CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 32218 depositata il 21 novembre 2023
Tributi – Avvisi di accertamento per IVA, IRAP e ripresa IRPEF – Operazioni di sponsorizzazione ritenute oggettivamente inesistenti – Operazioni fraudolente in ambito tributario – Inesistenza del procedimento di notificazione – Notificazione dell’atto impositivo a mezzo posta in assenza dell’avviso di ricevimento – Ipotesi di nullità della notificazione – Raddoppio dei termini per fatti di rilevanza penale – Delega alla sottoscrizione di un atto impositivo di accertamento conferita dal dirigente al funzionario – Accoglimento
Rilevato che
1. La società contribuente G. A. S. S.a.s. di E.G. & C. e i singoli soci G.E. e F.R. P.G. hanno separatamente impugnato diversi avvisi di accertamento, relativi ai periodi di imposta 2003, 2006, 2007, emessi in data (…), e 2008, emesso in data (…), per IVA, IRAP e per ripresa IRPEF nei confronti dei soci per trasparenza (per il P. quanto al solo 2003), con i quali venivano disconosciuti costi indicati in fatture relative a operazioni di sponsorizzazione in quanto ritenute oggettivamente inesistenti. L’accertamento traeva origine da una verifica a carico del terzo A. G. S.r.l., che aveva intrattenuto rapporti commerciali con la società contribuente, che si riteneva avesse posto in essere operazioni fraudolente in ambito tributario.
2. La CTP di Vicenza ha rigettato i ricorsi riuniti.
4. La CTR del Veneto, con sentenza in data 30 novembre 2015, ha rigettato l’appello dei contribuenti. Il giudice di appello ha ritenuto che debba farsi applicazione, quanto ai termini di decadenza, del disposto del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128, art. 2, comma 3, ritenendo sussistere i presupposti del raddoppio dei termini per le “conseguenze penali degli accertamenti impugnati”. È, poi, stata rigettata l’eccezione di inesistenza della notificazione, ritenendo che la “conoscenza degli atti costituisce la sanatoria delle eccezioni sollevate dai contribuenti”. Ha, poi, ritenuto il giudice di appello che gli accertamenti sono sottoscritti da funzionario delegato come da documento già esibito in primo grado e ha confermato l’accertamento nel merito, ritenendo insussistenti i costi per sponsorizzazione, in quanto fatture emesse dalla A. G. S.r.l. e non da una associazione sportiva.
5. Propongono ricorso per cassazione i soci F. e G., in costanza dell’estinzione della società contribuente già prima dell’inizio del giudizio di appello, affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrato da memoria. Resiste con controricorso l’Ufficio. L’altro socio P. è rimasto intimato.
Considerato che
1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1, violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, comma 1, L. 20 novembre 1982, n. 890, artt. 3, 4 e 14, anche in relazione all’art. 149 c.p.c., comma 2 e art. 156 c.p.c., comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato il motivo di appello relativo all’inesistenza del procedimento di notificazione degli avvisi di accertamento impugnati. Deducono i ricorrenti che nel caso di specie avrebbe fatto difetto l’avviso di ricevimento del piego raccomandata, circostanza che si ripercuoterebbe sulla stessa esistenza del procedimento notificatorio, il che sarebbe oggetto di rinvio recettizio operato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, alle norme del codice di rito. Deducono, inoltre, i ricorrenti la non applicabilità della sanatoria degli atti processuali agli avvisi di accertamento. Osservano, inoltre, i ricorrenti che anche in caso di raddoppio dei termini per fatti di rilevanza penale, sarebbero comunque decorsi i termini per l’accertamento per il periodo di imposta 2003, per il quale il ricorso era stato proposto nel 2013, posto che alla data del 31 dicembre 2012 erano decorsi i termini per l’accertamento, non potendosi la sanatoria applicare in caso di decadenze di natura sostanziale in caso di nullità della notificazione.
