CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 marzo 2018, n. 6269
Tributi – Accertamento – Redditi d’impresa – Riscossione – Notifica
Fatti di causa
1. A seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Direzione Regionale della Toscana, l’Ufficio di Firenze dell’Agenzia delle entrate notificava, il 7 dicembre 2006, a PUBLIACQUA S.p.A. avviso di accertamento con il quale, in relazione all’anno d’imposta 2003, venivano determinate maggiori imposte IRPEG, IRAP ed IVA, irrogando le relative sanzioni. La pretesa tributaria investiva molteplici profili inerenti costi e ricavi relativi ad opere di allacciamento della rete idrica realizzate dalla società contribuente ed il criterio temporale di imputazione delle componenti del reddito d’impresa.
2. Il ricorso proposto dalla società contribuente avverso l’atto impositivo veniva parzialmente accolto dalla C.T.P. di Firenze. Proposto appello in via principale dall’Ufficio e in via incidentale dalla società contribuente, la C.T.R. della Toscana, con sentenza del 18 novembre 2009, confermava la decisione di primo grado.
3. Avverso detta pronuncia, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di otto motivi.
4. Resiste con controricorso la società contribuente, che ha depositato successiva memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia «violazione o falsa applicazione degli artt. 67 e 75 del d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c.».
Deduce la ricorrente che con la ripresa a tassazione n. 1B l’Ufficio aveva rilevato che illegittimamente la società aveva considerato i costi delle condutture per nuovi allacciamenti, realizzate da PUBLIACQUA S.p.A., quali oneri integralmente deducibili nell’esercizio 2003, mentre tali condutture costituivano beni strumentali ad utilità pluriennale facenti parte del patrimonio della società contribuente, i cui costi erano deducibili dal reddito d’impresa soltanto attraverso lo stanziamento di quote di ammortamento nei limiti stabiliti dall’art. 67 t.u.i.r. Tale ripresa a tassazione era stata annullata dalla C.T.P. di Firenze, con sentenza confermata dalla C.T.R. della Toscana, che aveva ribadito che i costi per le opere di allacciamento realizzate dalla società contribuente non avevano natura pluriennale, rappresentando spese accessorie e funzionali all’erogazione del servizio.
Censura la decisione impugnata per non avere la C.T.R. considerato che il «Regolamento del servizio idrico integrato», redatto dalla stessa PUBLIACQUA S.p.A., prevedeva che la realizzazione della conduttura idrica, che rimaneva in proprietà demaniale, presupponeva la domanda dell’utente ed il pagamento delle somme dovute al momento della richiesta, sulla base di specifica previsione contrattuale, senza quindi alcuna diretta correlazione con i costi sostenuti dall’impresa per la realizzazione delle opere.
Il motivo è fondato.
La C.T.R. ha ritenuto che la società contribuente avesse «correttamente applicato il principio di correlazione costi/ricavi», posto che «i contributi riscontati […] sono relativi ad allacciamenti non ancora effettuati al 31.12.2003 e pertanto di competenza dell’esercizio in cui l’allacciamento verrà effettuato; i costi di esercizio che si sosterranno per l’allacciamento, correlati a quei contributi riscontati, saranno deducibili nel medesimo esercizio di maturazione dei ricavi e cioè integralmente nell’esercizio in cui l’allacciamento verrà eseguito […]. Detti costi non hanno natura pluriennale come adombrato dall’Ufficio; rappresentano spese accessorie e funzionali all’erogazione del servizio […]».
L’art. 25 del «Regolamento del servizio idrico integrato» prevede che «le tubazioni idriche stradali, anche se costruite a spese e con il contributo degli utenti, rimangono di proprietà demaniale». L’allegato «C» al regolamento stabilisce la misura delle «tariffe di allacciamento alla rete idrica» sulla base di determinate caratteristiche tecniche. Da tutto ciò si desume che il contributo richiesto all’utente risulta determinato priori risolvendosi in un concorso del privato alle spese che la società incontra nella realizzazione delle opere.
Si palesa, pertanto, errata la valutazione espressa nella sentenza impugnata circa la diretta correlazione tra costi per la realizzazione delle opere di allacciamento e ricavi derivanti dal pagamento del contributo, sulla base della quale la C.T.R. ha ritenuto la integrale deducibilità dei costi nell’anno di realizzazione delle condutture, negando così la natura pluriennale di tali costi e la loro deducibilità per quote di ammortamento ai sensi dell’art. 67 t.u.i.r.
2. Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale, in riferimento alla medesima ripresa a tassazione, si deduce il vizio di insufficiente motivazione della sentenza impugnata.
3. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia «violazione degli artt. 64 e 75 del d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c.».
Deduce la ricorrente che con la ripresa a tassazione n. 2 l’Ufficio aveva ritenuto che i contributi versati dalla società contribuente al consorzio di bonifica rientrassero nella categoria dei tributi e, pertanto, dovessero essere imputati sulla base del principio di cassa ai sensi dell’art. 64 t.u.i.r. Tale ripresa a tassazione era stata annullata dalla C.T.P. di Firenze, con sentenza confermata dalla C.T.R. della Toscana, che aveva ribadito che detti contributi costituivano veri e propri costi per servizi, aventi natura sostanzialmente convenzionale, come previsto dalla legge regionale della Toscana n. 34 del 1994.
Sostiene l’Agenzia delle entrate che la C.T.R. aveva erroneamente individuato la fonte dei contributi in questione in un atto bilaterale e non, invece, nella legge n. 34 del 1994 che espressamente prevedeva (art. 27, comma 3) l’obbligo di contribuire alle spese dei consorzi di bonifica.
Il motivo è infondato.
Questa Corte, con riferimento alla disciplina dettata in materia da altre regioni, ma sostanzialmente assimilabile a quella prevista dalla legge regionale n. 34/1994 della Toscana, ha affermato che la controversia relativa alle somme dovute ad un consorzio di bonifica dal gestore del servizio idrico integrato – nella specie, la società contribuente PUBLIACQUA S.p.A. – che, pur non potendo qualificarsi appartenente necessario al consorzio stesso, non essendo proprietario di terreni compresi nell’ambito territoriale di quest’ultimo, ne utilizzi canali e strutture come recapito di scarichi provenienti da insediamenti abitativi od industriali esterni, è devoluta alla giurisdizione ordinaria quando la normativa regionale di dettaglio preveda che la contribuzione venga assolta mediante il versamento di canoni determinati all’esito di una procedura negoziale, atteso che tale ipotesi è estranea a quella prevista dall’art. 21 r.d. n. 215 del 1933, costituente, invece, un’obbligazione tributaria imposta ai proprietari dei fondi compresi nel perimetro consortile quale contributo, determinato direttamente dal consorzio percettore, per le opere di bonifica e miglioramento fondiario (Cass., Sez. Un., n. 4309 del 2017 e n. 7101 del 2011).
Correttamente, pertanto, la C.T.R. ha escluso che ai contributi in questione potesse riconoscersi natura tributaria.
4. Resta assorbito il quarto motivo di ricorso, con il quale, in riferimento alla medesima ripresa a tassazione, si deduce il vizio di insufficiente motivazione della sentenza impugnata.
5. Con il quinto motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce «omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c.», con riferimento alla ripresa a tassazione IRPEG – IRAP n. 3 (Ricavi per lavori conto terzi).
6. Con il sesto motivo si deduce «insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c.», con riferimento alla ripresa a tassazione IRPEG – IRAP n. 6 (Beni strumentali integralmente dedotti).
7. Con il settimo motivo si denuncia «violazione degli artt. 6, 21 e 23 del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 673 e dell’art. 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 471; falsa applicazione dell’art. 6, u.c., del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 e dell’art. 10 I. 27 luglio 2000 n. 212, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c.», con riferimento al rilievo n. 1 IVA (Violazione di obblighi di fatturazione).
8. Con l’ottavo motivo si deduce «omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c.», con riferimento al rilievo n. 3 IVA (Omessa regolarizzazione di una fattura irregolare per un’imposta di € 258.031,92).
9. I quattro motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati.
La ricorrente, con tutti i suddetti mezzi, censura la sentenza impugnata nella parte in cui testualmente afferma: «Per quanto riguarda gli altri rilievi minori ci si riporta a quanto dedotto dai primi giudici nel ricorso introduttivo, non essendo emerse in questo grado motivazioni degne di riesamina».
Un simile motivazione per relationem non è ammissibile, non avendo il giudice d’appello, nel far proprie le argomentazioni del primo giudice, espresso, neppure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto; per contro, la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consente in alcun modo di ritenere che all’affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. nn. 688 e 16602 del 2015).
10. In conclusione, devono essere accolti il primo, quinto, sesto, settimo e ottavo motivo di ricorso, rigettato il terzo e assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla C.T.R. della Toscana in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo, quinto, sesto, settimo e ottavo motivo di ricorso, rigetta il terzo e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.T.R. della Toscana in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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