CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 agosto 2021, n. 22868
Pensione di inabilità – Domanda amministrativa di invalidità – Mancata proposizione – Accertamento tecnico preventivo
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 1522 del 2018, ha dichiarato improponibile la domanda, proposta da B.S.M., per mancata proposizione della domanda amministrativa di invalidità volta ad ottenere la pensione di inabilità.
2. Avverso tale sentenza B.S.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui ha resistito l’INPS, con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria.
3. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto.
Ragioni della decisione
4. Il ricorso per cassazione, avverso sentenza di primo grado, è inammissibile.
5. La parte ricorrente ha invocato l’art. 27 della legge n.183 del 2011 che ha introdotto «modifiche al codice di procedura civile per l’accelerazione del contenzioso civile pendente in grado di appello» con introduzione, al comma 1 del citato art. 27, lett.f), della novella all’art. 445-bis con l’aggiunta, in fine, del seguente comma: «La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile».
6. Invero, l’espressa previsione dell’inappellabilità concerne le sentenze che concludono il procedimento per accertamento tecnico preventivo previsto, nelle sue fasi, dall’art. 445-bis, novellato, in tali termini, dalla citata legge di stabilità per l’anno 2012.
7. Sulla novella è intervenuta la Corte costituzionale confermando che la garanzia del doppio grado di giurisdizione non gode, di per sé, di copertura costituzionale e definendone il perimetro, nel senso che per le controversie in materia di invalidità, cecità, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, è stabilita l’inappellabilità della sentenza che definisce il giudizio in cui sia in contestazione il solo requisito sanitario oggetto di accertamento tecnico preventivo obbligatorio (v., Corte cost.n. 243 del 2014 e ivi richiami alle sentenze nn. 216 del 2013, 65 del 2014; ordinanze nn. 84 del 2003, 410 del 2007, 190 del 2013, 42, 48, 65 del 2014).
8. Ha soggiunto il Giudice delle leggi che si verte in tema di conformazione degli istituti processuali, non sindacabile dalla Corte costituzionale per l’ampia discrezionalità spettante al legislatore (nel senso che la garanzia del doppio grado di giurisdizione non gode, di per sé, di copertura costituzionale, v., ex multis, Corte cost. nn. 42 del 2014, 190 del 2013, 410 del 2007 e 84 del 2003).
9. Sebbene non costituzionalmente doverosa, tuttavia nel vigente ordinamento processuale la regola generale resta quella dell’appellabilità delle sentenze di primo grado, regola che può soffrire solo deroghe espresse che, proprio per la loro eccezionalità, non sono suscettibili di applicazioni analogiche e, pertanto, l’art. 445-bis ultimo comma, cod.proc.civ. – che, riferendosi al comma precedente, esclude l’appellabilità delle sole sentenze emesse a seguito della dichiarazione di dissenso rispetto alle conclusioni cui sia pervenuto il c.t.u. all’esito dell’accertamento tecnico preventivo – non può applicarsi alla vicenda processuale in esame, in cui non si è svolto alcun accertamento tecnico preventivo.
10. In definitiva, la sentenza ora impugnata, all’esito del primo grado del giudizio non svoltosi nelle forme dell’accertamento tecnico preventivo, non era ricorribile per cassazione ma suscettibile di gravame innanzi alla Corte d’appello, con la conseguenza che il ricorso va dichiarato inammissibile.
11. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.
12. Ai sensi dell’art. 13,co. 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13,co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali perii versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13,co. 1, se dovuto.
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