Corte di Cassazione ordinanza n. 9888 depositata il 19 aprile 2017
accertamento induttivo – riconoscimento dei costi
FATTO E DIRITTO
La Corte,
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l.. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197 /2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
La CTR della Campania, con sentenza n. 5855/28/15, depositata il 16 giugno 2015, non notificata, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale 1 di Napoli, avverso la sentenza della CTP di Napoli, che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto cumulativamente da A.Z., titolare della ditta individuale Euro Security One, e da Salvatore C. avverso avviso di accertamento per IVA ed IRAP per l’anno 2006, nel quale era contestato che la Euro Security One, esercente attività di controllo dei biglietti e sicurezza nelle competizioni sportive, integrasse una società di fatto tra i due, nella quale quindi anche il C. rivestiva la qualità di socio, partecipando alla gestione della società.
La CTR confermò quindi la pronuncia di pruno grado, che, escludendo la società di fatto, aveva ammesso il riconoscimento di costi nella misura del 50% rispetto al reddito determinato con l’atto 1mpos1t1vo.
Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Le parti intimate non hanno svolto difese.
Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2247 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso che gli elementi raccolti dall’Ufficio fossero idonei ad integrare gli estremi della prova presuntiva in punto di sussistenza della società di fatto.
Il motivo è manifestamente fondato.
Pur riportando la pronuncia impugnata gli elementi indiziari che, sulla base del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, avrebbero dovuto suffragare la contestazione dell’esistenza di società di fatto tra la A.Z. ed il C. (compagni anche nella vita in forza di stabile convivenza, come dichiarato ai verbalizzanti dallo stesso C.), essa si limita ad una valutazione atomistica dei singoli fatti noti, senza considerarne la stretta correlazione e soprattutto senza considerare che «nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 cod. civ.., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta cd esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità» (cfr., tra le molte, Cass. sez. unite 13 novembre 1996, n. 9961; Cass. sez. unite 11 gennaio 2008, n. 584; specificamente, in tema di contenzioso tributario, Cass. sez. 5, 7 febbraio 2013, n. 2895).
Risulta in particolare del tutto omessa dalla decisione impugnata la valutazione – scaturente in particolare dalle dichiarazioni delle società sportive interpellate – della sistematicità degli incassi delle fatture esclusivamente da parte del C. per un arco temporale eccedente lo stesso periodo d’imposta oggetto di accertamento, in forza della quale poter desumere altresì la prova dell’esternazione nei confronti dei terzi del vincolo dell’affectio societatis (cfr. Cass. sez. 6-1, ord. 5 maggio 2016, n. 8981).
Del pari è fondato il secondo motivo, con il quale l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/1973, 109 del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR) e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha confermato la pronuncia di primo grado in punto di riconoscimento forfettario dei costi nella misura del 50% dei ricavi accertati.
L’accertamento induttivo di maggiori ricavi non comporta, infatti, come conseguenza automatica, il riconoscimento, peraltro con determinazione in via forfettaria, anche degli elementi negativi di reddito, che in tanto vanno riconosciuti in quanto il contribuente ne abbia dato effettivamente prova, risultando quindi la certezza ed inerenza all’attività d’impresa dei relativi costi (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 11 febbraio 2009, 3305; Cass. sez. 5, 26 gennaio 2007, n. 1709; Cass. sez. 5, 24 marzo 2006, n. 6650).
La sentenza impugnata, che non si è attenuta ai succitati principi di diritto, va dunque cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla CTR della Campania in diversa composizione, che, nell’uniformarsi ad essi, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e nnvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa compos1z10ne, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.