CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 ottobre 2018, n. 26835
Agenti – Vendita di prodotti e di creazione rete di vendita – Provvigioni e compenso fisso mensile – Clausola risolutiva espressa
Rilevato
1. che con sentenza n. 444 pubblicata il 15.10.13, la Corte d’appello di Brescia ha respinto l’appello principale proposto dal sig. S. avverso la sentenza non definitiva di primo grado e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale della R. s.r.l., ha respinto integralmente le domande del ricorrente;
2. che la Corte territoriale ha dato atto del contratto concluso tra le parti l’1.9.2009 e con scadenza 31.8.13, avente ad oggetto l’obbligo per il S. di promuovere la vendita di prodotti della società e di creare una rete di vendita dei prodotti medesimi, a fronte del pagamento di provvigioni e di un compenso fisso mensile correlato alla selezione e al coordinamento della rete di agenti;
3. che ha rilevato come il Tribunale, con sentenza non definitiva, avesse ritenuto insussistente l’addebito di violazione della clausola n. 5 del contratto (relativa al carattere monomandatario dell’incarico) e quindi illegittimamente attivata dalla società la clausola risolutiva espressa, ed avesse riconosciuto all’agente, oltre alle provvigioni maturate, il risarcimento dei danni e l’indennità di fine rapporto come prevista dagli Accordi economici collettivi (Aec), poi liquidata con sentenza definitiva;
4. che la Corte di merito, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che le inadempienze contestate all’agente, al di là della violazione della clausola n. 5, fossero documentalmente provate e di gravità tale da giustificare il recesso per giusta causa della società, e come pertanto nessun risarcimento danni spettasse al medesimo (con conseguente assorbimento delle questioni oggetto di appello principale sui criteri di liquidazione del danno);
5. che la sentenza impugnata ha quindi accolto l’appello incidentale della società nella parte relativa alla legittimità del recesso anticipato dal contratto di agenzia, per la sussistenza di una giusta causa, respingendo l’appello medesimo nella parte concernente la domanda di restituzione delle somme versate all’agente quale fisso mensile;
6. che avverso tale sentenza il sig. S. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui ha resistito con controricorso, e ricorso incidentale, per un unico motivo, la R. s.r.l.;
7. che il sig. S. ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.l. c.p.c.;
Considerato
8. che col primo motivo di ricorso, il sig. S. ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 436, comma 3, c.p.c., poiché l’appello incidentale della società gli era stato notificato senza il rispetto del termine di almeno dieci giorni prima dell’udienza;
9. che col secondo motivo il ricorrente principale ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 434, comma 1, n. 1 c.p.c., denunciando l’inammissibilità dell’appello incidentale della società contenente la mera riproposizione degli argomenti svolti in primo grado senza alcuna specifica critica alla sentenza impugnata;
10. che col terzo motivo il S. ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., violazione degli artt. 2909 c.c., 324 c.p.c. e 112 c.p.c. per avere la Corte di merito respinto anche le domande proposte dall’agente in primo grado, accolte dal Tribunale e non oggetto di impugnazione da parte della società, concernenti le provvigioni maturate e l’indennità di fine rapporto (FIRR);
11. che col quarto motivo il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per omessa motivazione, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., in merito alla prova delle inadempienze contestate e ritenute integranti la giusta causa di recesso;
12. che col quinto motivo il predetto ha censurato la sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per omesso esame dì un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, concernente gli argomenti e le prove fornite dall’agente atte a dimostrare l’insussistenza delle inadempienze contestate;
13. che col sesto motivo il ricorrente principale ha dedotto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per omessa motivazione sulla sussistenza di una giusta causa di recesso;
14. che col ricorso incidentale la società ha censurato la sentenza d’appello per omessa pronuncia sulla domanda di restituzione, avanzata nei confronti del S., avente ad oggetto le somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado poi riformata;
15. che del tutto infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale proposta dalla società in ragione della mancata individuazione delle parti, ed esattamente della società intimata;
16. che la stessa sentenza di legittimità (Cass. n. 19286 del 2009), richiamata nella memoria della società, stabilisce, conformemente a numerosi precedenti (Cass. n. 18512 del 2007; Cass. n. 3737 del 2006; Cass. n. 17873 del 2004) come “ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ., il ricorso per cassazione è inammissibile qualora manchi o vi sia incertezza assoluta sull’identificazione delle parti contro cui esso è diretto; ai fini dell’osservanza della norma predetta, non è necessario che le relative indicazioni siano premesse all’esposizione dei motivi di impugnazione o che siano altrove esplicitamente formulate, essendo sufficiente, analogamente a quanto previsto dall’art. 164 cod. proc. civ., che esse risultino in modo chiaro e inequivoco (e non, dunque, ingannevole), anche se implicitamente, dal contesto del ricorso, nonché dal riferimento ad atti dei precedenti gradi di giudizio, da cui sia agevole identificare con certezza la parte intimata”.