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1, violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 1, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’atto impositivo fosse stato sottoscritto da persona ritualmente delegata. I ricorrenti trascrivono l’atto di delega e trascrivono la sentenza di primo grado, che aveva rigettato l’eccezione di parte contribuente sul presupposto che la sottoscrizione fosse del Capo Area Imprese minori (B.I.), ritenendo che la delega non fosse rispondente ai requisiti di legge, in quanto documento in larga parte “censurato”, per cui nelle parti omissate potrebbe contenere eccezioni al potere di delega, evidenziando come non possa supplire a una valida delega un ordine di servizio. Sulla questione i ricorrenti ritornano diffusamente in memoria, in considerazione dell’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, ritenendo che nel caso di specie si configurerebbe una delega di funzioni e non di firma e chiedono una rimeditazione dell’orientamento di questa Corte con rimessione della questione alle Sezioni Unite.
3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., ritenendo parte ricorrente la sentenza priva di motivazione sull’applicazione del termine lungo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3. Osserva parte ricorrente come il giudice di appello si sia limitato a un generico riferimento a conseguenze penali degli accertamenti, il che apparirebbe incomprensibile quanto al percorso logico seguito.
4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., ritenendo la sentenza priva di motivazione nella parte la sentenza impugnata ha deciso il merito della controversia, confermando la legittimità degli atti impositivi. Osservano i ricorrenti come la sentenza impugnata si sia limitata a dare atto che i soci della società estinta si fossero limitati a godere dei frutti della frode fiscale e che le fatture di acquisto oggetto di ripresa non sarebbero state emesse dalla società sportiva A. G. c/5 ma da A. G. S.r.l. e che tali fatture sarebbero attinenti a costi indeducibili, come provato dagli elementi acquisiti agli atti del giudizio. Si osserva che l’accertamento del godimento della frode fiscale non ha alcuna attinenza con il percorso motivazionale e che non sarebbe comprensibile come la conferma dell’atto impugnato possa discendere dal fatto che le fatture fossero ascrivibili alla A. G. S.r.l. e che, pertanto, fossero attinenti a operazioni oggettivamente inesistenti, così come non sarebbero stati indicati i connotati della non inerenza dei costi ai fini della deducibilità.
5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, nella parte in cui la sentenza impugnata ha confermato nel merito gli atti impositivi.
Osserva parte ricorrente che in caso di operazioni oggettivamente inesistenti il giudice del merito ha l’onere di valutare l’esistenza a carico dell’Ufficio di un quadro indiziario sufficientemente pregnante circa l’inesistenza delle operazioni sottostanti, quadro che – ad avviso di parte ricorrente – il giudice di appello avrebbe omesso di considerare. Evidenziano i ricorrenti come non sarebbero stati analiticamente indicati questi elementi e osservano come le fatture dell’emittente A. G. S.r.l. sarebbero attinenti a operazioni effettivamente svolte, benché da altro emittente, la associazione A. G. c/5.
6. Il primo motivo è fondato nei termini che seguono. Va preliminarmente rigettata la censura nella parte in cui deduce l’inesistenza della notificazione degli avvisi di accertamento impugnati, non ricorrendo l’inesistenza della notificazione nel caso di mancanza dell’avviso di ricevimento della spedizione dell’atto impugnato a mezzo piego raccomandato. Il mancato deposito dell’avviso di ricevimento di una notificazione effettuata a mezzo posta è causa di nullità e non di inesistenza, della notificazione, con conseguente rinnovabilità per ordine del giudice ai sensi dell’art. 291 c.p.c., costituendo tale avviso prova della regolarità della notificazione ma non elemento strutturale di essa (Cass., Sez. V, 31 agosto 2022, n. 25639; Cass., Sez. VI, 23 febbraio 2021, n. 4791; Cass., Sez. V, 30 dicembre 2009, n. 28045). Ciò in quanto l’inesistenza della notificazione è ipotesi del tutto eccezionale, che ricorre in casi in cui il procedimento notificatorio è avulso dal suo schema tipico, ossia ove risulti privo degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità (Cass., Sez. U., 20 luglio 2016, n. 14916). Ne consegue che la notificazione dell’atto impositivo a mezzo posta in assenza dell’avviso di ricevimento ricade nelle ipotesi di nullità, nullità sanata dalla proposizione del ricorso ex art. 156 c.p.c..
