Corte di Cassazione ordinanza n. 949 depositata il 10 gennaio 2024
prova della fornitura dei servizi – fattura assurge a prova solo se non contestata
Rilevato che:
1. Il G.D. alla procedura di amministrazione straordinaria di A. L.A.I. s.p.a. non ammetteva al passivo – fra l’altro e per quanto qui di interesse – il credito vantato da L.C. s.p.a. (di seguito, per brevità, LSG) in prededuzione, a titolo di corrispettivo per la fornitura di servizi di catering e rimborso di investimenti.
2. Il Tribunale di Roma, a seguito dell’opposizione proposta da LSG, rilevava che la procedura non aveva contestato la stipula di contratti per la fornitura di servizi di ristorazione a bordo dei voli operati da A. e l’effettiva esecuzione di tali servizi, limitandosi a eccepire l’assenza di prova in ordine all’entità delle prestazioni rese. Riteneva che fosse certamente priva di valore probatorio, al fine di suffragare le pretese creditorie dell’opponente, tutta la documentazione predisposta dalla stessa LSG ed in particolare le fatture, i prospetti riepilogativi e le comunicazioni esterne al sistema di gestione della contabilità (cd. extra S.A.P.).
Aggiungeva che risultavano privi di efficacia probatoria anche i documenti generati dal sistema di gestione della contabilità, che erano prodotti automaticamente dal sistema ed erano destinati a essere riconciliati a fine mese, l’estratto autentico del registro I.V.A., perché tale registro non rientrava fra i libri e le scritture previsti dagli artt. 2709 e 2710 cod. civ., e gli ordini di prefatturazione (cd. ODA), perché non apparivano sottoscritti da A. e comunque costituivano un mero atto istruttorio di un più complesso procedimento di liquidazione del corrispettivo dovuto.
Osservava, inoltre, che neppure la produzione dei tabulati mensili riepilogativi delle forniture poteva ritenersi sufficiente a dimostrare l’esistenza del credito, in quanto la locuzione contrattuale “documentazione richiesta” non doveva intendersi alla stregua di documentazione indicata da A. perché venisse suffragata la richiesta di pagamento, ma come documentazione necessaria a comprovare la consistenza del servizio offerto.
Reputava, infine, che fosse parimenti infondata la domanda diretta a ottenere il riconoscimento di quanto dovuto a titolo di rimborso degli investimenti effettuati, ai sensi dell’art. 21 del contratto esistente fra le parti, in mancanza della tempestiva prova in ordine all’esistenza di uno specifico accordo per la loro realizzazione e, in ogni caso, perché non era previsto un rimborso in denaro, ma attraverso un complesso meccanismo di minor sconto.
Confermava, pertanto, l’esclusione dal passivo di ambedue i crediti vantati da LSG.
3. LSG ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto, pubblicato in data 9 marzo 2015, prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso A. L.A.I. s.p.a. in A.S..
Considerato che:
4. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2709, 2710 e 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ. nonché, ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’esistenza di un vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione: il tribunale, nel negare che tutti i documenti ritualmente depositati fossero privi di efficacia probatoria e inidonei a provare l’entità del corrispettivo dovuto dalla procedura, ha omesso di considerare che A. L.A.I. s.p.a. in A.S. non solo non aveva contestato l’esistenza del rapporto e la prestazione dei servizi, ma aveva anche accettato le fatture e le relative note di credito emesse da LGS nel rispetto delle modalità concordate; queste fatture rappresentavano quindi, insieme agli altri documenti prodotti (in particolare le comunicazioni giornaliere delle necessità di approvvigionamento, gli ordini di prefatturazione, i tabulati riepilogativi e le note di credito emesse in relazione alle contestazioni sollevate nel corso della fornitura), in una prospettiva di valutazione globale delle modalità di esecuzione della prestazione, elementi idonei a comprovare la consistenza del servizio offerto, in mancanza di eccezioni di inadempimento della controparte.
Il tribunale, inoltre, avrebbe affermato in modo contraddittorio da un lato che non vi era contestazione né sull’esistenza del rapporto, né sul fatto che i servizi fossero stati effettivamente resi, dall’altro che le fatture accettate dalla procedura non avevano efficacia ai fini della prova dell’entità del corrispettivo, quando invece era la stessa procedura, una volta accettate le fatture, ad avere l’onere di dimostrare di avere sollevato contestazioni sulle forniture fatte e l’importo che avrebbe dovuto essere portato in riduzione rispetto al corrispettivo indicato.
Peraltro, gli ordini di prefatturazione, inviati mensilmente dalla procedura a LSG dopo la verifica della corretta esecuzione delle prestazioni, costituivano veri e propri riconoscimenti di debito, essendo ordini finali di prefatturazione; a questo proposito non era dato comprendere il procedimento logico che aveva portato il giudice di merito a qualificare questi documenti come meri atti istruttori.
5. Il motivo è fondato, nei termini che si vanno a illustrare.
5.1 Il procedimento di opposizione allo stato passivo del fallimento si configura come un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione in cui trovano applicazione le regole generali in tema di onere della prova; da ciò consegue che l’opponente è tenuto a fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto di credito, mentre grava sulla curatela l’onere di dimostrare l’esistenza di fatti modificativi, impeditivi o estintivi dell’obbligazione (Cass. 5847/2021, Cass. 25584/2018).
