CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 ottobre 2018, n. 24452
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Motivazione in appello – Requisiti minimi – Mera adesione alla decisione di primo grado – Nullità – Fattispecie
Fatti di causa
A seguito di verifica della Gdf di Napoli e dell’Ufficio di Nola, l’Amministrazione finanziaria notificava alla “U. M.O.C. s.p.a.” l’avviso di accertamento qui impugnato con il quale si accertavano maggiori imposte derivanti dall’illegittima qualificazione a fini IVA di operazioni intracomunitarie, in realtà da qualificarsi come operazioni nazionali, dal recupero di costi non inerenti derivanti da differenze cambi non deducibili nelle relazioni con clienti esteri; di costi per imballaggi parimenti privi del requisito di inerenza; di costi assicurativi non di competenza; di spese di rappresentanza indeducibili e di ulteriori costi non documentati.
Adita a seguito di ricorso della società contribuente, la CTP accoglieva parzialmente l’impugnativa riferita ai recuperi in tema di IVA e di costi per differenza cambi e per imballaggi, confermandone la legittimità nel resto.
Appellava l’Ufficio di fronte alla CTR Campania, e anche la contribuente proponeva impugnativa in forma di appello incidentale. Il secondo giudice confermava la sentenza di primo grado.
Ricorre quindi per cassazione l’Agenzia delle Entrate, con ricorso affidato a quattro motivi.
Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. dell’art. 118 disp. Att. C.p.c. e dell’art. 111 Cost. tutti in relazione con l’art. 360 n. 4 c.p.c. per avere la sentenza impugnata solo apparentemente motivato in quanto avrebbe omesso totalmente di fare riferimento alle contestazioni dell’Ufficio e alle eccezioni di cui all’atto di appello, senza dar atto del percorso logico giuridico seguito per addivenire alle proprie conclusioni.
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per aver la CTR, di fronte alla dimostrazione offerta dall’Ufficio in ordine all’antieconomicità delle operazioni effettuate dalla contribuente, limitato la propria motivazione a un richiamo alle argomentazioni dei primi giudici, senza aver effettuato un’autonoma valutazione dei fatti di causa e delle eccezioni proposte.
Nel terzo motivo di ricorso si eccepisce la violazione e falsa applicazione degli art. 41 c. 1 e 50 c.1 D.L. 331/1993 in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3) per avere la CTR erroneamente ritenuto che il contribuente non avesse conosciuto – in buona fede – il fatto della cessazione dell’attività da parte del cedente i beni dal momento che le due società (cedente e cessionario) avevano frequenti contatti e la società cedente aveva un ruolo importante nella grande distribuzione, risultando quindi inverosimile che per un intero anno d’imposta la contribuente non sia venuta a conoscenza della cessazione dell’attività da parte del cedente.
Con il quarto motivo l’Erario denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR in relazione all’art. 2697 e all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per non aver la CTR in primo luogo negato la deduzione di costi non inerenti in quanto relativi a operazioni antieconomiche (la copertura a carico della società della differenza cambi su determinate operazioni emettendo le fatture nelle valute estere di riferimento dei clienti, anziché sottoscrivere appositi contratti di swap: peraltro i contratti di swap sottoscritti dalla società non erano sufficienti a coprire il rischio e davano luogo a differenze attive e passive di importo simile); in secondo luogo annullato il recupero relativo a costi per imballaggi non inerenti sostenuti nell’interesse di altri soggetti che, seppur controllanti la società verificata, sono da considerarsi completamente autonomi da un punto di vista giuridico e fiscale.
Resiste la contribuente con controricorso; quanto al primo motivo ne contesta sia l’ammissibilità in quanto il vizio doveva esser dedotto quale violazione dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., sia l’infondatezza nel merito del motivo.
Riguardo al secondo motivo, la controricorrente contesta la sussistenza del vizio di motivazione della sentenza impugnata poiché la CTR avrebbe esaminato le censure dell’Agenzia delle Entrate dando adeguata contezza del loro rigetto, sia pur richiamando le conclusioni espresse dal giudice di primo grado.
Con riferimento al terzo motivo di ricorso se ne deduce la inammissibilità non essendo lo stesso esser stato oggetto di specifico appello e pertanto risultando lo stesso precluso dal giudicato.
