CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 luglio 2018, n. 17366
Rapporto di lavoro – Contratto interinale – Scioglimento del rapporto per mutuo consenso – Rispetto delle percentuali di contingentamento stabilite dalla contrattazione nazionale – Prova
Fatti di causa
1. Con sentenza del 1.8.2013, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione del Tribunale capitolino, confermata nel resto con diversa motivazione, condannava la s.p.a. T.I. al pagamento, in favore di V.L., di un ‘indennità risarcitoria ai sensi dell’art. 32 della legge 183/2010, pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con accessori di legge dall’1.1.2005, in relazione al danno conseguito all’illegittimità del contratto di lavoro interinale stipulato dalla società con il V., addetto al cali center sulla SS Pontina in virtù della intermediazione dell’ E.W. s.p.a., ai sensi della legge 196/97.
2. La Corte riteneva che doveva disattendersi il motivo di gravame relativo allo scioglimento del rapporto per mutuo consenso e che era ugualmente infondata la doglianza avanzata dalla società in ordine alla prova del rispetto delle percentuali di contingentamento stabilite dalla contrattazione nazionale, atteso che la società non ne aveva fornito dimostrazione, a ciò conseguendo l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra lavoratore ed utilizzatore. Essendo, poi, applicabile alla fattispecie lo ius superveniens dell’art. 32, 5° comma, I. 183/2010, l’indennità ivi prevista era determinata in sei mensilità dell’ultima retribuzione.
3. Di tale decisione domandano la cassazione sia il V. che la T.I. s.p.a., quest’ultima con ricorso incidentale, illustrato anche nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., affidando ciascuna delle parti la rispettiva impugnazione ad unico motivo.
Ragioni della decisione
1. Con il ricorso principale, il V. denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 32, commi 4, 5 e 6, I. 183/2010, sostenendo che non possa attribuirsi alla mancata previsione nel 5° comma dell’art. 32 della I. 183/2010 del contratto di somministrazione altro significato che l’esclusione della ipotesi della conversione di contratto di lavoro interinale con l’utilizzatore, avuto riguardo alla circostanza che, nel caso di rapporto a termine, il rapporto già esistente tra le stesse parti si converte in rapporto a tempo indeterminato, laddove nel caso della somministrazione il rapporto si costituisce, con altra configurazione giuridica, tra parti diverse (lavoratore ed utilizzatore), e non con il somministrante, e che I’ opzione interpretativa trovi valido appiglio in C. Cost. 303/2011. Rileva, infine, che l’indicazione della somministrazione (comma 4 dell’ art. 32 Coll. Lav.) sia prevista ad altri fini, diversi dalla tutela indennitaria, che si giustifica in ragione della natura dichiarativa della sentenza che accerta la nullità del termine, rispetto a quella costitutiva in tema di somministrazione irregolare.
2. Il ricorrente richiama, a sostegno della censura, anche la previsione di cui all’art. 10 d. Igs. 368/2001, nonché la norma interpretativa di cui all’art. 1, comma 13, I. 92/2012, ove l’utilizzo del termine “ricostituzione del rapporto” induce ad escludere dal campo di applicazione della tutela indennitaria le ipotesi di costituzione del rapporto con l’utilizzatore nel contratto di somministrazione.
3. Il ricorso incidentale della società ascrive alla decisione impugnata violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1372 c.c., in relazione alla protrazione dell’inerzia del V. per quattro anni e cinque mesi prima di attivarsi per la richiesta di costituzione del rapporto con l’utilizzatore, e lamenta che non sono state considerate circostanze ulteriori, quali l’avere lo stesso intrapreso nelle more altri rapporti lavorativi e l’avere percepito le spettanze di fine rapporto senza avanzare riserva alcuna.
