Corte di Cassazione ordinanza n. 28162 depositata il 27 settembre 2022
applicabilità dell’art. 17 del D.Lgs. n. 546/92 ai fini dell’individuazione del luogo in cui va effettuata la notificazione dell’impugnazione delle sentenze
Rilevato che:
1. D.C. ricorre, con due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza in epigrafe con la quale la t.r. della Calabria ha accolto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza con la quale la C.t.p. di Reggio Calabria aveva accolto il ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
2. La C.t.p. accoglieva il ricorso rilevando la decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento in quanto la cartella era stata notificata oltre il termine perentorio.
3. La C.t.r., pronunciandosi in contumacia del De Leo, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, confermava l’accertamento impugnato. In motivazione rilevava che nel ricorso di primo grado il contribuente non aveva eccepito la tardività della liquidazione e della cartella, che per altro non modificava quanto esposto in dichiarazione, ma rilevava errori nel calcolo di ritenute e di deduzioni non spettanti. Aggiungeva che «inoltre» il termine di cui all’art. 36-bis era ordinatorio – e non a pena di decadenza – secondo quanto stabilito dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449.
5. L’Avvocatura erariale ha depositato per l’Agenzia delle Entrate «atto di costituzione» ai soli fini della eventuale partecipazione all’udienza ex art. 370, primo comma, cod. proc. civ.
6. Con ordinanza del 27 gennaio 2022 questa Corte ha disposto l’acquisizione dei fascicoli di merito ed il rinvio a nuovo ruolo.
7. Il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. pro. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 17, comma 3 d.lgs. 31 dicembre 1992, n, 546.
In particolare, censura la sentenza impugnata per aver «implicitamente ed erroneamente» ritenuta valida e legittima la notifica dell’atto di appello avvenuta ai sensi dell’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992, mediante deposito del ricorso presso la segreteria della C.t.r. e, quindi, senza che il plico fosse stato consegnato al destinatario ed in luogo non avente alcun collegamento con il destinatario. Osserva in proposito che l’unica norma applicabile alle impugnazioni nel processo tributario è l’art. 330 cod. proc. civ. e che la notifica presso la segreteria della Commissione Tributaria è consentita solo per le notifiche endoprocessuali. Deduce, per l’effetto di non aver potuto partecipare al giudizio di secondo grado stante l’inesistenza della notifica dell’appello.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 36-bis P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
In particolare, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto ordinatorio il termine di cui alla norma citata.
3. Il primo motivo è infondato.
Non è controverso che la notifica del ricorso in appello è stata eseguita ai sensi dell’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992 presso la segreteria della C.t.r.
Il ricorrente con il motivo in esame non contesta la sussistenza dei presupposti individuati dall’art. 17 cit. per il ricorso a detta notifica ed identificati da questa Corte nell’assoluta incertezza che ricorre nei casi, espressamente menzionati, di originaria carenza o inidoneità delle indicazioni fornite dal contribuente che renda in concreto impossibile procedere alla notificazione (Cass. 05/10/2016, n. 19840, Cass. 23/03/2016, n. 5749); si duole, invece, della violazione dell’art. 330 cod. poc. civ., ritenuto applicabile alla fattispecie sul presupposto che l’art. 17 cit. si applichi solo alla notifica degli atti endoprocessuali.
Tale assunto non è condivisibile.
Questa Corte, a Sezioni Unite, quanto all’individuazione del luogo in cui va effettuata la notificazione dell’impugnazione delle sentenze delle commissioni tributarie provinciali, cioè del ricorso in appello, ha precisato che si applica la disciplina dettata per il processo tributario dall’art. 17 d.lgs. n. 546 del 1992, avente carattere di specialità, e quindi di prevalenza, rispetto a quella prevista dall’art. 330 cod. proc. civ., concernente soltanto il ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali (Cass., Sez. U. 20/07/2016, n. 14916, Cass. 06/06/2018, n. 14549, Cass. 17/02/2017, n. 4233).
Le medesime Sezioni Unite hanno quindi rilevato che, quanto all’individuazione del luogo in cui deve essere effettuata la notificazione delle impugnazioni delle sentenze delle Commissioni tributarie, occorre tenere distinta la disciplina dettata dall’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1992 per il processo tributario di merito da quella prevista dal codice di rito in tema di ricorso per cassazione. In particolare, secondo le Sezioni Unite, non esistono ragioni normative che impongano di affermare che l’art. 17 cit. si riferisca esclusivamente alle notificazioni endoprocessuali (come invece, in precedenza, ritenuto da Cass., Sez. U, n. 29290 del 15/12/2008), tenuto conto che proprio la previsione contenuta dall’art. 17, comma 2, d.lgs. cit. (secondo cui l’indicazione della residenza o della sede e l’elezione del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo) ed anche esigenze di coerenza sistematica inducono a ritenere che la norma sia applicabile, con carattere di specialità e, quindi, di prevalenza, anche alla notificazione del ricorso in appello. (Cass., Sez. U. 20/07/2016, n. 14916).
2. Il secondo motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata ha accolto l’appello dell’Ufficio in ragione di plurime rationes decidendi.
In primo luogo ha rilevato che l’eccezione di tardività della liquidazione e della cartella esattoriale non era stata eccepita in primo grado dal contribuente, aggiungendo che «peraltro» la cartella aveva rilevato l’erroneo calcolo di cui alla dichiarazione. In secondo luogo ha ritenuto che il termine di cui all’art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 avesse natura ordinatoria. Nel merito ha concluso per la legittimità dell’accertamento impugnato.
Il ricorrente ha censurato la sentenza solo con riferimento alla statuizione relativa alla natura ordinatoria del termine di cui all’art. 36- bis cit.
Tuttavia, per giurisprudenza costante di questa Corte, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Cass. 14/08/2020, n. 17182, Cass. 18/04/2019, n. 10815, Cass. 15/03/2019, n. 7499, Cass. 13/06/2018, n. 15399, Cass. 18/04/2017, n. 9752, Cass. 14/02/2012, n. 2108, Cass. 03/11/ 2011, n. 22753).
5. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
4. Non deve provvedersi sulle spese in ragione della mancanza di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle Entrate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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