CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27391 depositata il 26 settembre 2023

Tributi – Silenzio rifiuto – Rimborso – IRAP – Successore nel credito – Aliquota incrementata – La contestazione introduce eccezione in senso improprio –  Mancanza limiti di preclusione processuale – Condono tombale – Accoglimento

Fatti di causa

1. B.P.L.G.L.S. Spa (già L. Spa), quale successore nel credito invocato ai fini dell’Irap 2002 delle società indicate in epigrafe, domandava il rimborso delle somme di Euro 184.730,00, Euro 20.445,00 ed Euro 1.510,00, oltre accessori (sent. CTR, p. 1), con atto notificato il 25.5.2005. L’Amministrazione finanziaria non rispondeva.

2. La contribuente impugnava, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, il silenzio rifiuto opposto dall’Ente impositore alla sua richiesta restitutoria, proposta invocando la decisione con cui la Corte Costituzionale, con sentenza n. 177 del 2014, aveva dichiarato illegittima l’aliquota del tributo dell’Irap come arbitrariamente incrementata (4,25% + 1,00%) dalla Regione Lombardia. L’Amministrazione finanziaria si costituiva e replicava, tra l’altro, affermando l’inammissibilità della stessa istanza di rimborso proposta dalle società di cui innanzi, perché le stesse, in relazione all’anno 2002, avevano aderito al condono tombale di cui alla l. n. 289 del 2002, art. 9. La CTP valutava fondate le difese proposte dall’Ente impositore, e rigettava il ricorso proposto dalla contribuente.

3. Spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la contribuente. La CTR riformava la decisione della CTP, ed affermava il diritto della società a conseguire il rimborso come richiesto.

4. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia adottata dal giudice dell’appello, affidandosi a due strumenti di impugnazione. La contribuente resiste mediante controricorso, ed ha pure depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle Entrate contesta la nullità della sentenza impugnata, in conseguenza della violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 23 comma 3, per avere il giudice dell’appello erroneamente “dichiarato la tardività dell’eccezione di inammissibilità del ricorso” (ric., p. 5) proposta dall’Ente impositore, e relativa alla definizione della potenziale controversia mediante adesione delle società al condono tombale, mentre trattasi di eccezione in senso lato, non soggetta a termine di preclusione.

2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Amministrazione finanziaria critica la violazione e falsa applicazione della l. n. 289 del 2002, art. 7 comma 13, e art. 9, comma 9, per non avere il giudice dell’appello rilevato la inammissibilità delle istanze di rimborso proposte dalle società, per essersi il condono tombale perfezionato “prima della presentazione dell’istanza di rimborso” (ric., p. 9).

3. Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria censura l’error in procedendo in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per aver ritenuto tardiva, perché introdotta in sede di appello, la propria contestazione attinente all’inammissibilità della stessa originaria istanza di rimborso proposta dalla contribuente, reputando che la contestazione si risolva nella introduzione di un’eccezione in senso stretto, mentre la stessa costituisce un’eccezione in senso improprio, proponibile senza limiti di preclusione processuale. In conseguenza la CTR è poi incorsa, sempre nella prospettazione dell’Agenzia delle Entrate, in un error in iudicando, avendo ritenuto di poter esaminare nel merito la fondatezza del ricorso introdotto dalla società.

3.1. La CTR scrive sul punto che: “L’eccezione del condono tombale avanzata dall’agenzia è tardiva e, come tale, non può essere accolta” (sent. CTR, p. 2).

4. Invero questa Corte regolatrice ha già avuto modo di esaminare la indicata questione controversa ed ha statuito, pronunciando a Sezioni Unite, come segnalato dalla ricorrente, che “in tema di processo tributario, l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito di sanatoria fiscale, ai sensi della l. n. 289 del 2002, art. 15 intervenuta nelle more del giudizio di primo grado può essere fatta valere per la prima volta anche in grado di appello, dovendosi ritenere che la deduzione degli effetti del condono, per il rilievo pubblicistico dell’originario rapporto sostanziale e processuale col fisco, integri una eccezione in senso improprio, non soggetta alle preclusioni di cui al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e rilevabile d’ufficio dal giudice, ove risulti dagli atti di causa anche a seguito di nuova produzione D.Lgs. n. 546 cit., ex art. 58“, Cass., sez. un., 27/01/2016, n. 5741; e non si era mancato di chiarire, già in precedenza, che “in tema di contenzioso tributario, ove il contribuente abbia impugnato il silenzio rifiuto su un’istanza di rimborso d’imposta, l’Amministrazione finanziaria può proporre per la prima volta anche in appello l’eccezione inerente l’adesione del contribuente al condono l. n. 289 del 2002, ex art. 7 da cui derivano la preclusione del diritto al rimborso e l’effetto estintivo del relativo giudizio, trattandosi di una questione di ordine pubblico, rilevabile d’ufficio dal giudice, senza che occorra una specifica deduzione ad opera della parte interessata a farla valere“, Cass., sez. V, 14/10/2015, n. 20650; e si è più di recente ribadito che “in tema di contenzioso tributario, ove il contribuente abbia impugnato il silenzio rifiuto formatosi su un’istanza di rimborso d’imposta, l’Amministrazione finanziaria può eccepire per la prima volta anche in appello l’adesione del contribuente al condono l. n. 289 del 2002, art. 16 con conseguente preclusione del diritto al rimborso delle somme già versate ed effetto estintivo del relativo giudizio, trattandosi di questione di ordine pubblico, rilevabile d’ufficio dal giudice, senza che occorra una specifica deduzione a opera della parte interessata a farla valere. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto precluso il diritto al rimborso chiesto in dichiarazione da una fondazione bancaria in applicazione dell’agevolazione di cui al d.p.r. n. 601 del 1973, art. 6 per effetto della definizione della lite fiscale avente a oggetto l’avviso di accertamento in rettifica col quale l’Agenzia delle entrate aveva disconosciuto il credito IRPEG)”, Cass., sez. V, 2/04/2020, n. 7661.

5. La tesi sostenuta dal giudice dell’appello risulta pertanto difforme rispetto all’orientamento interpretativo consolidato espresso dalla Corte di legittimità, e risulta comunque non condivisibile.

Il primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate deve pertanto essere accolto, cassandosi la decisione impugnata in relazione a detto motivo, con rinvio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia. Il secondo strumento di impugnazione rimane assorbito.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto, assorbito il secondo strumento di impugnazione, e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia perché, in diversa composizione, proceda a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi esposti, e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.