Se anche nel giudizio di opposizione a stato passivo vale la regola prevista dall’art. 2697 cod. civ., secondo cui l’onere della prova relativo ai fatti costitutivi del diritto per cui si agisce grava sull’attore, allora il tribunale ha correttamente ritenuto che, pur essendo incontestati l’esistenza di due contratti per la fornitura di servizi di ristorazione a bordo dei voli operati da A. e il fatto che tali servizi fossero stati effettivamente resi, rimanesse a carico del creditore opponente l’onere di provare la consistenza di tali servizi e la conseguente entità del corrispettivo dovuto a tale titolo.
Ciò nondimeno, il giudizio complessivamente reso in merito all’inadeguato assolvimento di un simile onere probatorio omette di considerare la complessità della realtà processuale che il tribunale era chiamato ad apprezzare, con riferimento al contegno tenuto dall’amministrazione straordinaria nel contesto del giudizio di verifica e di opposizione.
5.2 Il tribunale, in primo luogo, ha ritenuto che l’onere probatorio a cui il creditore istante era tenuto non potesse ritenersi convenientemente assolto attraverso la produzione delle fatture, dato che le stesse costituivano una documentazione predisposta dalla stessa parte ricorrente.
Ora, è ben vero che in linea generale la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito; pertanto, quando tale rapporto sia contestato fra le parti, la fattura non può costituire un valido elemento di prova delle prestazioni eseguite, ma può al massimo costituire un mero indizio (v. Cass. 299/2016, Cass. 15383/2010).
Tuttavia, nel caso in cui non vi sia contestazione fra le parti rispetto al rapporto in essere fra loro, la fattura può costituire un valido elemento di prova quanto alle prestazioni eseguite, specie nell’ipotesi in cui il debitore abbia accettato, senza contestazioni, le fatture stesse nel corso dell’esecuzione del rapporto (Cass. 13651/2006; nello stesso senso Cass. 15832/2011, Cass. 6502/1998).
Il tribunale, perciò, doveva considerare che le fatture accettate senza contestazioni, benché di formazione unilaterale, ben potevano costituire un valido elemento di prova della consistenza delle prestazioni eseguite, in un contesto in cui non solo l’esistenza del rapporto, ma anche l’effettiva esecuzione del servizio erano pacifiche fra le parti.
5.3 La sottoscrizione di un atto concorre ad attribuire la paternità di esso al sottoscrivente, ma ciò non vuol dire che, mancando la sottoscrizione, l’atto non possa ritenersi scritto da chi ha omesso di apporvi la firma, quando non ne sia contestata la provenienza (Cass. 918/1962).
La mancata sottoscrizione degli ordini di prefatturazione da parte degli organi della procedura non aveva, quindi, valore determinante al fine di privare di valenza probatoria tali documenti, nel caso in cui non fosse stata posta in contestazione la provenienza dei medesimi dall’amministrazione straordinaria.
5.4 Infine, il rilievo secondo cui tali atti costituivano un “mero atto istruttorio di un più complesso procedimento di liquidazione di quanto effettivamente dovuto” non giustifica la loro completa svalutazione probatoria, in quanto il tribunale, in presenza di una pluralità di atti del procedimento di liquidazione, non poteva limitarsi a una valutazione atomistica, in contraddizione con il riconoscimento della complessità del procedimento, ma doveva preoccuparsi della riconciliazione degli ordini di prefatturazione con i documenti a valle, verificando, in particolare, se i medesimi (di provenienza incontestata) trovassero corrispondenza nelle fatture (accettate).
6. L’accoglimento del precedente mezzo comporta l’assorbimento (improprio) del secondo motivo di ricorso (con cui LSG ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ. con riferimento all’interpretazione data all’art. 8 dei contratti in essere fra le parti), non essendo necessario provvedere a questo proposito.
7. Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.: il tribunale – in tesi di parte ricorrente – ha omesso di esaminare le prove in atti anche rispetto al credito per investimenti, giacché non ha tenuto conto che LSG aveva depositato, con la memoria autorizzata del 24 maggio 2013 ed a seguito dell’eccezione formulata dalla procedura con la memoria di costituzione, l’autorizzazione di A. L.A.I. s.p.a. in A.S. a fare investimenti per un valore di € 477.250.
Il giudice di merito avrebbe erroneamente ritenuto tardiva questa produzione, senza considerare che, se il curatore è ammesso a sollevare eccezioni processuali e di merito nuove rispetto a quelle dedotte in sede di verifica dello stato passivo, allora l’opponente deve poter replicare a queste nuove eccezioni nell’esercizio del proprio diritto di difesa.
8. Il motivo è inammissibile.
Il tribunale ha escluso l’ammissione al passivo di quanto dovuto a titolo di rimborso degli investimenti non solo perché questi ultimi, e i relativi costi, dovevano essere oggetto di specifica approvazione da parte dei contraenti, ma anche perché, in ogni caso, non era previsto un rimborso diretto in denaro, ma attraverso un meccanismo di minor sconto.
Ora, nel caso in cui la decisione sia sorretta – come nel caso di specie – da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Cass. 9752/2017).
La censura in esame non solleva alcuna contestazione in ordine alla seconda ratio decidendi e risulta, così, inammissibile, in applicazione del principio appena richiamato.
9. Il provvedimento impugnato, dunque, deve essere cassato nei limiti indicati, con rinvio al Tribunale di Roma, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara assorbito il secondo e inammissibile
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