CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 marzo 2018, n. 6311
Agevolazioni tributarie – Credito a medio e lungo termine – Imposta sostitutiva sui finanziamenti – Condizione – Contratto superiore ai 18 mesi – Clausola di recesso
Esposizione dei fatti di causa
1. La società Centromarca Banca – Credito Cooperativo Società Cooperativa stipulava un contratto di apertura di credito in conto corrente fondiario con la società T. s.r.l. beneficiando delle agevolazioni di cui all’articolo 15 del d.p.r. 601/73. L’agenzia del territorio notificava avviso di liquidazione con cui revocava le agevolazioni in quanto nel contratto non era stato previsto il limite temporale di 18 mesi per la facoltà di recesso. La banca e la società proponevano ricorso e la commissione tributaria di Treviso lo accoglieva con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale del Veneto sul rilievo che il contratto stipulato dalle parti prevedeva, all’articolo 6, la facoltà di recesso della banca ai sensi dell’articolo 1456 cod. civ. in presenza di determinati fatti oggettivi predeterminati; l’articolo 2 del contratto prevedeva, poi, che, per quanto non espressamente disciplinato dal contratto e dalle condizioni generali che regolavano il rapporto banca cliente, si applicavano le norme generali che regolavano i conti correnti di corrispondenza ed i servizi connessi. Nel documento di sintesi allegato al contratto, che riportava le norme generali che regolavano i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi era prevista la facoltà per la banca di porre fine in qualsiasi momento all’apertura di credito previo avviso di due giorni, peraltro non necessaria in presenza di giusta causa o giustificato motivo. Osservava la CTR che, dovendosi interpretare le clausole del contratto le une per mezzo delle altre, si doveva ritenere che la previsione del recesso contenuta nell’articolo 6 del contratto, che condizionava il recesso della banca al verificarsi di fatti oggettivi predeterminati, era norma speciale rispetto a quella contenuta nell’allegato costituente documento di sintesi delle norme generali che disciplinano i conti correnti di corrispondenza e che prevedeva il recesso ad nutum. Ciò in quanto, se le parti avessero inteso prevedere l’applicabilità della clausola che autorizzava il recesso ad nutum, secondo la previsione del documento di sintesi, non avrebbero avuto bisogno di inserire l’articolo 6 nel contratto che prevedeva un’ipotesi di recesso particolare per ragioni oggettive.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia del territorio affidato a due motivi illustrati con memoria. Resistono con distinti controricorsi Centromarca Banca – Credito Cooperativo Società Cooperativa e la società Studio Ing. M. s.r.l., incorporante della società T. s.r.l., le quali hanno svolto entrambe ricorso incidentale condizionato affidato due motivi. Centromarca Banca – Credito Cooperativo Società Cooperativa ha, altresì, depositato memoria.
3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli articoli 1362 e 1363 cod. civ. e 15, comma 3, del d.p.r. 601/73. Sostiene che la CTR non ha fatto corretta applicazione dell’art. 1363 cod. civ. poiché risultava evidente il carattere cogente del documento di sintesi che era stato allegato al contratto sotto la lettera A per formarne parte integrante e sostanziale. E non ha considerato la CTR che il documento di sintesi allegato al contratto non era assimilabile alle norme generali che regolano i conti correnti di corrispondenza ed i servizi connessi poiché non conteneva norme generali e astratte riferibili ad una pluralità di rapporti contrattuali simili. Invero il documento di sintesi recava il nome delle parti interessate ed una puntuale sintesi di tutte le condizioni economiche più significative sicché tale documento doveva ritenersi assimilabile alle condizioni generali che regolano il rapporto banca cliente ed era, perciò, parte sostanziale del contratto stesso. Ne derivava che erano stati ampliati i casi di recesso previsti nella disciplina contrattuale ed era venuto meno il termine minimo di 18 mesi che consentiva di beneficiare del trattamento fiscale di cui all’articolo 15 del d.p.r. 601/73. Risulta altresì violato l’articolo 1362 cod. civ. poiché la CTR non ha analizzato il contegno delle parti che palesava un evidente intento elusivo della fattispecie tributaria.
3. Con il secondo motivo deduce insufficienza della motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., poiché la CTR non ha dato conto delle ragioni per le quali si dovevano ritenere irrilevanti le clausole di recesso ad nutum.
