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l’onere, di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 37-bis, comma 8, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ma provvedimento con cui l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario (Cass n. 24704 del 2019; Cass. n. 17010/12; in particolare, secondo Cass. n. 8663/11, il diniego disapplicativo è un atto definitivo in sede amministrativa e recettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come un’ipotesi di diniego di agevolazione).
Tale principio regolatore (isolatamente disatteso da Cass. n. 5843/2012) si è consolidato nel diritto vivente (es. Cass. n. 20394/12, 335/14, 25281/15, 6200/15 e da ultimo, v. Cass. ord. n. 19962/17) sino ad essere stato ripreso anche in altri contesti fiscali (vedi, in motivazione, sez. un. nn. 7665/16, 19704/15, 12760/15, 649/15, 13451/14; cfr. ex plurimis: Cass. nn. 11397/17, 5723/16, n. 2616/15, 11922/14, 25916/13).” (Cass. 6/10/2017, n. 23469);
In questa vicenda tributaria, in coerenza con i principi giuridici appena esposti, ai quali il Collegio intende dare continuità, è chiaro che la società contribuente aveva un interesse qualificato (ai sensi dell’art. 100 c.p.c.) ad impugnare, in sede giudiziaria, il diniego di disapplicazione di norme antielusive, quale atto non meramente consultivo e, anzi, potenzialmente lesivo della sua sfera giuridica; e questo perchè – in un’ottica più generale – la risposta negativa del Direttore Regionale delle Entrate – a prescindere dalle ragioni addotte – è diretta a incidere sulla condotta del soggetto istante, in ordine alla dichiarazione dei redditi, in relazione alla quale l’istanza è stata inoltrata.
5. In applicazione dei superiori principi, ha errato la CTR nel ritenere non autonomamente impugnabile l’avviso di irregolarità, contenente in modo espresso l’indicazione della tardività del versamento a saldo IRES 2013 e l’importo da pagare.
6. L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo. Le questioni proposte nella memoria, essendo attinenti al merito della questione, saranno esaminate dal giudice del rinvio.
7. La sentenza, pertanto, va cassata, con rinvio alla CTR della Lombardia che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
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