4. Il ricorso principale è infondato.
5. A conforto di tale statuizione vanno richiamate le pronunce di questa Corte (cfr. Cass. 29.5.2013 n. 13404, Cass. 17.1.2013 n. 1148 e, da ultimo, Cass. 17540/2014 e Cass. 18046 del 2014, alle cui argomentazioni si rimanda anche per i riferimenti a C.G.U.E. C- 290/12 dell’11.4.2013, e, con motivazione in parte diversa, Cass. 14094/2015) già intervenute sulla specifica questione dell’applicabilità dell’art. 32, comma 5, l. 183/2010 al contratto di lavoro interinale.
6. In tali decisioni si è osservato, tra l’altro, che la norma in questione richiama in senso ampio l’istituto del contratto di lavoro a tempo determinato, con formulazione unitaria, riferendosi ai “casi” di conversione del contratto a tempo determinato”, senza associare tale espressione all’indicazione di normativa specifica di riferimento e senza riguardo ad ulteriori elementi selettivi, ciò che rende irrilevante la circostanza che in alcuni di questi casi alla conversione del rapporto a tempo indeterminato si unisca anche una conversione “soggettiva”, nel caso della somministrazione e del lavoro temporaneo nei riguardi dell’utilizzatore. L’indennità omnicomprensiva, commisurata ad un importo variabile tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con norma interpretativa, art. 1 comma 13 I. 28 giugno 2012 n. 92, è stata indicata come idonea a ristorare per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con quale il giudice abbia ordinato la “ricostituzione” del rapporto di lavoro, a prescindere dall’intervenuta costituzione in mora del datore di lavoro e dalla prova di un danno effettivamente subito dal lavoratore (senza riguardo, quindi, per l’eventuale “aliunde perceptum”). L’utilizzazione del termine da ultimo indicato denota che il concetto di conversione comprende tanto i provvedimenti di natura dichiarativa, tanto quelli di natura costitutiva, quale quello previsto dalla l. 196/1997, con riferimento alla fornitura di lavoro temporaneo (cfr. giurisprudenza di legittimità richiamata al precedente par. 5).
7. Per ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, l’art. 32, co. 5, legge n. 183/10 si applica, poi, anche ai processi in corso, compresi i giudizi di legittimità (cfr. Cass., s. u. in tema di ius superveniens e sui limiti del giudicato).
8. Anche il ricorso incidentale è infondato.
9. Senza considerare che, diversamente da quanto sostenuto dalla società, la Corte del merito ha motivato in ordine alla mancanza di significatività del reperimento di altra attività lavorativa, necessaria per il sostentamento del lavoratore ed indice di diligenza, le doglianze vanno disattese perché il giudizio espresso dalla Corte attiene al merito della controversia presupponendo un giudizio di fatto insindacabile se congruamente motivato; ciò che si è realizzato nel caso considerato, in cui il giudice del merito ha reputato insufficiente a dimostrare il disinteresse alla prosecuzione del rapporto la durata del comportamento omissivo del lavoratore nell’impugnare il contratto assumendone la illegittimità e ha ritenuto la mancanza di significatività, ai fini voluti dalla società, degli altri elementi prospettati in causa, pervenendo alla conclusione complessiva e congruamente motivata che nella fattispecie concreta non sia stata fornita la prova del mutuo consenso sullo scioglimento del rapporto.
10. Sono stati, invero, da questa Corte evidenziati i limiti alla prospettazione di contestazioni al ragionamento presuntivo del giudice del merito, “non potendo sostenersi semplicemente una differente combinazione dei dati fattuali” pena la sostituzione al giudice del merito nella selezione delle fonti del convincimento avuto riguardo all’ambito meramente estrinseco entro il quale è circoscritto il giudizio di legittimità (cfr. Cass. 1° gennaio 2016, n. 1841 e 11 febbraio 2016, n. 2732, cui si rinvia anche per ulteriori riferimenti, e Cass. s. u. 21691/2016, nonché, da ultimo, Cass. 29781/2017).
11. La reciproca soccombenza giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.
12. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, dPR 115 del 2002 per entrambe le parti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale a norma dell’art. 13, comma1 bis, del citato D.P.R.
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