CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 28213 depositata il 6 ottobre 2023
Tributi – Cartella di pagamento – IRPEF – IVA – Avvisi di accertamento – Accoglimento
Rilevato che
1. L’Agenzia delle entrate ha proposto appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Messina che aveva accolto il ricorso proposto da C.A., quale unico erede di C.S., contro la cartella di pagamento n. (…) per IRPEF e IVA per gli anni (…).
2. In particolare, la cartella recava l’iscrizione delle imposte relative ad avvisi di accertamento oggetto di impugnazioni accolte parzialmente e non ancora definite.
3. A fondamento dell’appello l’Agenzia ha insistito per l’inammissibilità del ricorso iniziale proposto soltanto nei confronti dell’Agenzia delle entrate e non anche del concessionario.
4. La Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Sicilia ha rigettato l’appello, osservando che i motivi di ricorso si incentravano sulla determinazione delle somme iscritte a ruolo e che doveva ravvisarsi un errore nel calcolo del dovuto “non altrimenti emendabile” che con l’annullamento dell’atto.
5. Avverso questa pronunzia propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo.
6. Resiste con controricorso C.A..
Considerato che
1. Con l’unico motivo l’Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12 e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 68, in quanto mancava un preciso dettaglio del presunto errore nel calcolo delle somme indicate in cartella emessa in applicazione dell’art. 68 cit., aggiungendo che, in ogni caso, la CTR non avrebbe dovuto annullare in toto la cartella ma avrebbe dovuto procedere all’annullamento parziale.
2. Il motivo è fondato.
3. La CTR erra laddove, rilevato “un evidente errore di calcolo delle somme iscritte a ruolo”, osserva che “non sarebbe metodologicamente corretto confermare la validità della cartella” e provvede all’integrale annullamento dell’atto; infatti, se il vizio consiste nell’erronea determinazione del credito, essendo quello tributario un giudizio di “annullamento – merito”, il Giudice deve procedere al corretto accertamento del quantum, annullando l’atto per la parte eccedente il dovuto. In tal senso si è già espressa questa Corte, osservando che, “in ragione della natura di impugnazione-merito del processo tributario e del rispetto dei principi della ragionevole durata del giusto processo (artt. 111 Cost., art. 47 CDFU e art. 6 CEDU), il giudice, adito in una causa di opposizione di cartella di pagamento, ove sia accertata l’esistenza di un titolo giudiziale definitivo che abbia ridotto la pretesa impositiva originariamente contenuta nell’avviso di accertamento presupposto, con conseguente insussistenza parziale, rispetto alle originarie pretese, del suo presupposto legittimante, non può invalidare “in toto” la cartella, ma è tenuto a ricondurre la stessa nella misura corretta, annullandola solo nella parte non avente più titolo nell’accertamento originario” (Cass. n. 39660 del 2021; v. anche Cass. n. 29354 del 2020).
4. Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto e la sentenza deve essere cassata di conseguenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia che, in diversa composizione, provvederà anche alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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