CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 agosto 2018, n. 20395
Licenziamento – Sussistenza dei presupposti legittimanti la procedura di licenziamento collettivo – Requisiti per avere diritto alla pensione anzianità e vecchiaia – Criteri di scelta
Fatti di causa
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma, decidendo sull’impugnazione proposta da Intesa Sanpaolo S.p.A. nei confronti di C. E. Dell’A., confermava la decisione del Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato al Dell’A. in data 18/9/2008 a seguito di procedura ai sensi degli artt. 4 e 24 della l. n. 223/1991.
Le questioni dibattute tra le parti avevano riguardato la sussistenza dei presupposti legittimanti la procedura di licenziamento collettivo, il possesso da parte del Dell’A. dei requisiti per avere diritto alla pensione anzianità e vecchiaia, la violazione dei criteri di scelta.
Secondo la tesi della Banca il criterio di scelta della vicinanza al pensionamento sarebbe stato assolutamente univoco tale da escludere ogni discriminazione ed irrazionalità, da evitare giustificazioni ex post della scelta di un determinato lavoratore, da non consentire margini di discrezionalità. Inoltre nel caso in esame non vi sarebbe stato spazio per altri criteri di selezione interna atteso che quello del prepensionamento era un criterio di autosufficiente applicazione essendo il numero dei lavoratori vicini alla pensione inferiore a quello degli esuberi indicati nell’accordo sindacale del 31/3/2008. Sempre ad avviso della Banca non sarebbe stato necessario che nella comunicazione ai sensi dell’art. 4 della l. n. 223/1991 fosse anche contenuta una dettagliata comparazione delle posizioni di ciascun lavoratore licenziato con quella di tutti gli altri che avevano conservato il posto di lavoro.
La Corte territoriale disattendeva tali deduzioni richiamando la pronuncia di questa Corte dell’8 gennaio 2016, n. 157 e in particolare riteneva decisiva ed assorbente la mancata puntuale indicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta nella comunicazione ex art. 4 che, sotto l’aspetto contenutistico si era ridotta a un mero elenco che non consentiva di comprendere, pur sul presupposto dell’automatismo del criterio di scelta, le ragioni di talune esenzioni. Inoltre rilevava anche la non contestualità della comunicazione alle oo.ss. del 29 settembre 2008 (ricevuta il 3 ottobre 2008) rispetto alla lettera di licenziamento del 18 settembre 2008 (consegnata al dipendente il successivo 22 settembre).
2. Avverso tale sentenza Intesa Sanpaolo S.p.A. propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
3. C. E. Dell’A. ha depositato procura ai soli fini della partecipazione alla discussione orale.
4. La ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.1 Con il primo motivo la società denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sentenza avrebbe omesso di considerare il fatto che l’accordo sindacale del 22 luglio 2008, sottoscritto all’esito della procedura di riduzione del personale, e prima ancora l’accordo dell’8 luglio 2008 avevano previsto l’applicazione del criterio di scelta di cui al D.M. n. 158/2000 (che, ai fini dell’individuazione dei lavoratori in esubero, indicava in via prioritaria il personale che, alla data stabilita per la risoluzione del rapporto, fosse in possesso dei requisiti di legge previsti per avere diritto alla pensione di anzianità o vecchiaia).
1.2. Con il secondo motivo la società denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sentenza avrebbe omesso di considerare il fatto che l’accordo sindacale del 22 luglio 2008, richiamato nelle comunicazioni ex art. 4, co. 9, l. n. 223/1991, precisava puntualmente le modalità di applicazione del criterio di scelta.
1.3 Con il terzo motivo la società denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sentenza avrebbe omesso di considerare il fatto che il numero dei lavoratori in possesso dei requisiti per il diritto a pensione alla data del 31 marzo 2008 fosse inferiore al numero degli esuberi indicati nell’accordo sindacale del 22/7/2008. Tale omessa considerazione avrebbe, altresì, integrato la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, co. 9, l. n. 223/1991.
