CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 marzo 2020, n. 7075
Tributi – Accise – Prelievo irregolare energia elettrica – Rilevazione effettuata da un dipendente Enel – Irrogazione sanzioni – Legittimità
Fatto
1. Con sentenza n. 790/18 del 6 novembre 2017, depositata il 29 gennaio 2018, la Commissione Tributaria Regionale della Campania (CTR) respingeva l’appello proposto da P., avverso la sentenza di primo grado della Commissione tributaria provinciale di Benevento che aveva a sua volta respinto il ricorso del medesimo contro l’atto di contestazione emesso dall’agenzia delle dogane, relativo alla sanzione amministrativa per prelievo irregolare di energia elettrica (ex art. 59, decreto legislativo n. 504/95).
2. Come si evince dalla sentenza della CTR la violazione era stata constatata da dipendenti E. che, in presenza dei carabinieri, avevano constatato e verbalizzato che il prelievo era stato effettuato tramite un cavo collegato ad un contatore distaccato, trasportato poi nell’abitazione di campagna, sita in C., del P.. Questi, alla presenza dei carabinieri, aveva dichiarato di aver realizzato personalmente l’allaccio diretto.
3. Ricorre per cassazione P. sulla base di due motivi, cui resiste l’agenzia delle dogane con controricorso.
Diritto
1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2699 e 2700 c.c., 100 c.p.c., 21-septies della L. 241/1990, in relazione all’art. 360, 10 comma, n. 3 c.p.c.. Si sostiene che l’art. 58 del decreto legislativo n. 504/95 attribuisce i poteri di verifica e di controllo in materia ai funzionari dell’amministrazione finanziaria ed agli appartenenti alla guardia di finanza, ma non ai dipendenti dell’E.. Pertanto, il verbale di verifica redatto dai dipendenti E. non è un atto pubblico e non fa prova delle dichiarazioni riportate e dei fatti che si dichiarano avvenuti in loro presenza o da loro compiuti.
Tanto, sia in relazione alla supposta dichiarazione rilasciata da P. di essere stato l’autore dell’allaccio, dal medesimo contestata, sia in relazione a quanto affermato circa la validità ed il funzionamento dell’impianto elettrico.
La censura è infondata. Gli accertamenti sull’allaccio abusivo sono stati posti in essere da dipendenti E. nell’esercizio delle loro funzioni e non ai sensi della L. n. 504/95 (Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative).
Va ricordato che ai fini della determinazione dei requisiti necessari per la assunzione della qualità di pubblico ufficiale o dì pubblico servizio, sin dalla entrata in vigore della L. 26 aprile 1990 n. 86, non ha rilievo la forma giuridica dell’ente e la sua costituzione secondo le norme del diritto pubblico o dei diritto privato, ma ha rilevo esclusivo la natura delle funzioni esercitate, che devono essere inquadrabili tra quelle della pubblica amministrazione. La funzione è pubblica quando è disciplinata da norme di diritto pubblico o da atti autoritativi (art. 357, secondo comma), è noto poi che, nell’ambito dei soggetti che svolgono funzioni pubbliche, la qualifica di pubblico ufficiale è riservata a coloro che formano (o concorrono a formare) la volontà della pubblica amministrazione o a coloro che svolgono tale attività per mezzo di poteri autoritativi o certificativi, mentre quella di incaricato di pubblico servizio è assegnata dalia legge, in via residuale (art. 358 c.p.), a coloro che non svolgano pubbliche funzioni nei sensi ora precisati, ma che non curino neppure mansioni di ordine e non prestino opera semplicemente materiale. Fatte tali premesse, non v’è dubbio che l’attività del dipendente dell’E. – rientrante tra gli organismi erogatori di un pubblico servizio disciplinato da norme di natura pubblica -, incaricati della esazione dei pagamenti dei compensi dovuti all’ente rientrano tra quelle del pubblico ufficiale o dell’incaricato del pubblico servizio, e attribuiscono pubblica fede a quanto da essi accertato. Gli esiti di questo accertamento sono stati fatti propri dall’agenzia delle dogane e trasfusi nell’atto di contestazione. Il motivo, inoltre, nella parte in cui contesta il rilascio della dichiarazione, è inammissibile, in quanto implica una rivalutazione dei fatti di causa che non è consentita in sede di legittimità e si pone in contrasto con il principio per cui il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbero ad esercitare poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass., ord., 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);
2. Con il secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della L. n. 212/2000 e 3 della L. n. 241/1990, 24 Cost., 2727 c.c. e segg., 17, comma 1 del decreto legislativo n. 472/1997, 21-septies della L. 241/1990, in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3 c.p.c. Si sostiene che sarebbe erronea l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’atto di contestazione delle sanzioni conterrebbe i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che avevano determinato la decisione dell’amministrazione e tutti gli elementi essenziali per la determinazione dell’imponibile e delle imposte liquidate. In contrario, si ritiene che il mero richiamo alla fattura E. depositata, contenente “una mera indicazione di dati e numeri, senza alcuna spiegazione sul metodo adottato”, non conosciuta dal P. nè allegata all’atto di contestazione delle sanzioni, pregiudicava il diritto di difesa. In mancanza dell’atto presupposto, la contestazione delle sanzioni era frutto di mere presunzioni di presunzioni.
Anche questo motivo è infondato. Il verbale dell’agenzia ha richiamato i dati dell’accisa e dell’addizionale dovuta, risultanti dalla fattura inviata in relazione al periodo in cui si erano verificati i prelievi irregolari, calcolati secondo i parametri di legge: il P. quindi è stato messo in grado di comprendere il metodo di determinazione della sanzione. Si ribadisce quanto in precedenza esposto in merito ai limiti che incontra il vizio di violazione di legge relativamente ai fatti accertati.
3. Pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto; le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo; sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’articolo 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1 quater all’articolo 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, dell’obbligo di versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
Respinge il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di legittimità, liquidate in euro 1.800,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 marzo 2021, n. 8000 - Il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l'accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 20540 depositata il 17 luglio 2023 - La deduzione del vizio di falsa applicazione dell'art. 2729, primo comma, c.c., suppone allora un'attività argomentativa che si deve estrinsecare nella puntuale indicazione,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 dicembre 2019, n. 32261 - In tema di ricorso per cassazione, la deduzione del vizio di violazione di legge consistente nella erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la…
- Corte di Cassazione sentenza n. 17491 depositata il 31 maggio 2022 - Il vizio di violazione di legge, che consiste nella erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina (c.d. vizio di sussunzione) e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 02 novembre 2020, n. 24208 - In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere dalla…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 6827 depositata il 14 marzo 2024 - In tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la valutazione della gravità e proporzionalità della condotta rientra nell'attività…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Nel rito c.d. Fornero non costituisce domanda nuov
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10263 depositat…
- La conciliazione è nulla se firmata in azienda e n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10065 depositat…
- Processo Tributario: la prova del perfezionamento
Nei casi in cui la notifica di un atto impositivo o processuale avvenga a mezzo…
- LIPE 2024: scadenze e novità per adempiere corrett
Per l’anno 2024 le LIPE (Liquidazioni Periodiche IVA) e rimasto invariata…
- Decadenza dalla NASPI: nel caso in cui il lavorato
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 11523 depositat…