Corte di Cassazione ordinanza n. 29809 depositata il 12 ottobre 2022
ricorso in cassazione – gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’Ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva – nella deduzione del vizio di violazione di legge, è onere del ricorrente indicare, non solo le norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, svolgere specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie
RILEVATO CHE
1. In data 26 ottobre 2010, l’Agenzia delle entrate, a seguito di contraddittorio partecipato, notificava a M.R., esercente l’attività di vendita di articoli d’antiquariato, avviso di accertamento per il recupero di maggiori II.OD., IRAP ed IVA, per l’anno d’imposta 2005, in ragione di maggiori ricavi pari ad euro 492.480,00, determinati in applicazione dello studio di settore TM32U approvato con d.m. 5 aprile 2006.
2. Il M.R. impugnava l’avviso avanti la CTP di Roma, la quale respingeva il ricorso.
3. Il medesimo proponeva appello, respinto dalla CTR.
4. Propone egli ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR, affidandosi a tre motivi.
L’Agenzia delle entrate si costituisce ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 42, comma 1, d.P.R. 600 del 1973 e dell’art. 20 d.P.R. n. 266 del 1987.
1.1 L’avviso d’accertamento è stato sottoscritto da tale Giancarlo Di Fonzo su delega del Direttore Provinciale quale Capo Area Imprese minori e Lavoratori autonomi. A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015, il medesimo compare nella lista dei dirigenti dichiarati Pertanto l’avviso è inesistente o nullo, in quanto sottoscritto da funzionario privo di potere.
1.2 Il motivo è manifestamente infondato.
Esso consta infatti introdotto per la prima volta solo nel ricorso per cassazione.
Inoltre, per costante giurisprudenza, “in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’Ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza [in riferimento] al contratto del comparto Agenzie fiscali per il quadriennio 2002- 2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla I. n. 44 del 2012” (cfr. da ultimo Sez. 5, n. 5177 del 26/02/2020, Rv. 657340-01).
2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all’art. 62-sexies, comma 3, d.l. n. 331 del 1993 in combinato disposto con l’art, 39, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 e con l’art. 54 d.P.R. n. 633 del 1972.
2.1 L’accertamento – come riconosciuto dalla stessa CTR – è basato unicamente sull’applicazione degli studi di settore, non essendo stata riscontrata e contestata alcuna irregolarità contabile.
L’art. 62-sexies d.l. n. 331 del 1993 richiede, ai fini della legittimità dell’accertamento, non già un mero scostamento tra ricavi o compensi dichiarati ed attesi, ma il riscontro di gravi incongruenze.
A fronte di ciò, “nel caso ‘de quo’, l’incongruenza tra [i] compensi dichiarati e quelli rilevabili dagli studi di settore non poteva certamente dirsi grave”, tant’è che, “benché il Sig. M.R. sia risultato non linea con i risultati attesi in base all’applicazione dello studio di settore TM32U, sarebbe invece risultato perfettamente congruo se parametrato allo studio di settore più evoluto e sofisticato, ovvero il VM32U”. A termini della giurisprudenza di legittimità, le risultanze degli studi di settore, anche dopo l’art. 10 l.n. 146 del 1998, devono essere confortate da altri indizi rivelatori di irregolarità contributiva. D’altronde, l’incongruenza legislativamente prevista deve essere grave, talché lo scostamento tra ricavi dichiarati e ricavi attesi deve essere significativo.
2.2 Il motivo è inammissibile.
Nel giudizio di cassazione, a critica vincolata ed essenzialmente basato su atti scritti, essendo ormai solo eventuale la possibilità di illustrazione orale delle difese, i requisiti di completezza e di specificità imposti dall’art. 366 cod. proc. civ. perseguono la finalità di consentire al giudice di legittimità di avere la completa cognizione della controversia, senza necessità di accedere a fonti esterne. Pertanto, avuto precipuo riguardo alla prescrizione di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., qualora la censura si fondi su atti o documenti, è necessario che degli stessi il ricorrente riporti il contenuto, mediante la trascrizione delle parti rilevanti, precisando, inoltre, in quale sede e con quali modalità gli stessi siano stati acquisiti al processo; egli è inoltre tenuto ad assolvere al distinto onere previsto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (prescrivente l’obbligo di deposito, in uno al ricorso, degli atti processuali documenti e contratti o accordi collettivi sul quali esso si fonda), perché l’art. 366 cod. proc. civ., come modificato dall’art. 5 D.Lgs. n. 40 del 2006, riguarda le condizioni di ammissibilità del ricorso, mentre la produzione di atti e documenti è finalizzata a permettere la loro agevole reperibilità, sempre che gli stessi siano stati specificamente indicati nell’impugnazione (Sez. 6-3, n. 19048 del 28/09/2016, Rv. 642130-01).