1.4 Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, co. 9, l. n. 223/1991. La sentenza avrebbe falsamente applicato la norma richiamata nel ritenere necessaria la specificazione delle puntuali modalità di indicazione dei criteri e non desumibile la stessa automaticamente dagli individuati criteri di scelta e dai documenti firmati in precedenza dal lavoratore in applicazione degli accordi sindacali e si sarebbe posta in aperto contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte.
1.5 Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale ritenuto ammissibile e fondata una doglianza (quella relativa ad asserite esenzioni operate dalla Banca) che non era stata sollevata nel ricorso ex art. 414 cod. proc. civ. ed ancora la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, co. 9, della l. n. 223/1991 per avere la sentenza ritenuto violata la predetta norma a motivo di tali asserite esenzioni.
1.6 Con il sesto motivo la ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sentenza avrebbe ritenuto la non contestualità della comunicazione ex art. 4, co. 9, della l. n. 223/1991 omettendo di considerare il fatto che la Banca, in data 5 agosto 2008, prima ancora di intimare i licenziamenti, aveva comunicato ai destinatari della comunicazione ex art. 4, co. 9, l. n. 223/1991 le puntuali modalità di applicazione del criterio di scelta convenuto nell’accordo sindacale del 22/7/2008 ed ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 4, co. 9, l. n. 223/1991 per avere la Corte territoriale disatteso l’insegnamento di questa Corte circa la ratio della norma richiamata.
2.1. Valuta il Collegio di esaminare con priorità il sesto motivo di ricorso.
2.2. Tale motivo è infondato e, essendo relativo a questione (la violazione della tempistica nella procedura di mobilità) che da sola può reggere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato, consente di ritenere assorbite tutte le ulteriori censure.
Va richiamata, per l’assoluta identità della questione, Cass. 18 novembre 2016, n. 23526, resa con riferimento al medesimo licenziamento collettivo.
In tale decisione, è stata ritenuta censurabile la sentenza della Corte di merito che aveva ritenuto la tempestività della comunicazione conclusiva di cui all’art. 4, co. 9, della l. n. 223/1991 agli organi preposti, rilevando (come anche in questa sede la ricorrente sostiene) che il 5 agosto 2008 la Banca aveva comunicato alle organizzazioni sindacali ed agli uffici competenti l’accordo quadro dell’8 luglio 2008, che prevedeva espressamente la risoluzione dei rapporti di lavoro del personale dipendente che alla data del 31 marzo 2008 avesse conseguito i requisiti previsti per il diritto alla pensione, cui aveva fatto seguito la missiva del 29 settembre 2008, con la quale erano stati comunicati i nominativi dei lavoratori destinatari dei provvedimenti di risoluzione del rapporto, con indicazione dei dati anagrafici, dell’anzianità di servizio, del livello di inquadramento e della sede di assegnazione.
In realtà, come si rileva dagli stessi atti prodotti dalla ricorrente in uno con il ricorso per cassazione, la comunicazione ai sensi dell’art. 4, co. 9, della l. n. 223/1991 era stata quella del 29 settembre 2008 ed anzi nella precedente del 5 agosto 2008, che aveva avuto ad oggetto solo la trasmissione di copia dell’accordo quadro dell’8 luglio 2008, la Banca si era riservata ulteriore comunicazione con l’elenco dei lavoratori da collocare in mobilità, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 4, co. 9, della medesima l. n. 223/1991.
Come in quell’occasione, anche nel presente giudizio, la Banca ha precisato che l’accordo sindacale del 22 luglio 2008 aveva previsto che i dipendenti potessero far pervenire all’azienda fino al 30 settembre 2008 richiesta di risoluzione consensuale e di accettazione dell’incentivo all’esodo pari a un importo onnicomprensivo lordo corrispondente alla retribuzione annua lorda in atto al momento della risoluzione del rapportò, sicché, nella prospettazione della ricorrente, nessuna definitiva comunicazione poteva essere inviata dalla società prima della scadenza del termine sopra indicato e, ciò nonostante, Intesa San Paolo aveva inviato la comunicazione del recesso alle organizzazioni sindacali e alle missive indicate quando ancora era pendente il termine, alle quali aveva poi fatto seguito la comunicazione conclusiva del 2 ottobre 2008.