Infine, quanto al quarto motivo di ricorso, il controricorrente contesta l’ammissibilità della censura del fisco sotto il profilo della antieconomicità delle operazioni poiché sarebbe stata formulata solo nel corso del processo, in sede di appello, senza che si fosse fatto cenno a tal profilo nella sede opportuna, quella relativa all’avviso di accertamento.
Ragioni della decisione
Va preliminarmente affrontata la questione posta in controricorso relativa al giudicato interno che si sarebbe formato con riferimento al recupero a fini IVA.
L’eccezione posta dal controricorrente è infondata.
Risulta invero dalla sentenza impugnata come l’Erario abbia proposto di fronte alla CTR la questione in parola, impugnando sul punto la pronuncia della CTP che ebbe ad annullare il rilievo; del che si dà atto in sentenza di secondo grado, indipendentemente dalla trascrizione dell’atto di appello operato dalla ricorrente Agenzia Entrate in ricorso per cassazione. Venendo all’esame dei motivi di ricorso, il primo e il secondo sono fondati e l’accoglimento degli stessi comporta l’assorbimento dei restanti motivi.
In effetti, questa Corte ha ritenuto che (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9105 del 07/04/2017; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento Nel caso di specie, il mero rimando al contenuto della sentenza di primo grado, come quello agli scritti difensivi di una delle parti, è talmente generico e privo di ogni segno di adesione a quanto ivi indicato, da renderlo privo di effetto (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 7402 del 23/03/2017) al fine di soddisfare quel contenuto minimo che la motivazione deve avere per risultare accettabile; intende qui la Corte invero confermare che è nulla per mancanza – sotto il profilo sia formale che sostanziale – del requisito di cui all’art. 132, comma 1, n. 4), c.p.c., la sentenza la cui motivazione consista nel dichiarare sufficienti tanto i motivi esposti nell’atto che ha veicolato la domanda accolta, quanto non meglio individuati documenti ed atti ad essa allegati, oltre ad una consulenza tecnica, senza riprodurne le parti idonee a giustificare la valutazione espressa, né indicare la ragione giuridica o fattuale che, come emergente dall’oggetto del rinvio, il giudice abbia ritenuto di condividere.
In particolare, con specifico riferimento alla fattispecie in parola, trova continuità quanto deciso dalla Corte (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15884 del 26/06/2017) in precedenza; in tema di processo tributario, è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame.
In altri termini, la mera adesione a quanto ritenuto in primo grado, di per sé, risulta del tutto insufficiente a far ritenere che si sia assolto l’onere di motivazione; è necessario che da tal adesione, sia pur sinteticamente, si ricavi (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28113 del 16/12/2013) l’indicazione dell’effettiva disamina dei mezzi di gravame; in tema di processo tributario, è quindi nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame.
Nel caso di specie, la CTR esordisce in motivazione dando atto della “abbondanza e ponderosità delle eccezioni addotte e delle deduzioni espresse” dall’appellante, da un lato; ma da tal premessa non trae in sostanza alcuna conclusione, limitandosi a ritenere che ciò non esprima elementi certi, chiari e provati che possano incidere negativamente sulla decisione di primo grado. Questa Corte, ancora (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/07/2012) ha – sotto il profilo sopra evidenziato – ritenuto con orientamento del tutto fermo che il vizio di motivazione sussiste quando il giudice non indichi affatto le ragioni del proprio convincimento rinviando, genericamente e “per relationem”, al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al riguardo, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito. (Nella specie, relativa ad un giudizio tributario, la Corte, in applicazione del riportato principio, ha cassato la sentenza impugnata che aveva riformato quella di primo grado richiamando il contenuto dell’avviso di accertamento e dell’atto di appello, ai quali prestava adesione, nonché il contenuto della sentenza di primo grado, della quali disconosceva la fondatezza in ordine agli argomenti svolti, senza riferire le parti essenziali di detti atti e di esplicitare il ragionamento critico volto a giustificare l’adesione ed il rifiuto alle opposte ragioni di diritto espresse).
L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, per le ragioni sopra indicate, e cassazione della sentenza impugnata con rinvio al secondo giudice, che dovrà riesaminare integralmente il merito della controversia nuovamente sottopostagli, comporta l’assorbimento degli altri motivi (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13259 del 06/06/2006) in quanto incondizionatamente irrilevanti in questa sede.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi di ricorso; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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