17. che nel caso in esame, l’indicazione della società quale controparte, se pure non riportata nell’intestazione, compare ripetutamente nel corpo del ricorso sicché non vi è alcuna incertezza sull’identificazione della stessa;
18. che il primo motivo di ricorso principale, con cui si denuncia un error in procedendo, è inammissibile atteso che il ricorrente non ha specificato se e come ha sollevato, nel giudizio di secondo grado, la questione di tardività dell’appello incidentale, di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata, (cfr. Cass. n. 18362 del 2017);
19. che questa Corte ha più volte affermato come, “Nei giudizi soggetti al rito del lavoro, la circostanza che l’appellante principale abbia ricevuto la notifica dell’appello incidentale meno di dieci giorni prima di quello fissato per la discussione, in violazione del termine di cui all’art. 436 cod. proc. civ., non rende inammissibile l’appello incidentale, se la comparsa di risposta sia stata comunque tempestivamente depositata, e la richiesta di notifica all’ufficiale giudiziario sia avvenuta prima dello spirare del termine suddetto. In tale ipotesi, tuttavia, poiché l’appellante principale ha comunque diritto a godere per intero del termine di dieci giorni per preparare la propria difesa, dinanzi all’eccezione di tardività della notifica dell’appello incidentale, è onere di chi l’abbia proposto chiedere al giudice la fissazione di un nuovo termine per rinnovarla, restando altrimenti inammissibile l’impugnazione incidentale ove manchi detta istanza”, (Cass. n. 8723 del 2012);
20. che nel caso di specie, in cui lo stesso ricorrente ha allegato la tempestività del deposito della comparsa di costituzione della società in appello e della richiesta di notifica dell’appello incidentale, solo l’eccezione di tardività della notifica dell’appello incidentale (nel caso di specie non allegata e non trascritta) avrebbe fatto sorgere nella controparte, appellante incidentale, l’onere di chiedere termine per rinnovare la notifica, con conseguente inammissibilità o improcedibilità (cfr. Cass. n. 24742 del 2017) dell’impugnazione incidentale in difetto di detta istanza;
21. che il secondo motivo, con cui si denuncia un error in procedendo, è anch’esso inammissibile in quanto la censura di violazione del principio di specificità dei motivi di appello (incidentale) non è stata proposta in conformità alle regole fissate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., (cfr. Cass., S.U., n. 8077 del 2012), mediante trascrizione del contenuto del ricorso in appello atto ad evidenziare la violazione denunciata;
22. che il terzo motivo, sul vizio di ultrapetizione della sentenza d’appello, può trovare accoglimento limitatamente alla riforma della statuizione di primo grado, di condanna della società al pagamento della somma di euro 1.106,17 a titolo di provvigioni maturate dall’agente nel corso del rapporto;
24. che l’autonomo capo di condanna sul punto, contenuto nella sentenza del Tribunale, non era stato oggetto di appello incidentale, come espressamente riconosciuto dalla società nel controricorso in esame, sicché la sentenza d’appello nella parte in cui, accogliendo parzialmente l’appello incidentale della società, ha rigettato integralmente le domande dell’agente ricorrente in primo grado, è incorsa nel vizio di ultrapetizione specificamente denunciato;
25. che difatti i motivi di appello, anche incidentale, concorrono a determinare l’oggetto del relativo giudizio e, per questo profilo, incidono sullo stesso esercizio del potere d’impugnazione, non potendosi considerare proposti all’esame del giudice del gravame i capi della sentenza di primo grado che non siano stati in concreto oggetto di specifiche censure nell’atto di appello, (cfr. Cass., 15519 del 2006); con la conseguenza che deve ritenersi affetta da vizio di ultrapetizione la sentenza con cui il giudice di appello, in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., abbia esteso il suo esame a parti della decisione di primo grado non censurate dall’appellante, (Cass. n. 3002 del 2001);
26. che la censura attinente al vizio di ultrapetizione non può, invece, trovare accoglimento in relazione alla riforma del capo della sentenza di primo grado con cui la società è stata condannata al pagamento del FIRR, mancando nel ricorso in esame la trascrizione e indicazione delle parti della memoria contenente l’appello incidentale atti a dimostrare la mancata impugnazione del predetto capo della sentenza di primo grado (ed avendo la società dedotto di aver impugnato la relativa statuizione);
27. che il quarto e il sesto motivo di ricorso, con cui si denuncia nullità della sentenza per omessa motivazione, sono infondati. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053 del 2014) hanno interpretato la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, specificando come sia denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”;
28. che, a seguito della citata modifica normativa, il sindacato di legittimità sulla motivazione è circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia, (Cass. n. 23940 del 2017);
29. che la censura mossa dalla parte ricorrente di nullità della sentenza per omessa motivazione non corrisponde allo schema appena descritto ma denuncia, nella sostanza, l’erronea valutazione di sufficienza delle prove documentali riferite alle inadempienza addebitate all’agente e l’omessa considerazione degli argomenti difensivi di quest’ultimo nonché la idoneità delle inadempienze a costituire giusta causa di recesso;
30. che il quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. è inammissibile atteso che denuncia non l’omesso esame di un fatto storico decisivo ma, ancora una volta, l’erronea valutazione, ad opera della Corte di merito, del materiale probatorio;
31. che, difatti, il ricorrente ha enumerato i documenti prodotti al fine di contestare le inadempienze addebitategli, in particolare, le informazioni trasmesse alla preponente, l’elenco nominativo degli agenti componenti della rete di vendita, ed ha ribadito l’irrilevanza delle produzioni avversarie;
32. che il ricorso incidentale è inammissibile in quanto la società ha omesso di trascrivere gli atti processuali da cui potesse desumersi l’avvenuta proposizione, in appello, della domanda di condanna dell’agente alla restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado;
33. che per le considerazioni svolte deve trovare accoglimento il terzo motivo di ricorso principale, nei limiti di cui in motivazione, risultando infondati i residui motivi di ricorso principale e inammissibile il ricorso incidentale; la sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche ai fini della regolazione delle spese del giudizio di legittimità;
34. che deve darsi atto della sussistenza, nei confronti del ricorrente incidentale, dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso principale nei sensi di cui in motivazione, rigetta i residui motivi di ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.
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