CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 336 depositata il 5 gennaio 2024
Lavoro – Anzianità di servizio – Stabilizzazione del dipendente assunto a termine – Assunzione a seguito di superamento di concorso pubblico – Accoglimento
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Bologna, adita dal C.N.R. – Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso di A.R., F.R. e L.G. ed aveva accertato il diritto dei ricorrenti a vedersi riconoscere, ai fini dell’anzianità di servizio, i periodi in cui l’attività di ricercatore era stata prestata sulla base di contratti a tempo determinato, condannando l’ente convenuto alla ricostruzione della carriera ed al pagamento delle differenze retributive;
2. la Corte territoriale, respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello, ha ritenuto inapplicabile alla fattispecie l’orientamento secondo cui il principio di non discriminazione nelle condizioni di impiego impone il riconoscimento dell’anzianità di servizio in caso di successiva stabilizzazione del dipendente assunto a termine ed ha rilevato che quell’orientamento è giustificato dalla circostanza che la procedura di stabilizzazione trova i suoi presupposti legittimanti proprio nell’avvenuta assunzione a tempo determinato;
3. ha osservato che, al contrario, il superamento del concorso pubblico determina l’instaurazione di un rapporto che non si ricollega alle precedenti assunzioni e che è regolato dal bando, il cui contenuto è vincolante sia per l’amministrazione che indice la selezione sia per i partecipanti, bando che risulterebbe violato qualora il vincitore pretendesse, dopo l’assunzione, un diverso inquadramento;
4. per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso i litisconsorti indicati in epigrafe sulla base di due motivi, ai quali ha opposto difese il Consiglio Nazionale delle Ricerche, con controricorso, successivamente illustrato da memoria.
Considerato che
1. con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc., i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. e sostengono, in sintesi, che la Corte territoriale avrebbe dovuto accogliere l’eccezione di inammissibilità dell’appello perché privo di specificità e perché non formulato individuando i capi della sentenza oggetto di impugnazione e le ragioni per le quali il Tribunale aveva errato nel ritenere fondata la domanda;
2. con il secondo motivo, articolato in più punti, è denunciata la violazione della direttiva 1999/70/Ce ed i ricorrenti, mediante il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte e di merito, deducono che le ragioni oggettive che sole possono giustificare la disparità di trattamento prescindono dalle modalità di reclutamento e vanno apprezzate in relazione alle caratteristiche intrinseche delle mansioni;
aggiungono che la clausola del bando, valorizzata dalla Corte distrettuale, doveva essere disapplicata perché secondo l’insegnamento del giudice eurounitario non è sufficiente a giustificare la disparità di trattamento una norma generale ed astratta né, tantomeno, un atto unilaterale del datore di lavoro o una clausola contrattuale;
3. il primo motivo di ricorso, che denuncia l’error in procedendo nel quale la Corte distrettuale sarebbe incorsa, è formulato senza il rispetto degli oneri di specifica indicazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., perché non riporta, neppure in sintesi, il contenuto motivazionale della sentenza di primo grado, e non fornisce indicazioni sulla localizzazione della stessa nel fascicolo processuale;
3.1. il requisito imposto dal richiamato art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. deve essere verificato anche in caso di denuncia di errores in procedendo, rispetto ai quali la Corte è giudice del «fatto processuale», perché l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012);
3.2. la parte, quindi, non è dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di riportare nel ricorso, nelle parti essenziali, gli atti rilevanti, non essendo consentito il mero rinvio per relationem, perché la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (cfr. fra le più recenti Cass. S.U. n. 20181/2019; Cass. n. 20924/2019);
