Corte di Cassazione, ordinanza n. 5002 depositata il 16 febbraio 2023
amministratore di fatto – notifica atti – legittimazione ad agire
Rilevato che:
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, veniva rigettato l’appello proposto da L.S. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n.24186/25/17 che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dal contribuente per l’annullamento dell’avviso di accertamento notificatogli quale amministratore di fatto della società A.U. S.r.l. ai fini IRES, IVA, IRAP per vantaggi fiscali non spettanti relativamente al periodo di imposta 2005.
2. Il giudice di prime cure riteneva dimostrato l’esercizio dell’amministrazione di fatto della suddetta società da parte del contribuente, anche in forza di altra sentenza della CTR resa in data 3.2014 in processo tra le medesime parti. Il giudice d’appello confermava tale decisione, considerate le risultanze probatorie emergenti dall’accertamento, in particolare in quanto gli utili della società risultavano versati sul conto corrente intestato al contribuente.
3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidato a tre motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso; da ultimo parte contribuente deposita memoria, rendendo nota la costituzione di nuovo difensore in sostituzione.
Considerato che:
4. Con il primo motivo, in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. cov. , il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 62, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 per aver la sentenza impugnata ritenuto legittima la notifica dell’atto impositivo nei suoi confronti, benché non fosse amministratore di fatto della società e, comunque, legale rappresentante della stessa.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce, con riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., l’illegittimità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione in ordine alla violazione e falsa applicazione degli artt. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 145 cod. proc. civ., avendo il giudice d’appello mancato di rilevare che la notifica dell’atto impugnato era del tutto inesistente perché l’atto è stato spedito e ricevuto a mezzo del servizio postale in Comune diverso da quello del domicilio fiscale della società.
Il terzo motivo – in relazione all’art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. – prospetta l’illegittimità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, circa l’asserita inefficacia della notifica dell’atto impugnato.
5. I motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili.
Come già affermato più volte da questa Corte, ad es. con la decisione n. 36558/2021 resa inter partes, l’interesse ad agire – quale condizione dell’azione ex art. 100 cod. proc. civ. – richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire (cfr. Cass. 4 maggio 2012, n. 6749; Cass. 27 gennaio 2011, n. 2051; Cass. 28 giugno 2010, n. 15355).
Nel caso in esame, l’atto impositivo è stato emanato nei confronti della società per l’adempimento di obbligazioni tributarie a lei relative ed è stato notificato all’odierno ricorrente solo nella supposta qualità di amministratore di fatto della stessa.
6. Quest’ultimo, pertanto, non ha alcun interesse in ordine alla legittimità dell’atto impositivo, in quanto avente ad oggetto l’accertamento di situazioni giuridiche soggettive cui lo stesso è estraneo. Infatti, un siffatto interesse non può individuarsi dall’esposizione dell’amministratore a responsabilità o sanzioni per violazioni imputabili alla società amministrata, attesa la diversità dei presupposti applicativi e l’assenza di un’efficacia – neanche riflessa – del giudicato che si forma sull’atto impositivo rispetto al giudizio vertente sulla responsabilità civile o amministrativa dell’amministratore per gli atti posti in essere nell’esercizio delle funzioni gestorie.
7. In ogni caso, si osserva che la eventuale nullità (o anche inesistenza) della notificazione del detto avviso di accertamento si presenta priva di rilevanza, in quanto, come riferito in controricorso (pagg. 2) e non contestato, l’atto di contestazione è stato notificato anche al legale rappresentante della società, e a 2 stessa del ricorso si afferma che tramite il legale rappresentante la società ha impugnato l’atto, così dimostrando inequivocabilmente di averne avuto piena conoscenza (cfr., in proposito, Cass. 28 ottobre 2015, n. 21960, nonché Cass. 29 ottobre 2020 n.23883). Per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può trovare ingresso.
8. In conclusione, va data continuità al principio di diritto (Cass. Sez. 5, Sentenza 26702 del 12/09/2022, Rv. 665856-01) secondo il quale l’amministratore di fatto non è legittimato ad impugnare l’avviso di accertamento rivolto alla società, poiché la rappresentanza legale della stessa spetta esclusivamente agli amministratori nominati a norma di legge, risultanti da documentazioni pubbliche, quali il registro delle imprese, e tenuto conto che, ai sensi dell’art.62 del d.P.R. n.600 del 1973, la rappresentanza dei soggetti diversi dalle persone fisiche è attribuita, ai fini tributari, a coloro che ne hanno l’amministrazione di fatto solo ove non sia determinabile secondo la legge civile.
9. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue il regolamento delle spese di lite, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 15.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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