CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 33874 depositata il 4 dicembre 2023
Lavoro – Diritto all’assegno sociale – Richiesta presentata dopo omologa della separazione – Carattere non sussidiario dell’assegno – Stato di bisogno – Condotte fraudolente – Fittizietà della separazione – Stato di famiglia – Parziale accoglimento
Rilevato che
In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di L’Aquila negava a (…) il diritto all’assegno sociale.
Riteneva la Corte di ravvisare un comportamento elusivo dell’attuale ricorrente, desunto sia dall’aver chiesto in sede di separazione personale una somma a titolo di mantenimento assai modesta in rapporto al reddito del coniuge, sia dal fatto che la domanda di assegno era stata presentata due mesi dopo l’omologa della separazione personale, sia dal fatto che, a seguito di richiesta (…), ella aveva inviato un certificato in cui risultava ancora iscritta nello stato di famiglia del marito anche dopo la separazione e convivente col medesimo, mentre solo tempo dopo aveva provveduto a variare la propria situazione anagrafica.
Avverso la sentenza, (…) ricorre per quattro motivi.
(…) è rimasto intimato.
All’adunanza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso, (…) deduce violazione e falsa applicazione dell’art.3, co.6 I. n.335/95, per avere la Corte ritenuto rilevante il comportamento tenuto in sede di separazione personale quanto alla richiesta di un assegno modesto di mantenimento. Cita Cass.14513/20 ricordando che l’assegno sociale spetta anche quando lo stato di bisogno sia creato colpevolmente.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce omesso esame di un fatto decisivo: la Corte, con motivazione incomprensibile, avrebbe messo in dubbio le risultanze dello stato anagrafico, definendo “strano” il fatto che per il marito fosse ivi indicato piano e interno della residenza, e ciò non fosse invece per la (stessa) residenza della moglie.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art.437 c.p.c. in quanto la Corte avrebbe basato la decisione sullo stato di famiglia prodotto (…) tardivamente solo in grado d’appello.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art.42, co.11 d.l. n.269/03, conv. in I. n.326/03 per avere la Corte condannato l’attuale ricorrente alle spese del grado d’appello nonostante ella avesse prodotto certificazione ex art.152 d.a. c.p.c. già in primo grado, valevole anche in grado d’appello.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Come ricorda la ricorrente, questa Corte (v. Cass.24955/21; in seguito v. Cass.24774/22, Cass.26315/23, Cass.21699/23) ha affermato che l’assegno sociale non ha carattere sussidiario nel senso voluto da detta pronuncia; esso cioè non è subordinato al fatto che manchino soggetti obbligati al mantenimento e in grado di provvedervi. Ha aggiunto Cass.24955/21, cit., che ai fini dell’assegno sociale rileva lo stato di bisogno oggettivamente considerato, mentre nessuna norma richiede che esso debba altresì essere incolpevole.
Tuttavia, sempre Cass.24955/21 ha anche puntualizzato che il principio di rilevanza dello stato di bisogno oggettivamente inteso non impedisce al giudice di accertare, anche a mezzo di presunzioni, la presenza di condotte fraudolente volte a simulare artificialmente condizioni di bisogno, al fine di specificamente profittare della pubblica assistenza.
Ciò è quanto ritenuto – con un giudizio di fatto insindacabile in questa sede, se non nei limiti dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c. – dalla Corte d’appello. La sentenza è infatti giunta a concludere, nella sostanza, che la separazione consensuale fosse stata simulata tra i coniugi al fine di ottenere la prestazione previdenziale.
A tal fine ha considerato: a) l’irrisorietà dell’assegno chiesto a titolo di mantenimento in rapporto alle condizioni economiche del marito; b) la presentazione della domanda di assegno sociale appena due mesi dopo l’omologa della separazione personale; c) l’invio, a seguito di richiesta (…), da parte della ricorrente di un certificato in cui risultava ancora iscritta nello stato di famiglia del marito anche dopo la separazione e convivente col medesimo, mentre solo tempo dopo aveva provveduto a variare la propria situazione anagrafica.
Il secondo motivo è inammissibile. Esso censura come perplesso e incomprensibile un passaggio motivazionale della sentenza, laddove si definisce strana la circostanza che nello stato di famiglia fosse indicato il medesimo indirizzo per i due coniugi separati e però solo per il marito fosse indicato piano e interno dell’abitazione. Ora, da un lato, il motivo nel censurare tale assunto non allega un diverso fatto storico decisivo, ossia capace di sovvertire il quadro probatorio come già descritto dalla sentenza e sopra riassunto; dall’altro lato, detto passaggio non vale in sé solo a fondare una motivazione che possa dirsi nel suo complesso incomprensibile e perplessa, tale da integrare il vizio di omessa motivazione ex art.360, co.1 n.4 c.p.c: trattasi infatti solo di un frammento motivazionale che nulla toglie al resto dell’argomentazione svolta dalla Corte a sostegno delle proprie conclusioni.
Il terzo motivo è infondato.
Dal testo della sentenza emerge che (…), in appello, aveva allegato la fittizietà della separazione, facendo valere il documento (stato di famiglia) poi prodotto.
Sotto questo profilo, dunque, il documento era ammissibile in quanto trovava adeguato supporto nelle allegazioni difensive (v. Cass. S.U. n.8202/05). Quanto alla produzione solo in appello e alla sua supposta tardività, la Corte si è rettamente avvalsa del documento in ragione della sua indispensabilità ai fini della decisione, siccome prova decisiva al fine della ricerca della verità materiale, ossia del reale atteggiarsi del rapporto tra i coniugi, a dispetto della formale separazione.
Il quarto motivo è fondato.
Risulta agli atti che in primo grado fu prodotta certificazione ex art.152 d.a. c.p.c. Questa, secondo orientamento di legittimità cui va dato seguito, vale anche per il grado d’appello, senza bisogno di sua rinnovazione (Cass.16284/11, Cass.21630/13).
Conclusivamente, in accoglimento del quarto motivo, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, si può decidere la causa nel merito dichiarando non tenuta l’attuale ricorrente al pagamento delle spese di lite dei due gradi di merito.
Le spese del presente giudizio di cassazione seguono la soccombenza (…) sul quarto motivo di ricorso.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo di ricorso e, respinti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara la ricorrente non tenuta al pagamento delle spese di lite dei precedenti gradi di merito;
condanna la a (…) pagare le spese di lite del presente giudizio di cassazione che si liquidano in €1500 per compensi, €200 per esborsi, oltre 1 5 % per spese generali e accessori di legge.
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