CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 28269 depositata il 9 ottobre 2023
Lavoro – Pagamenti fatture – Restituzione interessi passivi – Collaborazione coordinata e continuativa – Risoluzione senza preavviso – Relazione del consulente tecnico di ufficio – Onere ai sensi dell’art. 366, comma 1 n. 6 cod. proc. civ. – Assenza vizio di motivazione – Rigetto
Rilevato che
1. la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda con la quale P.A., premesso di avere instaurato, a partire dal giugno 1992, un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con I.S. s.p.a., collaborazione avente ad oggetto la redazione di perizie di valutazioni di immobili nell’ambito delle istruttorie di concessione dei mutui ipotecari, che il rapporto era stato risolto senza preavviso in data 12 dicembre 2011, aveva chiesto la condanna di I.S. s.p.a. al pagamento degli importi ancora dovuti per fatture emesse in relazione agli incarichi espletati, alla restituzione degli interessi passivi applicati sul saldo passivo del proprio conto corrente acceso presso l’istituto di credito, saldo che assumeva frutto del sistematico, ritardato, pagamento delle fatture da parte della società e al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale collegato alla condotta contraria a correttezza e buona fede tenuta dall’istituto di credito nel recedere dal rapporto;
2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso P.A. sulla base di tre motivi, illustrati con memoria; la parte intimata ha depositato tempestivo controricorso;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. denunziando apparenza di motivazione in relazione alla ricostruzione dei reciproci rapporti di debito/ credito fra le parti, frutto – assume – del travisamento delle risultanze della consulenza tecnica di ufficio; in alternativa denunzia omesso esame di un fatto controverso decisivo ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc.civ.;
2. con il secondo motivo di ricorso deduce nullità della sentenza per violazione dell’ art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. denunziando apparenza di motivazione in relazione alla statuizione di rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale; denunzia inoltre omesso esame di fatto controverso e decisivo, oggetto di discussione tra le parti;
3. con il terzo motivo deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2 Cost. e degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. nonché dei principi in materia di abuso di diritto; in alternativa denunzia omesso esame di un fatto controverso e decisivo oggetto di discussione fra le parti; censura la sentenza impugnata per avere ritenuto la condotta di I.S. s.p.a. conforme a correttezza e buona fede;
4. il primo motivo di ricorso è infondato;
4.1. la motivazione apparente – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico destinato a sorreggere il decisum (Cass. n. 9105/2017, Cass. Sez.Un. n. 22232/2016, Cass. n. 20112/2009) rimettendo all’interprete, come non consentito (Cass. n. 22232/2016 cit.), il compito di integrare la motivazione con le più varie, ipotetiche congetture;
4.2. siffatta carenza motivazionale non è dato di rinvenire nelle ragioni che sorreggono la decisione impugnata della quale sono chiaramente percepibili i presupposti fattuali e giuridici che hanno indotto la Corte di merito a respingere la pretesa azionata dal ricorrente;
4.3. il giudice di appello ha evidenziato che il consulente tecnico d’ufficio di primo grado aveva proceduto ad un’analitica ricostruzione del rapporto di conto corrente in essere tra le parti a decorrere dal 1 luglio 2008 (momento a partire dal quale I.S. s.p.a. aveva iniziato a pagare direttamente le fatture all’Abbate, mentre prima le stesse erano pagate direttamente dal cliente interessato dalla pratica di mutuo) con ricalcolo degli interessi passivi e commissioni dovuti dall’Abbate previo inserimento fittizio, quale posta attiva del conto corrente, dell’ammontare di ciascuna delle fatture emesse dal professionista, considerate come regolarmente pagate al 30° giorno dalla relativa emissione, e precisato che all’esito di tale operazione residuava comunque a carico dell’Abbate un debito dell’importo di 2.333,35; alla luce di tale ricostruzione ha escluso la sussistenza di un credito in favore dell’odierno ricorrente;
4.4. l’accertamento fattuale alla base del decisum non risulta incrinato dalle deduzioni dell’odierno ricorrente in punto di preteso travisamento delle conclusioni attinte dal consulente tecnico di ufficio di primo grado per la dirimente considerazione che esse non sono corredate dalla trascrizione o dalla esposizione per riassunto, in termini idonei a consentire sulla base del solo esame del ricorso per cassazione la verifica della fondatezza delle censure articolate, degli atti e documenti alla base delle censure;
