CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27732 depositata il 2 ottobre 2023
Tributi – Silenzio-rifiuto – Rimborso – IRAP – Definizione agevolata – Istanza di sospensione del giudizio – Autonoma organizzazione – Aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui – Entità dei compensi percepiti – Accoglimento
Rilevato che
1. Il contribuente, esercente l’attività di medico specializzato in medicina del lavoro, in data 2 novembre 2016, presentava all’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale I di Torino, istanza di rimborso IRAP (prot. n. (…)) ai sensi del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 in relazione agli anni di imposta 2012, 2013 e 2014, per un importo complessivo di Euro 75.884,56. L’Ufficio, in relazione all’istanza promossa, non forniva alcuna risposta, cosicché si formava un silenzio-rifiuto.
2. Avverso il silenzio-rifiuto, il contribuente proponeva tempestivo ricorso dinanzi la C.t.p. di Torino.
3. La C.t.p. di Torino, con sentenza n. 429/01/2019, accoglieva il ricorso del contribuente, affermando il diritto al rimborso dell’imposta versata, in ragione dell’esiguità dei beni strumentali utilizzati per lo svolgimento della propria professione (segretaria part-time, collaboratori solo saltuari).
4. Contro la sentenza proponeva appello l’Ufficio dinanzi la C.t.r. del Piemonte; si costituiva anche il contribuente.
5. Con sentenza n. 427/03/2020, depositata in data 11 giugno 2020, la C.t.r. adita accoglieva il gravame, riformando le statuizioni del giudice di prime cure.
6. Avverso la sentenza della C.t.r. del Piemonte, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Ufficio finanziario ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 20 settembre 2023.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” il contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto intervenuta la decadenza del diritto al rimborso del contribuente con riferimento al versamento del primo acconto IRAP per l’anno 2012, effettuato in data 9 luglio 2012, oltre il termine di 48 mesi statuito dall’art. 38 citato.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” il contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che l’attività svolta dal contribuente fosse un’attività organizzata, dunque soggetta ad IRAP.
2. Va premesso che, con memoria depositata in data 4 maggio 2023, la contribuente ha manifestato l’intenzione di aderire alla definizione agevolata prevista dall’art. 1 commi 186 e 197 della legge di stabilità 2023 (l. 29 dicembre 2022, n. 197) formulando contestuale istanza di sospensione del giudizio.
2.1. Peraltro, l’istanza di sospensione non può essere accolta, non essendo la causa suscettibile di definizione agevolata, trattandosi di causa di rimborso, nella quale, dunque, non vi sono somme da versare da parte del contribuente. In proposito, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 2 del 27 gennaio 2023 ha chiarito l’ambito, i termini e la portata della normativa di cui alla l. 29 dicembre 2022, n. 197 (cd. “tregua fiscale”) stabilendo a pg. 22 che “non sono definibili le liti nelle quali l’Agenzia delle entrate, pur essendo titolare del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, non sia stata destinataria dell’atto di impugnazione e non sia stata successivamente chiamata in giudizio né sia intervenuta volontariamente”; conseguentemente, la controversia avente ad oggetto istanza di rimborso non può essere oggetto della definizione agevolata in parola. Pure, non corretta si profila il richiamo, nell’istanza, alla l. 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, comma 190, atteso che tale disciplina riguarda contenziosi nell’ambito dei quali vi sia stata soccombenza dell’Amministrazione in entrambi i gradi del giudizio di merito.
3. Passando all’esame dei motivi di ricorso, il primo è infondato.
Sulla doglianza relativa alla decadenza del diritto al rimborso del contribuente con riferimento al versamento del primo acconto IRAP per l’anno 2012, effettuato in data 9 luglio 2012, oltre il termine di 48 mesi dal versamento previsto dal d.p.r. n. 602 del 1973, art. 38 comma 1 la C.t.r. piemontese ha correttamente motivato facendo buon governo della pacifica giurisprudenza di legittimità secondo cui il dies a quo dal quale far decorrere il termine di decadenza è da individuare nel giorno dei singoli versamenti in acconto qualora questi, al momento dell’effettuazione, risultino non dovuti ovvero non dovuti in quella misura; ciò perché, in tale ultima ipotesi, l’interessa e la possibilità di richiedere il rimborso già sussistono in quanto il contribuente è in grado di conoscere se assolvere o meno il debito di imposta ed in quale misura (Cass. 6 giugno 2016, n. 11602).
4. E’, invece, fondato il secondo motivo.
Nell’analisi del requisito dell’autonoma organizzazione, deve certamente orientarsi nell’ambito dei principi enunciati dalla pronuncia delle sez. un., Cass. 10 maggio 2016, n. 9451, secondo la quale “il requisito previsto dal d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive“.
4.1. Inoltre, tradizionalmente, si afferma che “in tema di IRAP, anche alla stregua dell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dal d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49 comma 1, esclusi i casi di soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, non dev’essere intesa in senso soggettivo, come autoorganizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui. Essa è riscontrabile ogni qual volta il professionista si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, o impieghi nell’organizzazione beni strumentali eccedenti, per quantità o valore, il minimo comunemente ritenuto indispensabile per l’esercizio dell’attività“, (Cass. 16 febbraio 2007, n. 3673).
4.2. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. piemontese ha fatto mal governo dei superiori principi addirittura omettendo, nell’accertamento in fatto, la verifica della sussistenza dell’autonoma organizzazione e soprattutto della qualità di responsabile, in capo al ricorrente, della medesima autonoma organizzazione, laddove egli allega di svolgere la propria attività professionale presso strutture esterne o presso le sedi operative delle aziende clienti; di poi, viene obliterata del tutto la motivazione in ordine alla sussistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui di cui il professionista medesimo si avvalga in modo non occasionale.
4.3. Infine, il giudice di appello erra allorquando consegna rilevanza “all’elevato ammontare dei compensi” laddove la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in tema di IRAP, l’entità dei compensi percepiti dal contribuente e, cioè, l’ammontare del reddito conseguito, è irrilevante al fine della ricorrenza del presupposto dell’ “autonoma organizzazione” richiesto dal d.lgs. n. 446 del 1997, art. 2 (Cass. 8/11/2016, n. 22705).
5. In conclusione, rigettato il primo motivo, va accolto il secondo motivo di ricorso e la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi alla Corte di Giustizia di secondo grado del Piemonte, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso e, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio va innanzi alla Corte di Giustizia di secondo grado del Piemonte, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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