CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 giugno 2018, n. 14201
Contratto di lavoro a termine – Espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie Illegittimità – Clausole del CCNL – Sussistenza rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Torino, per quel che rileva nella presente sede, dichiarava l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato il 12.5.2006 tra C.F. e la società A. s.p.a. e, per l’effetto, dichiarava l’intercorrenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato da tale data, con conseguente nullità dei successivi contratti, e condannava la convenuta società A. s.p.a. al pagamento di un’indennità pari a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre retribuzioni successive alla pronuncia sino alla riammissione in servizio.
2. Con sentenza del 15.1.2013, la Corte di appello di Torino, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto da A. s.p.a. e respinto il gravame incidentale di C., rigettava le domande proposte da quest’ultimo e condannava lo stesso a restituire alla società l’importo percepito in esecuzione della prima pronunzia.
3. Rilevava la Corte che con riferimento al secondo contrato stipulato con C. per intensificazione del traffico non poteva condividersi l’interpretazione del CCNL 15.7.2005 fornita dal primo giudice, poiché proprio la lettura dell’art. 2 lett. a) del testo contrattuale non poteva che portare alla conclusione che il limite dei sei mesi fosse da riferire alla locuzione “uno o più periodi diversi in relazione alle particolari situazioni locali” non comprendendo anche l’arco temporale da maggio ad ottobre, in analogia con quanto previsto anche dall’art. 2 d.Igs. 368/01. Osservava che, se il limite dei sei mesi avesse dovuto ricomprendere anche il periodo esplicitato, una tale interpretazione avrebbe escluso in assoluto ogni possibilità di assunzione in mesi diversi per fronteggiare situazioni locali e che non avrebbe avuto senso la previsione di esame congiunto con le Associazioni Sindacali, posto che la causale dell’intensificazione del traffico che giustificava le assunzioni a termine era già tipizzata per il periodo maggio – ottobre.
4. Con riguardo all’appello incidentale del C. ne riteneva l’infondatezza posto che, con riguardo alla causale di sostituzione di lavoratori in ferie degli altri contratti, doveva ritenersi irrilevante che l’appellato non conoscesse i nominativi dei dipendenti sostituiti e che, anche se dal confronto operato tra monte ore ferie effettuato dal personale in organico e quello del personale assunto a termine per le ferie estive e per quelle invernali (per gli anni dal 2004 al 2009/2010) e tra gli assunti a termine e gli assenti, i primi erano risultati in misura maggiore rispetto agli assenti, la eccedenza riscontata suddivisa tra tutti i lavoratori a termine avrebbe condotto ad un risultato di 15 ore in più al mese, differenza trascurabile in base alla considerazione che le assunzioni venivano effettuate all’inizio di ciascun periodo in base ai prospetti disponibili dall’azienda in quel momento, senza potere considerare le variazioni dei piani di ferie.
5. Quanto ai contratti stipulati con il C. per le necessità derivanti dall’intensificazione dell’attività lavorativa per aumenti di volume del traffico, osservava che la prova del picco annuale di attività per il periodo maggio – ottobre era stata documentalmente fornita e che eventuali scostamenti numerici erano dovuti alla necessità di effettuare le assunzioni in conformità ad un dato storico consolidato (aumento di transiti dal mese di marzo, di giugno e con un picco nel mese di luglio, sempre superiore al livello medio).
6. Per la cassazione di tale decisione ricorre il C., affidando l’impugnazione a tre motivi, illustrati in memoria, cui resiste, con controricorso, l’A. s.p.a.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, si denunzia violazione dell’art. 1344 c.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione a quanto asseritamente evidenziato sia nel ricorso introduttivo che nella comparsa di costituzione e risposta in appello con riguardo all’intento elusivo della legge da parte della società nello stipulare ben otto contratti a tempo determinato, svolgendo il lavoratore sempre le stesse mansioni di esattore per soddisfare non esigenze temporanee, ma per sopperire alla carenza di organico.