3.3. gli oneri sopra richiamati sono, altresì, funzionali a permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame risulti indispensabile ai fini della decisione sicché, se da un lato può essere sufficiente per escludere la sanzione della improcedibilità il deposito della richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio nonché dei fascicoli di parte di entrambi i gradi del giudizio di merito, dall’altro non si può mai prescindere dalla specificazione dell’esatta sede in cui il documento o l’atto sia rinvenibile (Cass. S.U. n. 25038/2013);
3.4. la recente decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 28 ottobre 2021, Succi ed altri contro Italia, ha escluso che l’orientamento sopra richiamato sia in sé lesivo del diritto di accesso alla giurisdizione superiore ed ha rilevato che la cosiddetta autosufficienza del ricorso, se applicata senza cadere in eccessivo formalismo, serve a semplificare l’attività dell’organo giurisdizionale nazionale e ad assicurare nello stesso tempo la certezza del diritto nonché la corretta amministrazione della giustizia (punto 75) in quanto, consentendo alla Corte di Cassazione di comprendere il contenuto delle doglianze sulla base della sola lettura del ricorso, garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili ( punti 78, 104 e 105);
3.5. le Sezioni Unite di questa Corte, nel recepire detta sollecitazione, con la sentenza n. 8950 del 18 marzo 2022 hanno affermato che l’onere di «specifica indicazione» imposto dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. non si può «tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso», ma hanno anche ritenuto necessaria l’individuazione chiara del contenuto dell’atto;
3.6. nel caso di specie, al contrario, il ricorso è redatto, quanto alla sentenza di primo grado in relazione alla quale va misurata la specificità dell’impugnazione, con modalità non dissimili da quelle in ragione delle quali la citata pronuncia Succi ed altri contro Italia ha escluso, nei punti da 103 a 105, che la dichiarazione di inammissibilità da parte della Corte di Cassazione avesse comportato violazione dell’art. 6 della Convenzione ( si legge al punto 103: che, secondo la giurisprudenza interna non contestata su questo punto, i motivi di ricorso per cassazione che rinviano ad atti o a documenti del procedimento sul merito devono indicare sia le parti del testo in contestazione che l’interessato ritiene pertinenti, che i riferimenti ai documenti originali inseriti nei fascicoli depositati, allo scopo di permettere al giudice di legittimità di verificarne tempestivamente la portata e il contenuto salvaguardando le risorse disponibili);
4. il secondo motivo è, invece, fondato per le ragioni già espresse da Cass. n. 29663 e Cass. n. 9955 del 2022 che hanno accolto i ricorsi proposti avverso analoghe pronunce della stessa Corte distrettuale;
con le richiamate decisioni è stato osservato che il riconoscimento dell’anzianità, dopo l’assunzione in ruolo, non può essere escluso per il solo fatto che quest’ultima sia avvenuta in esito a concorso, in quanto la clausola 4 dell’Accordo Quadro attribuisce un diritto incondizionato, che non può essere paralizzato da valutazioni generali ed astratte, dovendosi verificare, in relazione alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, se vi sia discriminazione illegittima e quindi se vi sia coerenza o meno, sotto il profilo dell’esperienza professionale maturabile nel tempo, tra le attività svolte prima e dopo l’immissione in ruolo (per il principio, pur se a situazione concreta inversa, C. 4195/2020; v. anche C. 31149/2019);
4.1. si è aggiunto che le modalità di assunzione in ruolo sono di per sé sole irrilevanti, dovendosi invece valutare in concreto se vi sia coerenza tra le attività svolte prima e dopo l’assunzione a tempo indeterminato e se, quindi, l’esperienza maturata sia omogenea e tale da riverberarsi nel necessario rilievo dell’anzianità (v. sempre Cass. 4195/2020, punto 10), secondo i medesimi criteri di valorizzazione di quest’ultima che operano, per i lavoratori a tempo indeterminato, nel rapporto di lavoro considerato;
5. sulla base dei richiamati principi, condivisi dal Collegio e qui ribaditi, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo, che procederà ad un nuovo esame, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità;
6. non sussistono le condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. N. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione alla quale demanda di provvedere anche sul regolamento delle spese del giudizio di cassazione.
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