4. Con il primo motivo di ricorso incidentale condizionato entrambe le controricorrenti deducono nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per l’omessa pronuncia in ordine all’eccepita violazione dell’articolo 57 del decreto legislativo 546/92 in quanto solo nel giudizio d’appello l’Ufficio aveva evidenziato la violazione dell’articolo 15 del d.p.r. 601/73 in relazione all’asserita presenza, nel contratto di apertura di conto corrente, di una clausola che attribuiva alla banca la facoltà di recesso ad nutum, laddove con l’atto impositivo e nel giudizio di primo grado l’Ufficio si era limitato ad affermare genericamente il disconoscimento delle agevolazioni perché il contratto di finanziamento aveva una durata inferiore ai 18 mesi.
5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato deducono violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 57 del decreto legislativo 546/1992 in quanto la CTR ha omesso di dichiarare l’illegittimità della domanda nuova proposta nel giudizio d’appello dall’ufficio che riguardava la presenza della clausola contrattuale prevedente il recesso ad nutum.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile. La ricorrente hanno censurato sotto il profilo della violazione di legge l’interpretazione del contratto compiuta dalla CTR, la quale ha ritenuto che, dovendosi interpretare le clausole le une per mezzo delle altre, la clausola contenuta documento di sintesi delle norme generali che disciplinano i conti correnti di corrispondenza, allegato al contratto, che prevedeva il recesso ad nutum, non poteva applicarsi per effetto della norma speciale prevista dall’art. 6 del contratto, che prevedeva un’ipotesi di recesso particolare per ragioni oggettive, posto che l’articolo 2 del contratto prevedeva, poi, che, solo per quanto non espressamente disciplinato dal contratto e dalle condizioni generali che regolavano il rapporto banca cliente, si applicassero le norme generali che regolavano i conti correnti di corrispondenza ed i servizi connessi. Sennonché mette conto considerare che la Corte di legittimità ha più volte affermato il principio secondo cui l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici non è, peraltro, sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. n. 31122 del 29/12/2017; Cass. 03/09/2010, n. 19044; Cass. 12/07/2007, n. 15604; Cass. 07/03/2007, n. 5273; Cass. 22/02/2007, n. 4178). La CTR ha fatto applicazione di uno dei criteri di ermeneutica contrattuale e non è, dunque ammissibile la censura proposta dall’Ufficio poiché essa sottende una diversa e pur plausibile interpretazione che, tuttavia, non appare essere l’unica praticabile.
Va dato conto, peraltro, del fatto che il contratto di finanziamento può essere inscindibilmente connesso con quello conto corrente di corrispondenza e la Corte di legittimità ha avuto modo di affermare il principio secondo cui la clausola di recesso ad nutum inserita nel contratto di conto corrente può, di fatto, estendere i suoi effetti al contratto di finanziamento poiché, nel momento in cui non fosse più possibile per il contribuente effettuare le rimesse sul conto corrente, si addiverrebbe alla risoluzione per inadempimento del contratto di finanziamento (Cass. n. 7254 del 2016).
E va considerato che l’indagine sul collegamento negoziale va effettuata in applicazione dell’art. 20 d.p.r. 131/86, nel testo anteriore alla modifica operata dall’art. 1, comma 87, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, secondo cui “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”. La Corte di legittimità, invero, con numerose pronunce anche recenti (Cass. n. 21676 del 2017; n. 6758 del 2017; n. 1955 del 2015; n. 24594 del 2015; n. 3481 del 2014) considera preminente, nell’imposizione, la causa reale dell’operazione e l’effettiva regolamentazione degli interessi realmente perseguita dai contraenti, e ciò anche se rinveniente in pattuizioni collegate.
Nel caso che occupa la mancata applicazione del criterio interpretativo basato sull’art. 20 d.p.r. 131/86 avrebbe potuto costituire oggetto di censura sotto il profilo della violazione dei canoni ermeneutici applicati dal giudice di merito ma tale censura non è stata proposta.
2. Il secondo motivo è parimenti inammissibile poiché la motivazione della sentenza impugnata appare conforme a logica e congrua, posto che consente il controllo del procedimento logico seguito dalla CTR per giungere ad affermare la prevalenza della clausola di cui all’art. 6 del contratto rispetto a quella che prevedeva il recesso ad nutum contenuta nell’allegato A il considerazione della prevalenza delle norme del contratto rispetto a quelle contenute nell’allegato prevista dall’art. 2 del contratto stesso.
3. I motivi di ricorso incidentale condizionato rimangono assorbiti.
4. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’agenzia del territorio a rifondere alle contribuenti le spese processuali che liquida in euro 7.000,00 ciascuna, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.
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