2. Con il secondo motivo, è dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. e dell’art. 2, comma 2, lett a), del c.c.n.I. di categoria, lamentandosi, altresì, omesso esame circa fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e ritenendosi che, in sede interpretativa, non si sia tenuto conto della punteggiatura utilizzata nonché delle due parole “ovvero” e “complessivamente”.
3. Con il terzo motivo, si censura la decisione per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e ss. c.c., nonché per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, 1) con riferimento ai contratti stipulati con la causale rinforzo traffico del 17.12.2005 e del 11.5.2006, evidenziandosi che la Corte ha esaminato la documentazione relativa al periodo maggio – ottobre, con ciò lasciando intendere che non era stata valutata quella relativa al contratto dal 17.12.2005 al 31.3.2006, 2) con riferimento ai contratti conclusi con la causale di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nei periodi da giugno a settembre e da dicembre a gennaio, sostenendosi che la documentazione presa in esame dalla Corte era solo in parte coincidente con i dati rilevabili dalle buste paga, con riferimento specifico alla tesi delle eccedenza delle ore lavorate in più dagli assunti a termine e delle unità assunte presso i vari caselli.
4. Il primo motivo sconta un vizio di inammissibilità, in quanto, pur potendo assumere rilevanza giuridica in astratto la fitta reiterazione di contratti di prestazione di lavoro a termine con lo stesso lavoratore, in quanto sintomatica di un disegno idoneo a configurare I’ elusione della regola della temporaneità dell’esigenza posta a fondamento dell’assunzione a termine, si omette di indicare, a fronte di una mancata considerazione della stessa nella pronunzia della Corte di Torino, in che termini la relativa questione fosse stata riproposta in appello, dovendo, in ogni caso, l’omissione essere censurata quale violazione dell’ art. 112 c.p.c., sub specie di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
5. In merito al secondo motivo, ugualmente deve rilevarsi che non si deposita il c.c.n.l. e non se ne indica la sede di rinvenimento nei fascicoli dei gradi di merito, in dispregio dei principi reiteratamente affermati da questa Corte, secondo cui, in tema di giudizio per cassazione, l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., come modificato dall’art. 7 del d.lgs. n. 40 del 2006, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, munita di visto ai sensi dell’art. 369, comma 3, c.p.c., ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6, c.p.c., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (cfr. Cass. 11.1.2016 n. 195, Cass. 3.11.2011 n. 22726).
6. Con riguardo al terzo motivo, se pure in relazione al contratto del 17.12.2005 non è stato dato conto della situazione evincibile dai dati documentali (grafici e tabulati relativi a periodo diversi da quelli relativi al periodo maggio ottobre), è omesso ogni riferimento a quanto specificamente dedotto in sede di appello incidentale con riguardo allo stesso contratto e non si indica dove e come è stata depositata la documentazione a sostegno di tali censure.
7. In ogni caso, il ricorso risulta complessivamente mancante di specificità con riguardo alla formulazione dei motivi che rivalutano l’esame compiuto dal giudice del gravame senza che nessuna inversione dell’onere della prova sia nella sostanza identificato.
Una violazione o falsa applicazione di norme di legge, sostanziale o processuale, non può dipendere o essere in qualche modo dimostrata dall’erronea valutazione del materiale probatorio. Al contrario, un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 2697 cod. civ. può porsi solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia invertito gli oneri probatori. E poiché, in realtà, tale situazione non è rappresentata nei motivi anzidetti, le relative doglianze sono mal poste. Nella specie, la violazione delle norme denunciate è tratta, in maniera incongrua e apodittica, dal mero confronto con le conclusioni cui è pervenuto il giudice di merito. Di tal che la stessa – ad onta dei richiami normativi in essi contenuti – si risolve nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione.
8. Quanto all’omesso esame di fatto decisivo la pronuncia n. 8053/14 delle S. U. di questa Corte ha chiarito, riguardo ai limiti della denuncia di omesso esame di una quaestio facti, che il nuovo testo dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. consente tale denuncia nei limiti dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
In proposito, è stato altresì chiarito che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (sent. cit.).
9. Il ricorso va, pertanto, complessivamente rigettato.
10. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e sono liquidate come da dispositivo.
11. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, dPR 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R…
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