4.5. in particolare parte ricorrente non trascrive, come suo onere ai sensi dell’art. 366, comma 1 n. 6 cod. proc. civ. (v., tra le altre, Cass. n. 29093/2018, Cass. n. 16900/2015, Cass. n. 26174/2014, Cass. Sez. Un. n. 7161/2010), il contenuto della Tabella 4 allegata alla Relazione del consulente tecnico di ufficio di primo grado-Tabella invocata a supporto delle censure- e neppure, nelle parti di pertinenza, il contenuto della consulenza tecnica di ufficio; a tal fine deve escludersi la sufficienza del mero riferimento alle conclusioni spiegate dall’ausiliare di primo grado; è inoltre da escludere che le rilevate carenze del ricorso per cassazione possano essere sanate per il tramite di allegazioni contenute nella memoria depositata dall’Abbate, stante la funzione meramente illustrativa e non integrativa della stessa ( Cass. n. 8949/2023, Cass. n. 30760/2018, Cass. 17603/2011);
4.6. per la medesima ragione deve essere dichiarata inammissibile la deduzione di omesso esame di fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ., riferito alle medesime circostanze delle quali si assume, in via alternativa, il travisamento, dovendo in concorrente prospettiva di inammissibilità rilevarsi che i fatti dei quali si denunzia omesso esame risultano comunque presi in considerazione dalla Corte di merito avendo la stessa dichiaratamente fondato il proprio accertamento sugli esiti della consulenza tecnica di ufficio svolta in primo grado;
5. il secondo motivo è infondato nella parte in cui denunzia apparenza di motivazione ed inammissibile laddove denunzia omesso esame di fatto controverso e decisivo;
5.1. invero, in relazione al primo profilo, la decisione impugnata risulta chiara nei suoi presupposti logico – giuridici, avendo il giudice di appello ritenuto, in sintesi, che l’Abbate, sul quale ricadeva il relativo onere, non avesse offerto prova che i compensi per le perizie effettuate per S.I. s.p.a. rappresentavano la fonte di reddito prevalente per sé e la famiglia e che i ritardi nel pagamento delle fatture da parte della società gli avessero cagionato una situazione di dissesto economico tale da costringerlo a vendere sottocosto un immobile di proprietà perché non riusciva a fare fronte alle rate del mutuo; il giudice di appello ha, fra l’altro, evidenziato che già al momento nel quale l’Istituto aveva iniziato a pagare in ritardo, il conto corrente intestato all’Abbate presentava un saldo negativo di € 5.000,00;
5.2. in relazione al secondo profilo, si rileva che l’accertamento che esclude il nesso di casualità tra il ritardo nei pagamenti da parte di I.S. s.p.a. e la vendita sottocosto dell’immobile di proprietà dell’Abbate, non è validamente incrinato dalle deduzioni del ricorrente le quali, pur formalmente veicolate come vizio di motivazione, si sostanziano nella richiesta di riesame di circostanze tratte dalla consulenza tecnica di ufficio, riesame precluso sia per le modalità di evocazione di tali circostanze, in contrasto con il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (per cui vedi supra, punto 4.5.) sia perché si tratta di elementi comunque già esaminati dalla Corte di merito e dei quali si sollecita un diverso apprezzamento, come non consentito (cfr. , tra le altre, Cass. n. 7007/2015, Cass. n. 7921/2011, Cass. n. 15693/2004);
6. il terzo motivo di ricorso è inammissibile;
6.1. la modalità di deduzione di violazione di norma di diritto non è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il vizio ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’elencazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. Sez. Un. n. 23745/2020, Cass. n. 287/2016, Cass. n. 635/2015, Cass. n. 25419/2014, Cass. n. 16038/2013);
6.2. neppure sussiste il denunziato vizio di motivazione in quanto parte ricorrente omette di indicare lo specifico fatto – nel senso di fatto storico fenomenico – di rilevanza decisiva, asseritamente trascurato dal giudice di merito, come prescritto ( v. per tutte Cass. Sez. Un. n. 8053/2014); le censure articolate si sostanziano, infatti nella richiesta di un diverso apprezzamento di circostanze di fatto già espressamente prese in considerazione dal giudice di merito – quali ad es. la mail del 15.2.20109- per cui valgono le considerazioni a riguardo formulate in relazione al secondo motivo di ricorso (v. punto 5.2.);
7. in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve, quindi essere respinto;
8. le spese di lite sono regolate secondo soccombenza;
9. sussistono i presupposti processuali per la condanna del ricorrente al raddoppio del contributo unificato pari a quello previsto, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’ art.13 d. P.R. n. 115/2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
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