Corte di Cassazione ordinanza n. 28165 depositata il 27 settembre 2022
operazioni soggettivamente inesistenti – IVA – buona fede – diligenza
RILEVATO CHE
1. La società contribuente TUBIFOR S.r.l. ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2012, con il quale – a seguito di PVC – si disconosceva la detrazione IVA in quanto attinente a fatture di acquisto riconducibili a operazioni soggettivamente inesistenti provenienti dal fornitore Polchem r.l., ritenuto soggetto interposto (missing trader), prestazioni consistenti in commercio all’ingrosso di gomma greggia e plastiche provenienti dall’estero. La società contribuente ha dedotto la propria buona fede, alla luce delle forme e delle modalità di pagamento e dal fatto che le relazioni commerciali erano state intrecciate con un rappresentante commerciale conosciuto da tempo dalla contribuente.
2. La CTP di Salerno ha accolto il ricorso, valorizzando in particolare il rapporto di fiducia instaurato con il rappresentante commerciale della società emittente e la marginalità dei rapporti commerciali tra contribuente ed emittente rispetto al volume di affari complessivo.
3. La CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, con sentenza in data 2 settembre 2019, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Il giudice di appello ha escluso la consapevolezza della società contribuente di far parte di una frode IVA, condividendo le motivazioni del giudice di prossimità, nella parte in cui aveva osservato che la società contribuente cessionaria avesse svolto le trattative secondo le modalità richieste a un accorto operatore del settore e che nel caso di specie non vi fossero anomalie tali da far pensare a una frode IVA. Il giudice di appello ha, poi, rilevato che le circostanze addotte dall’Ufficio, quali la riduzione dei prezzi del 10% e i termini di pagamento delle fatture concordati) attengono alla normale prassi commerciale; ha, infine, escluso che possa avere rilievo la circostanza che la sede statutaria dell’emittente fosse situata in una zona centrale di Roma, posto che si trattava di società di mera intermediazione per la quale non occorre un luogo fisico di deposito della merce.
4. Propone ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso la società contribuente.
CONSIDERATO CHE
1.1 Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 19, primo comma, 21, 26 e 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in combinato disposto con gli artt. 2697, 2727, 2729 cod. , nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che la società contribuente non fosse a conoscenza di far parte di una frode IVA. Osserva il ricorrente che il giudizio che deve trarsi è un giudizio di mera conoscibilità della frode secondo regole di comune esperienza, giudizio che può darsi anche con presunzioni attinenti alla non conoscibilità della frode secondo la diligenza richiesta a un accorto operatore professionale. Deduce, pertanto, l’erroneità della sentenza, la quale ha ritenuto di non valorizzare le circostanze relative sia all’ubicazione della società (con conseguente inesistenza dell’organizzazione commerciale dell’emittente), sia alle modalità con cui erano state instaurate le trattative con la medesima, osservando come la società emittente fosse priva di organizzazione, di personale dipendente e di utenze, priva di adeguate conoscenze del settore merceologico, avesse effettuato vendite sottocosto, fosse sconosciuta al fisco, avesse instaurato le relazioni commerciali direttamente con i clienti finali nazionali e avesse concordato con il contribuente termini di pagamento diversi rispetto agli altri fornitori.
1.2 Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 115, secondo comma e 116, primo comma, proc. civ., per non avere il giudice di appello effettuato un prudente apprezzamento delle risultanze istruttorie ed essendosi affidato a mere congetture o massime di comune esperienza, nella parte in cui ha ritenuto che prezzi e modalità di pagamento rientrassero nella normale prassi commerciale.
1.3 Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 111, sesto comma, Cost., dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 att. cod. proc. civ., degli artt. 1, comma 2, 36, comma 2, nn., 2 e 4, 53 e 54 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, deducendo apparenza della motivazione nella parte in cui ha ritenuto irrilevante che la sede legale dell’emittente fosse situata in una zona turistica, in quanto deduzione contenuta nelle deduzioni di controparte rispetto alla quale non vi è stata alcuna indicazione critica delle ragioni di adesione da parte del giudicante.
2. Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del primo motivo, essendo lo stesso volto non a un riesame del materiale probatorio svolto dal giudice del merito, bensì a una corretta applicazione delle regole di riparto dell’onere della prova.
