CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 32399 depositata il 22 novembre 2023
Tributi – Silenzio rifiuto – Rimborso ritenute d’acconto – IRPEF – Periodo di sospensione dei versamenti – Aiuti individuali – Verifica della compatibilità con il regime degli aiuti di Stato – Accoglimento
Rilevato
Il contribuente impugnava il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale L’Aquila – in relazione alla richiesta di restituzione del 60% delle ritenute d’acconto Irpef versate durante il periodo di sospensione dei versamenti (…), quantificate in Euro 9.618,00 per l’anno 2009 ed in Euro 13.105,00 per l’anno 2010, oltre interessi nella misura di legge e maggior danno da svalutazione monetaria, dalla data di presentazione dell’istanza di rimborso sino al saldo effettivo.
La CTP di L’Aquila rigettava le ragioni del contribuente compensando le spese di lite.
Sul gravame del contribuente, il collegio d’appello confermava la sentenza di prime cure.
Insorge il contribuente affidandosi ad un unico mezzo, mentre resta intimata l’Agenzia.
Considerato
Con il solo motivo, sollevando censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione della L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, il ricorrente censura la pronuncia di seconde cure nella parte in cui ha ritenuto che la riduzione al quaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute operasse nei soli confronti dei soggetti che non avessero, alla data di entrata in vigore della disciplina stessa, ancora provveduto al pagamento e non anche, mediante lo strumento del rimborso del sessanta per cento del versato, nei confronti di chi, come il ricorrente, avesse (nonostante la sospensione), pagato i tributi nei termini di legge.
In un caso simile, tuttavia attinente al rimborso Iva, questa Corte ha ritenuto che “La società ricorrente sostiene che la norma del 2011 vada interpretata nel senso che essa disponga la riduzione al 40 per cento non solo per le imposte non ancora versate ma anche per le imposte già versate, con conseguente diritto della parte, in tal caso, al rimborso dell’eccedenza, dovendosi ritenere del tutto omogenea la situazione di coloro che non hanno versato l’imposta, ammessi a fruire di una riduzione del pagamento da effettuare, e di coloro che, invece, operati i versamenti, possono richiedere il rimborso delle maggiori somme corrisposte, tesi questa in linea con l’interpretazione della Corte di cassazione sull’omologa previsione di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, riferita al sisma del (…)” (così Cass., n. 22211 del 2023).
La vicenda, tuttavia, proprio perché inerente al rimborso – anche – per Iva, si concludeva con un rinvio a nuovo ruolo nell’attesa della decisione della Corte di Giustizia sulla questione “Se i principi dichiarati nell’ordinanza Agenzia delle Entrate c/ Nuova Invincibile srl, in C- 82/14, EU:C:2015:510, nonché nella sentenza 17 luglio 2008, Commissione c/ Italia, in C-132/06, EU:C:2008:412, ostino ad una disposizione normativa, quale quella risultante dalla L. n. 183 del 2011, art. 33, comma 28, che consente ai contribuenti di ottenere il rimborso, nella misura del 60%, di quanto versato a titolo di Iva nel periodo tra (…) in relazione al terremoto che ha interessato il territorio abruzzese il (…)”.
In un’altra vicenda, analoga all’odierna, in cui si contestava l’opportunità dei versamenti non effettuati nel periodo di sospensione (…), successivamente integrati fino a concorrenza del 40% del carico fiscale, come previsto dalla L. n. 183 del 2011, art. 33, comma 28, si operavano le seguenti considerazioni: “Seppur originato dalla sospensione del versamento degli acconti IRES da parte della società contribuente, donde trae origine la cartella di pagamento oggetto dell’originaria impugnazione, il giudizio ha ad oggetto la legittimità della pretesa erariale; in tal senso, peraltro, la sentenza d’appello ha confermato la decisione di primo grado che ha limitato l’entità del recupero “fino concorrenza del 40% (tenuto conto dell’abbattimento del 60%)”.
Detto abbattimento è stato ricondotto dai giudici di merito alla previsione di cui alla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, compresa fra le misure di aiuto di Stato ritenute incompatibili con il mercato interno dalla Commissione UE con la decisione n. C(2015) 5549 final del 14/08/2015, che il giudice nazionale è tenuto ad attuare anche mediante disapplicazione di norme contrastanti (cfr. Cass. n. 3070/2018).
Com’e’ noto, la stessa decisione ha fatto salva l’ipotesi che si tratti di un “aiuto individuale” che “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014”, ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti cd. “de minimis” (par. 2), o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’art. 1 del regolamento (CE) n. 994/98” (sull’applicazione degli artt. 92 e 93 – ora 87 e 88 – del Trattato a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali), “o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (p. 3 dec. cit.).
In relazione a tale ultimo aspetto, questa Corte ha affermato che spetta al giudice di merito valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la Commissione, consentono di ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, trattandosi di aiuti individuali o conformi ai dettami dell’art. 107, p. 2, lett. b), del TFUE (cfr. Cass. n. 30927/2019).
Tale valutazione non è stata compiuta dalla C.T.R., come avrebbe dovuto, risultando dalla pronuncia impugnata che il contribuente svolge attività di lavoro autonomo, avente natura economica, equiparabile, secondo la giurisprudenza sovranazionale, ad attività d’impresa.
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, affinché vi provveda.
Il giudice d’appello, in particolare, dovrà accertare che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento “de minimis” applicabile, “tenendo conto, in specie, che la regola “de minimis”, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza” (cfr. Cass. n. 22377/2017) e, in difetto, valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la menzionata decisione della Commissione UE, fanno ritenere comunque compatibile gli aiuti in esame con il mercato interno, ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale” (par. 150, lett. b), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame” (par. 136), il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovra compensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (par. 148).
Inoltre, e sempre in conformità con quanto rilevato da questa Corte (Cass. n. 30927/2019; Cass. n. 14465/2017), il rispetto della regola “de minimis” dovrà comportare anche la verifica dell’ammontare massimo totale del contributo su un periodo di tre anni dall’erogazione del primo aiuto.
In questi termini si è già espressa questa Corte in fattispecie analoga, relativa ai rimborsi delle trattenute IRPEF, come il caso che occupa e proprio con riguardo al sisma di L’Aquila, motivando sugli argomenti sopraesposti il diritto al rimborso, previa verifica della sua compatibilità con il regime degli aiuti di Stato, come precisati dalle fonti Euro unitarie e affinati dalla citata giurisprudenza delle corti comunitarie (cfr. Cass. V, ord. n. 21427/2021; si veda anche Cass. sez. V, ord. n. 12858/2022, in particolare, par. 6.1., in motivazione).
Pertanto, è da accogliersi il ricorso con rinvio perché il giudice di merito valuti la compatibilità dell’istanza di rimborso con la ricorrenza dei requisiti del c.d. de minimis secondo la richiamata decisione della Commissione UE.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per l’Abruzzo, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di merito.