7. Infondata è, poi, la censura di non applicabilità della sanatoria agli atti sostanziali come gli avvisi di accertamento, ancorché esecutivi, non ostando – per costante giurisprudenza di questa Corte – alla natura sostanziale dell’atto tributario l’applicazione di principi propri del diritto processuale quale la sanatoria ex art. 156 c.p.c. (Cass., Sez. VI, 5 marzo 2019, n. 6417; Cass., Sez. V, 17 gennaio 2019, n. 1156).
8. La sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo non può, peraltro, comportare il venir meno di decadenze eventualmente già verificatesi medio tempore sul piano sostanziale (Cass., Sez. VI, 12 luglio 2017, n. 17198; Cass., Sez. V, 12 luglio 2013, n. 17251; Cass., Sez. U., 5 ottobre 2004, n. 19854), con riferimento nella specie al periodo di imposta 2003. Nella specie si verte in tema di nullità della notificazione per mancanza dell’avviso di ricevimento. Tuttavia, l’avviso è stato impugnato con atto spedito a mezzo posta in data 6 maggio 2013, una volta che era (in tesi) decorso il termine di decadenza dall’accertamento, anche tenuto conto del raddoppio dei termini di accertamento. Il ricorrente, pur non trascrivendo il ricorso introduttivo di primo grado relativo anche all’accertamento relativo al periodo di imposta 2003, lo allega al ricorso (sub. doc. 5).
9. Dovendo, secondo la formulazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, pro-tempore, l’avviso essere notificato entro il quarto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione, si sarebbe verificata la sanatoria per raggiungimento dello scopo ove l’avviso, atto sostanziale con notificazione nulla in assenza dell’avviso di ricevimento, fosse stato notificato ove fosse stato proposto tempestivo ricorso prima della scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento (Cass., Sez. V, 17 gennaio 2019, n. 1156), ossia entro il 31 dicembre 2012, essendosi a tale data verificatasi la decadenza dal potere di accertamento (Cass., Sez. VI, 12 luglio 2017, n. 17198; Cass., Sez. V, 12 luglio 2013, n. 17251), che la successiva notificazione dell’impugnazione non può far rivivere. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al periodo di imposta 2003, cassandosi la sentenza sul punto.
10. Il secondo motivo è inammissibile nella parte in cui ritiene che la delega prodotta dall’Ufficio non sia idonea a dimostrare i poteri del delegato, avendo il giudice di appello ritenuto che la delega prodotta dall’Ufficio sin dal primo grado di giudizio fosse idonea a giustificare i poteri di sottoscrizione del delegato. Nel qual caso, il motivo tende a una rivalutazione del materiale probatorio esaminato dal giudice del merito. D’altro canto, parte ricorrente non deduce specifici profili di censura dell’atto impugnato, limitandosi a prospettare (senza provare) che le parti censurate possano astrattamente contenere limitazioni alla delega.
11. Il secondo motivo è, invece, infondato nella parte in cui deduce che l’ordine di servizio non sarebbe idoneo a costituire valida delega alla sottoscrizione di un avviso di accertamento, posto che l’avviso di accertamento non sottoscritto dal titolare dell’Ufficio è valido ove l’Amministrazione produca, anche in giudizio, l’ordine di servizio recante l’indicazione del nominativo del delegato e dei limiti oggettivi della delega (Cass., Sez. VI, 6 marzo 2018, n. 5200), come parte ricorrente stessa osserva in memoria.