3. Il primo motivo è fondato. In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, il diritto di detrazione dell’imposta relativa ad un’operazione di cessione di beni non può essere riconosciuto al cessionario che, sulla fattura emessa per tale operazione in applicazione del suddetto regime, abbia indicato un fornitore fittizio allorquando il medesimo cessionario fosse consapevole della indicazione in fattura di un fornitore fittizio e non abbia fornito la prova che il vero fornitore sia un soggetto passivo IVA. Nel qual caso, incombe sul cessionario l’onere di provare di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto (Cass., V, 20 luglio 2020, n. 15369; Cass., Sez. V, 27 febbraio 2020, n. 5339).
4. Ciò comporta che incombe all’Ufficio dimostrare che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava poi sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto (Cass., 20 dicembre 2021, 40690; Cass., Sez. V, 17 agosto 2021, n. 22969; Cass., Sez. V, 3 agosto 2021, n. 22107; Cass., Sez. V, 20 luglio 2021, n. 20648; Cass., Sez. V, 8 luglio 2021, n. 19387; Cass., Sez. VI, 11 novembre 2020, n. 25426; Cass., Sez. V, 20 luglio 2020, n. 15369; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2019, n. 5873; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., Sez. V, 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., Sez. V, 20 aprile 2018, n. 9851; Cass., Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9721; Cass., Sez. U., 12 settembre 2017, n. 21105).
5. Ciò è conforme al principio eurounitario, secondo cui l’evasione tributaria ai fini IVA si configura anche nel caso in cui un soggetto passivo avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione di cui trattasi e, in particolare, con il proprio acquisto, a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessione (Corte GUE, 18 maggio 2017, Litdana, C624/15, punto 33; Corte GUE, 18 dicembre 2014, N. 1272 .G. 6di 11 Est. F. Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti, C-131/13, C- 163/13 e C-164/13, punti 49 e 50; Corte GUE, 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, punti da 38 a 40; Corte GUE, 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, punto 54; Corte GUE, 21 giugno 2012, Mahagében e David, C-80/11 e C/142/11, punto 46; Corte GUE; 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C- 439/04 e C440/04, punti 45, 46, 56, richiamata dal ricorrente). In questo caso si ritiene che il contribuente debba conformarsi a standard di diligenza estremamente rigorosi, ritenendo esigibile in capo al contribuente l’adozione di tutte le misure che si possano richiedere a un accorto operatore commerciale al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una evasione di imposte (Corte GUE, 17 dicembre 2020, n. Bakati Plus, C-656/19, punto 80; Corte GUE, 17 ottobre 2019, Unitel, C-653/18, punto 33; Corte GUE, 28 marzo 2019, Vin, C-275/18, punto 33; Corte GUE, 8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17, punto 41; Corte GUE, Litdana, cit., punto 34).
6. Ne consegue che la sussistenza di indizi, che consentano di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasioni nella sfera dell’emittente, deve indurre l’operatore avveduto ad assumere le opportune informazioni sul soggetto dal quale intenda acquistare beni o servizi (Cass., Sez. V, 4 luglio 2022, n. 21072; Cass., Sez. V, 2 dicembre 2021, 38012; Cass., Sez. V, 16 novembre 2021, 34531; Cass., Sez. VI, 3 giugno 2021, n. 15356; Cass., Sez. V, 3 marzo 2021, n. 5748; Cass., Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 25779). Il contenuto della massima diligenza esigibile nei confronti di un accorto operatore, al fine di non essere parte di una frode IVA, si incentra sulle opportune informazioni circa l’effettiva esistenza del fornitore, da acquisirsi direttamente (in relazione alla struttura organizzativa dello stesso), sia indirettamente, attraverso l’esame delle modalità con le quali si è estrinsecato il rapporto commerciale con l’emittente.
7. Nella specie, il giudice di appello si è limitato a prendere in esame l’elemento della riduzione dei prezzi praticati dall’emittente e dei termini di pagamento (oltre che dell’assenza di deposito da parte dell’emittente), senza valutare se il comportamento assunto dalla società contribuente – in costanza degli elementi addotti dall’Ufficio e riproposti nel motivo di ricorso – fosse idoneo a connotare la non conoscibilità, secondo la massima esigenza esigibile, della frode IVA consumata dall’emittente, conseguente all’adozione di tutte le cautele e accortezze esigibili da un operatore professionale, nonché avendo assunto tutte le opportune informazioni al fine di verificare la liceità delle transazioni.
8. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo motivo e, previo assorbimento degli ulteriori motivi, la causa va rinviata alla CTR a quo per la rivalutazione della diligenza adottata dalla società contribuente, oltre che per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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