CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 marzo 2019, n. 6884
Contratti a tempo determinato in violazione delle norme italiane – Assenza di indicazione e della prova delle ragioni temporane – Nullità – Conversione in contratto a tempo indeterminato
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Roma , in riforma della sentenza del Tribunale, ritenuta la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, ha dichiarato la nullità dei termini apposti ai contratti intercorsi tra il B. C. e D. D. con conseguente conversione in contratto a tempo indeterminato e condanna dell’istituto a corrispondere le differenze retributive pari ad Euro 2.342,53 fino ad agosto 2006 ed Euro 173,35 mensili per il periodo successivo.
Con riferimento alla giurisdizione ha rilevato che le pretese azionate nel giudizio dal ricorrente avevano contenuto solo economico essendo stato il D. nel frattempo assunto a tempo indeterminato e, quindi, senza alcuna incidenza sui fini istituzionali dell’Istituto estero.
Nel merito ha rilevato che l’applicazione della legge italiana non poteva essere messa in discussione trattandosi di prestazione lavorativa svolta in Italia dove erano stati firmati i contratti e dove il lavoratore aveva il suo domicilio e che, pertanto, in applicazione della legge italiana, i contratti a termine, emessi in violazione delle norme italiane in materia per l’assenza di indicazione e della prova delle ragioni temporanee, dovevano essere dichiarati nulli con conseguente conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato e quantificazione delle differenze retributive maturate.
2. Avverso la sentenza ricorre il Cassazione il B. C. con cinque motivi. Resiste il D. con controricorso e poi memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
3.Con il primo motivo il ricorrente rinnova l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 57 L. n. 218/1995, degli artt. 3, 6 e 16 della Convenzione di Roma del 19/6/1980 in ambito CEE, nonché dell’art. 1 Dlgs n. 368/2001 lamentando l’applicazione al rapporto di lavoro della legge italiana.
Con il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 1321, 1322, 1230, 2113 cc con cui contesta la decorrenza del contratto a tempo indeterminato come riconosciuta dalla Corte d’appello.
Con il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 1230, 1424, 2077, 2099, 2103, nonché 132 c.p.c.e 111, 6 comma, Cost. lamentando l’affermata irriducibilità della retribuzione.
Con il quinto motivo denuncia violazione degli artt. 2094 e 2697 cc, nonché 132 c.p.c. e 111 Cost. Censura l’avvenuto riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato.
4. Il B. C. osserva, con il primo motivo, che esso è un ente di diritto pubblico attraverso il quale il governo britannico persegue lo scopo dello sviluppo e della diffusione della conoscenza della cultura britannica e della lingua inglese all’estero, nonché la promozione degli scambi e delle relazioni culturali nel mondo e che , pertanto debba essere allo stesso riconosciuta l’immunità giurisdizionale. Deduce, infatti, che l’esenzione dalla giurisdizione opera non solo quando in causa è uno stato estero , ma anche un ente pubblico attraverso il quale lo stesso stato opera per perseguire i propri fini collettivi. Secondo il ricorrente la validità di tale assunto risulta confermata dalla convenzione stipulata tra l’Italia e la Gran Bretagna e l’Irlanda del nord del 28/11/1951 resa esecutiva con la L. n. 124/1953.
5. Il motivo è infondato e va affermata la giurisdizione del giudice italiano.
6. Deve, infatti, richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte (cfr, tra le altre, Cass SU n. 19674/2014, n. 4882/2017, n. 13980/2017) secondo cui, ai sensi dell’art. 10 della Cost., “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute e tra queste rientra la regola, di carattere consuetudinario, sull’immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione italiana, in base ad una prassi e ad un’opinio iuris internazionali, volta al rispetto della sovranità degli Stati e degli altri soggetti di diritto internazionale….Questa regola consuetudinaria sull’immunità si applica anche ad altri soggetti che rivestono, in senso ampio, la qualità di organi dello Stato estero (enti pubblici, comunque denominati: SU n. 150/1999, n. 331/1999) compresi, in particolare, gli enti e istituti di carattere culturale (cfr. SU n 5126/1994, relativamente all’Academìe de France a Roma; SU n. 8768/1997 e, id., n. 120/1999, relativamente all’Ecole française de Rome; SU n. 12704/1998 relativamente a The B. institute of Florence)”.