Orbene, come già ritenuto nella sentenza citata, tale soluzione non è coerente con l’interpretazione che questa Corte ha dato del requisito della ‘contestualità’ tra comunicazione del recesso e comunicazione ai soggetti individuati dell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità previsto dall’art. 4, co. 9, della l. n. 223/1991. Il requisito della contestualità fra comunicazione del recesso al lavoratore e comunicazione alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro dell’elenco dei dipendenti licenziati e delle modalità di applicazione dei criteri di scelta, contestualità richiesta a pena d’inefficacia del licenziamento, deve essere valutato – in una procedura temporalmente cadenzata in modo rigido, analitico e con termini molto ristretti – nel senso di una indispensabile contemporaneità delle due comunicazioni, la cui mancanza può non determinare l’inefficacia del recesso solo se sostenuta da giustificati motivi di natura oggettiva, della cui prova è onerato il datore di lavoro, (v. anche Cass. 28 ottobre 2015, n. 22024).
Con riferimento alla disciplina antecedente alle modifiche introdotte con la legge 28 giugno 2012, n. 92, che all’art. 1, co. 44, ha quantificato in sette giorni dalla comunicazione dei recessi il suddetto termine, questa Corte infatti ha ancora di recente ribadito (v. Cass. 29 aprile 2015, n. 8680; Cass. 2 febbraio 2016, n. 2206; Cass. 8 gennaio 2016, n. 157; Cass. 30 marzo 2018, n. 7988) che la contestualità fra comunicazione del recesso al lavoratore e comunicazione dell’elenco dei dipendenti licenziati e dei criteri di scelta alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro, è richiesta, a pena di inefficacia del licenziamento, dall’art. 4, co. 9, della l. n. 223/1991, al fine di consentire alle 00.SS. (e, tramite queste, anche ai singoli lavoratori) il controllo sulla correttezza nell’applicazione dei menzionati criteri da parte del datore di lavoro, anche al fine di sollecitare, prima dell’impugnazione del recesso in sede giudiziaria, la revoca del licenziamento eseguito in loro violazione. Ne consegue che la funzione di tale ultima comunicazione implica che non possa accedersi ad una nozione elastica di contestualità, dovendosi ritenere irragionevole che, per non incorrere in una decadenza dal termine di cui all’art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il lavoratore debba impugnare il licenziamento senza la previa esplicitazione delle modalità di applicazione dei ^4 criteri di scelta.
Alla soluzione adottata dalla giurisprudenza di questa Corte, cui occorre dare continuità, consegue che nella valutazione della tempestività della comunicazione, il cui accertamento integra una ‘questione di fatto’ rimessa, come tale, alla cognizione del giudice di merito (v. Cass. 4 gennaio 2017, n. 67), non possono incidere, come pretenderebbe la ricorrente, valutazioni diverse da quelle che attenevano la specifica posizione del lavoratore interessato, quali la scadenza del termine per la comunicazione all’azienda delle risoluzioni consensuali, considerato che al Dell’A. era stata già inoltrata la comunicazione di recesso, sicché nei suoi confronti non aveva giustificazione il ritardo, dovendosi le ragioni dell’individuazione della sua persona tra i licenziandi concretizzare ed esplicitare in quel momento.
Correttamente, allora, la Corte territoriale ha considerato che rispetto al licenziamento del 18 settembre 2008 (comunicato il successivo 22 settembre 2008) fosse tardiva la comunicazione alle OO.SS. del 29 settembre 2008 (ricevuta il 3 ottobre 2008).
3. Conclusivamente il ricorso va rigettato.
4. La regolamentazione delle spese (liquidate in dispositivo con riguardo alla sola discussione orale) segue la soccombenza.
5. Va dato atto dell’applicabilità dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, co. 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese di lite che liquida in euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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