12. Quanto alla questione del supposto overruling di questa Corte nell’avere ritenuto che la delega alla sottoscrizione di un atto impositivo di accertamento conferita dal dirigente al funzionario sia una delega di firma e non di funzioni (Cass., Sez. V, 29 marzo 2019, n. 8814), non si ravvisano – ai fini della richiesta rimessione della questione alle Sezioni Unite – ragioni per non tenere ferma codesta giurisprudenza, del tutto consolidata (Cass., Sez. V, 4 maggio 2023, n. 11765; Cass., Sez. VI, 13 gennaio 2023, n. 931; Cass., Sez. VI, 26 ottobre 2022, n. 31649; Cass., Sez. VI, 2 settembre 2022, n. 25902; Cass., Sez. VI, 15 giugno 2022, n. 19217; Cass., Sez. VI, 8 marzo 2022, n. 7529; Cass., Sez. VI, 12 gennaio 2022, n. 713; Cass., Sez. VI, 19 novembre 2021, n. 35643; Cass., Sez. V, 10 novembre 2021, n. 32986; Cass., Sez. VI, 19 ottobre 2021, n. 28986; Cass., Sez. V, 13 luglio 2020, n. 14904; Cass., Sez. V, 13 luglio 2020, n. 14898; Cass., Sez. V, 19 aprile 2019, n. 11013).
13. Il terzo e il quarto motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati, posto che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la nullità della sentenza può essere predicata solo in assenza del percorso logico che ha condotto alla decisione, ovvero in caso di assoluta apparenza della stessa, tale da non consentire la ricostruzione dell’effettivo percorso motivazionale che ha condotto alla decisione (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
14. Per entrambe le statuizioni la sentenza impugnata, per quanto estremamente scarna, consente di ricostruire il percorso della decisione. Per quanto riguarda le “conseguenze penali”, pur in costanza dell’atecnica espressione utilizzata dal giudice di appello, appare evidente, anche alla luce della narrativa della sentenza impugnata, che il riferimento corra al raddoppio del termine di accertamento in caso di violazioni che comportino obbligo di denuncia penale per i reati di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, medio tempore), avendo in narrativa il giudice di appello dato atto dello svolgimento delle difese su questo tema e sugli esiti avuti per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 247/2011 che ha rigettato la questione di costituzionalità del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57. Parimenti, la sentenza di appello ha ritenuto che le fatture di sponsorizzazione fossero state emesse per operazioni oggettivamente inesistenti in quanto emesse da un soggetto, la A. G. S.r.l., che non era associazione sportiva a differenza del soggetto indicato in sentenza come soggetto esercente attività sportiva e che, quindi, non poteva svolgere prestazioni di carattere sportivo, percorso logico compiuto e comprensibile.
15. Il quinto motivo è inammissibile, in quanto costituisce tentativo di revisione dell’accertamento in fatto degli elementi di prova esaminati dal giudice del merito, con particolare riferimento alla pregnanza indiziaria del coacervo esaminato dal giudice di appello. Il giudice di appello ha, difatti, ritenuto che le prestazioni di sponsorizzazione non fossero mai state eseguite sulla base delle prove addotte dall’Ufficio, secondo cui – come indicato in narrativa – l’emittente aveva emesso fatture mai conservate, né esibite, in relazione alle quali riceveva i relativi importi con strumenti di pagamento tracciabili e restituiva i relativi importi con mezzi di pagamento non tracciabili (in contanti) una quota parte di tali importi. Inoltre, la sentenza impugnata ha accertato che era stato accertato che l’emittente avesse operato su conti esteri al fine di procurarsi la provvista ai committenti, circostanze che la sentenza impugnata ha ritenuto riscontrate dalle dichiarazioni dei soci della società emittente, uno dei quali aveva dichiarato di avere effettuato un rimborso parte a mani personalmente all’odierno ricorrente G.E. e parte a mani dell’amministratore della società, dichiarazioni implicitamente richiamate nella parte motiva della sentenza impugnata.
16. Il ricorso va, pertanto, accolto per quanto in motivazione in relazione al primo motivo per il periodo di imposta 2003, rigettandosi nel resto il motivo, unitamente agli ulteriori motivi di ricorso. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, il ricorso va parzialmente accolto nel merito, ritenendosi l’Ufficio decaduto dal potere di accertamento per tale periodo di imposta, accogliendosi l’originario ricorso. La parziale soccombenza e l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità comportano la compensazione delle spese processuali dei due gradi del giudizio di merito e del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo per quanto in motivazione e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso relativo al periodo di imposta 2003; rigetta gli altri motivi; dichiara compensate integralmente tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.
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