7. La giurisprudenza di legittimità citata e la prassi internazionale hanno, tuttavia, tracciato alcuni confini all’area dell’immunità mediante il concetto d’immunità ristretta , in forza del quale l’immunità non opera allorché gli atti compiuti dai soggetti internazionali stranieri nell’ordinamento locale non siano riconducibili all’esercizio di poteri sovrani. Occorre ,infatti, un bilanciamento delle opposte esigenze di tutela della sovranità dello Stato e di tutela del diritto dell’individuo di accesso alla giustizia secondo quello che la giurisprudenza della Corte EDU (sent. 18 gennaio 2011, Guadagnino c. Italia) definisce come “rapporto di ragionevole di proporzionalità” (Sul carattere non assoluto dell’immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione italiana cfr. anche C.Cost. n. 329/1992 che parla appunto di “immunità ristretta” o funzionale).
8.Sempre tenendo conto di questa evoluzione e con specifico riferimento ai rapporti di lavoro, la giurisprudenza di questa Corte si è orientata nel senso che, nei confronti degli enti estranei all’ordinamento italiano, perché enti di diritto internazionale, e immuni dalla giurisdizione, il giudice italiano è titolare della potestà giurisdizionale per tutte le controversie inerenti a rapporti di lavoro che risultino del tutto esterni ed estranei alle funzioni istituzionali e all’organizzazione dell’ente, costituiti, cioè, nell’esercizio di capacità di diritto privato; per gli altri rapporti, il medesimo giudice è carente della potestà giurisdizionale nei limiti in cui la tutela invocata interferirebbe nell’assetto organizzativo e nelle funzioni proprie degli enti, mentre può emettere provvedimenti di contenuto esclusivamente patrimoniale….”.
9. Si è così affermato che “l’esenzione dello Stato straniero dalla giurisdizione nazionale viene meno non solo nel caso di controversie relative a rapporti lavorativi aventi per oggetto l’esecuzione di attività meramente ausiliarie delle funzioni istituzionali del datore di lavoro convenuto, ma anche nel caso in cui il dipendente richieda al giudice italiano una decisione che, attenendo ad aspetti soltanto patrimoniali, sia inidonea ad incidere o ad interferire sulle funzioni dello Stato sovrano” (v. SU n. 118/2007, n. 14703/2010, n.1774/2011, n. 7382/2013)”.
9.Va, infine, richiamata, ad ulteriore conferma di quanto sopra, la L. n. 5 del 2013 sull’autorizzazione all’adesione dell’Italia alla convenzione delle Nazioni Unite del 2/12/2004, relativa alle ” immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, nonché norme di adeguamento all’ordinamento interno”.
L’art. 11 della convenzione – pur essendo applicabile solo successivamente all’entrata in vigore della convenzione che in base al suo articolo 30 si realizza trenta giorni dopo la data del deposito del trentesimo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione presso il Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (art. 30 della Convenzione) – prevede una speciale disciplina quanto ai contratti di lavoro ed è attuativo del principio consuetudinario dell’immunità ristretta degli stati, già vigente e riconosciuto da tempo (cfr in tal senso SU n. 19674/2014).
10. Nella fattispecie in esame, in applicazione del principio dell’immunità ristretta , non è censurabile quanto affermato dalla Corte d’appello che, dato atto che le pretese oggetto della domanda del ricorrente avevano solo contenuto economico essendo stato l’appellante nel frattempo assunto a tempo indeterminato, ha ritenuto sussistere la giurisdizione italiana non ravvisandosi alcuna incidenza sui fini istituzionali dell’istituto estero.
11. Deve rilevarsi, infatti, che non ha costituito oggetto di censura l’affermazione della Corte territoriale secondo cui il ricorrente aveva ottenuto dall’ente inglese il riconoscimento del rapporto a tempo indeterminato. La questione che residua davanti al giudice è, dunque, limitata alla richiesta di ricostruzione del trattamento economico del lavoratore goduto nel corso del rapporto.
A tal fine il riconoscimento della nullità dei precedenti rapporti a termine ha mera finalità di presupposto per la ricostruzione del rapporto dal punto di vista economico e di individuazione della fondatezza delle pretese economiche formulate dal lavoratore. L’eventuale maggiore trattamento retributivo non comporta in alcun modo apprezzamenti, indagini o statuizioni che possano incidere o interferire sugli atti o comportamenti dell’ente pubblico estero che siano espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione, né sul punto la ricorrente ha dedotto alcunché.
8. Per le considerazioni che precedono il primo motivo del ricorso deve essere rigettato e la causa va rimessa alla sezione lavoro per la decisione sugli altri motivi.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo e dichiara la giurisdizione del giudice italiano; rimette la causa alla sezione lavoro per la decisione sugli altri motivi.