I richiamati principi sono stati ribaditi dalle Sezioni Unite in una recente decisione con la quale si è affermato che, “in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità” (Sez. U, n. 34469 del 27/12/2019, Rv. 656488-01).
A detta ragione di inammissibilità va, poi, aggiunto che, nella deduzione del vizio di violazione di legge, è onere del ricorrente indicare, non solo le norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, svolgere specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla Corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Sez. L, n. 17570 del 21/08/2020, Rv. 658544-01; Sez. 1, n. 16700 del 05/08/2020, Rv. 658610-01).
Il motivo in disamina, da un canto, non deduce né argomenta alcuna violazione di legge nei termini anzidetti; dall’altro, evoca in termini del tutto generici un elemento di fatto, costituito dalla congruità rispetto ad uno studio di settore più evoluto, in guisa da sostenere l’insussistenza di alcuna grave incongruenza legittimante l’applicazione dello studio di settore meno evoluto: tuttavia né descrive i due studi di settore per render conto delle relative differenze e della maggiore raffinatezza di quello assunto a base del ricorso rispetto a quello utilizzato dall’Ufficio, né indica in quale atto o documento del processo sia consacrato il dato in sé della congruità allo studio di settore in tesi più evoluto.
Talché, in definitiva, il motivo in disamina, che neppure offre elementi logico-giuridici per collegare l’allegata ma indimostrata congruità allo studio· di settore più evoluto al parametro, di per se stesso disomogeneo, delle gravi incongruenze poste a fondamento dell’attività dell’Ufficio, finisce per irritualmente sollecitare un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie, in patente violazione dei canoni informatori del giudizio di legittimità (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 15276 del 01/06/2021, Rv. 661628-01).
3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti.
3.1 In appello il M.R. aveva dedotto:
- che nel 2001 aveva subito un intervento chirurgico e nel 2007 era stato riconosciuto invalido;
- che, in riferimento all’anno d’imposta 2005, mentre era risultato non in linea con i ricavi attesi in base all’applicazione dello studio di settore TM32U, sarebbe invece risultato perfettamente congruo se parametrato allo studio di settore VM32U, più evoluto e sofisticato;
- che troppo ampio era l’intervallo di confidenza caratterizzante lo studio di settore VM32U.
Tali fatti decisivi non sono stati presi in considerazione né direttamente né indirettamente dalla CTR.
Tali fatti paiono invece idonei sia ad escludere l’adeguatezza dello studio di settore utilizzato, sia a conclamare l’insussistenza dell’indispensabile requisito della gravità in relazione all’incongruenza.
3.2 Il motivo è inammissibile.
L’appello avverso la sentenza della CTP è stato proposto con ricorso depositato il 4 giugno 2014, sicché, ai sensi dell’art. 54, comma 2, d.l. n. 83 del 2012, conv. con mod. dalla l.n. 134 del 2012, è applicabile alla fattispecie l’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., che, in caso di sentenza d’appello confermativa di quella di primo grado, consente la proposizione del ricorso per cassazione solo per i motivi di cui ai numeri da 1 a 4 dell’art. 360 cod. proc. civ.
A fronte di tale quadro normativo, corrisponde al consolidato orientamento di questa Suprema Corte quello a termini del quale, nell’ipotesi di cd. ‘doppia conforme’ di merito, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ. il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. “funditus”, Sez. 1, n. 26774 del 22/12/2016, Rv. 643244-03).
Il ricorrente non ha ossequiato siffatto onere, con la conseguenza che la relativa ragione d’inammissibilità del ricorso, per il suo carattere assorbente, esime il Collegio dal valutare se la censura sia effettivamente riconducibile al vizio tipizzato dall’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. e se la stessa risulti ritualmente formulata alla stregua delle indicazioni rivenienti dalle indicazioni di questa Suprema Corte nella massima composizione (Sez. U, n. 34476 del 27/12/2019, Rv. 656492-03; Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831-01).
4. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Nulla spese in ragione del mancato svolgimento di attività processuale da parte dell’Agenzia delle entrate.
Deve dichiararsi il ricorrente tenuto al pagamento del doppio contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dichiara il ricorrente tenuto al pagamento del doppio contributo unificato, ai -sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002.
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